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Trump: sui mercati solo una tempesta in un bicchiere d'acqua

L'elezione di Donald Trump era il male assoluto, ciò che non avrebbe mai dovuto essere, ciò che avrebbe potuto decretare la fine della ripresa americana (fragile ma comunque positiva) e invece, alla fine, il Diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge.

Tanto rumore per nulla

Almeno nell'immediato e, almeno, sulle Piazze Europee nella prima seduta immediatamente successiva alla sua vittoria. Una seduta che, forse più temuta delle altre, ha registrato per Piazza affari un passivo non superiore allo 0,10% e che, tra l'altro, è l'unica eccezione negativa in u panorama europeo particolarmente effervescente. Londra, infatti, ha chiuso a +1%, il Dax a +1,6% e il Cac40 a +1,5%. A fare eco a questo repentino cambio di rotta anche Wall Street che ha visto tutti e tre i principali indici in positivo con un saldo finale pari all'1,40% per il Dow Jones fermo a 18.589,69 punti, 1,11% per l'S&P 500 con 2.163,26 punti e persino il Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) , l'indice che, annoverando la maggior parte dei titoli tecnologici che fatturano al di fuori degli Usa e che per questo motivo avrebbero potuto ricevere l'onda d'urto delle proposte protezionistiche di Trump, arriva a 5.251,07 punti con un rialzo dell'1,11%.

La campagna elettorale di Trump

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Il motivo può essere ricercato nel fatto che, come sottolineano da Franklin Templeton Fixed Income Group, le prossime mosse dei tycoon saranno ben diverse e sicuramente meno aggressive di quanto espresso in campagna elettorale dove i proclami e i toni accesi sono spesso usati per attirare i voti senza che poi, complice il Congresso, si possa arrivare alla realizzazione dell'intero programma. Ma, continuano gli esperti, resta la consapevolezza di un percorso ancora in salita se non altro nel suo delinearsi da un punto di vista pratico: la squadra che assisterà Trump nella scelta delle nuove direttive, in particolare quelle riguardanti i grandi punti fermi del suo programma e cioè la politica fiscale e quella degli investimenti. Ciò che ha portato Trump alla Casa Bianca è stato il voto di protesta ed esasperazione e questo non ha bisogno di particolari tecnici per essere soddisfatto. Il taglio delle tasse alle aziende che tornavano in patria va a braccetto con il protezionismo che si potrebbe realizzare con dazi dal 30 al 45% per le merci importate da Messico e Cina. Ma questo andrebbe a scontrarsi con le esigenze delle grandi multinazionali che vedono un punto fermo nel bassissimo costo del lavoro e anche con le esigenze del consumatore solitamente orientato verso il prezzo più che verso la qualità.

Banche ed economia reale

Più nebuloso, invece, il sentiero per riuscire a colmare il gap dell'economia reale: investimenti che saranno finanziari aumentando il deficit e il debito pubblico e sperando in un aumento del Pil per riuscire a mantenere un rapporto sostenibile.

Più complessa la volontà di dar vita alla famosa deregulation in alcuni settori tra cui quello bancario con la possibile abolizione della Dodd-Frank 2010, teoricamente ben accetta alle banche le quali, però, da tempo, hanno dato vita a un lungo e costoso percorso di adeguamento normativo. Non solo, ma anche una possibile reintroduzione del Glass Steagall Act, abolito, ironia della sorte, da Bill Clinton e che riporterebbe banche d'affari e banche commerciali sullo stesso piano.

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