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Banche salvate: rendere noti i nomi degli insolventi

Senza dubbio la proposta di Antonio Patuelli, presidente dell'Abi, è una di quelle che farà discutere. Anche se ha una sua logicità. Ma soprattutto è condivisibile.

Io chiedo a titolo personale che vengano resi noti i primi 100 debitori insolventi delle banche che sono state salvate -, afferma Patuelli in un’intervista al Mattino -. Per farlo, penso al varo di una norma di legge sia per le banche risolute sia per quelle preventivamente salvate dallo Stato. Bisognerebbe cioè — spiega Patuelli — fare un’eccezione alle attuali regole della privacy proprio alla luce del fatto che si tratta di banche nelle quali sul piano della risoluzione o del salvataggio preventivo è intervenuto lo Stato o le altre banche e i risparmiatori». «Una norma come quella proposta farebbe più chiarezza e contribuirebbe anche a evidenziare più facilmente i casi di violazione di un’altra norma che si chiama mendacio bancario, attualmente vigente e che si verifica quando qualcuno prende in prestito dei quattrini raccontando cose false alla banca a cui li chiede in prestito.

A questo punto, senza dubbio, sorge un problema di privacy. Ma anche su questo Patuelli ha la sua opinione.

Per me — ha evidenziato Patuelli — è eticamente giusto che si vedano quali sono stati almeno i principali debitori insolventi». Alla domanda sulla probabilità che la proposta venga accolta, Patuelli risponde: «Non faccio il bookmaker, sono solamente un ragionatore. Io credo, però, che a livello etico le ragioni della normativa sulla privacy non sussistono se c’è un intervento preventivo dello Stato o un intervento dello Stato per salvare una banca a carico delle altre banche concorrenti e dei risparmiatori. Se si chiede la solidarietà pubblica non ci può essere la solidarietà degli altri e il vecchio segreto bancario.

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Cresce la capacità di sostegno alla domanda di credito delle Pmi influenzata ancora dall’andamento del ciclo economico: tra ottobre 2013 e ottobre 2016 sono state accolte 21.498 domande di finanziamento per un controvalore erogato di 6,3 miliardi di euro su un plafond complessivo di 10 miliardi, destinato alle Pmi in bonis che intendano effettuare investimenti in beni materiali e immateriali strumentali all’attività di impresa. Lo rende noto l’ABI nell’ambito dell’iniziativa 'Imprese in sviluppo' finalizzata a favorire la crescita degli investimenti delle Pmi e rinnovata con l’Accordo per il credito 2015 tra l’ABI e tutte le altre associazioni d’impresa.

​L'Associazione bancaria italiana, a seguito della rilevazione aggiornata delle operazioni effettuate, sottolinea che “l’utilizzo delle risorse messe a disposizione è un segnale importante a supporto della ripresa della domanda di credito per investimenti e rilancio economico dell’Italia”.

Analizzando nel dettaglio le richieste di finanziamento accolte, si rileva che quelle ‘coperte’ dal Fondo di garanzia per le Pmi, dall’Ismea o dalla Sace, nonché dai Confidi, rappresentano il 21,2%.

Disaggregando inoltre i dati per tipologia d’impresa emerge che:

  • il 42% dei finanziamenti è riferito a imprese del settore ‘industria’;

  • il 28,6% dei finanziamenti è riferito a imprese del settore ‘commercio e alberghiero’;

  • il 7,9% dei finanziamenti è riferito a imprese del settore ‘artigianato’;

il 4,6% dei finanziamenti è riferito a imprese del settore ‘edilizia e opere pubbliche’; il 3,6% dei finanziamenti è riferito a imprese del settore ‘agricoltura’; il restante 13,3% ad aziende del comparto ‘altri servizi’.

Autore: Pierpaolo Molinengo Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online