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L'ultimo guaio di Trump

Altri guai per Trump. Questa volta più che clamorose gaffe potrebbero rivelarsi intoppi veri e propri con la giustizia fiscale.

Tasse: evase legalmente per 15 anni. O più

Da tempo, infatti, uno dei punti deboli della campagna del magnate statunitense per arrivare alla Presidenza, è stato il suo rapporto con le tasse. Nello specifico a condannarlo è stata la sua riluttanza a rendere pubbliche le sue dichiarazioni dei redditi. Ma non solo quello a quanto pare. Voci di stampa pubblicate dal Nyt “vantano” la sua abilità nell'evitare il Fisco federale per 18 anni riuscendo a sfruttare un escamotage: gonfiare il proprio patrimonio tagliando al massimo il reddito approfittando del fatto che le leggi Usa tassano il secondo e non il primo. Scendendo nei particolari tecnici, Trump ha denunciato perdite per oltre 900 milioni di dollari sui suoi casinò e su alcuni hotel ed altri investimenti in modo da potersi avvantaggiare di una detrazione fiscale concessa in caso di passivi. Un particolare non indifferente è anche questo: i documenti in mano alla testata statunitense sono stati riconosciuti come copie potenzialmente autentiche da Jack Mitnick, avvocato e gestore fiscale del tycoon durante l'arco di tempo che va dalla metà degli anni 60 alla metà degli anni 90.

Non solo tasse...

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Il plico arrivato alla redazione del Nyt attraverso la posta, è stato spedito, a quanto pare, da uno o più componenti dell'entourage di Trump visto che l'indirizzo del mittente sulla busta è proprio quello della Trump Tower. Come se ciò non bastasse adesso arrivano anche le prove di alcuni suoi rapporti tra il 1998 e il 2003 con una banca iraniana, la Bank Melli, presente nella lista nera internazionale perché legata al terrorismo e soprattutto all'attività portata avanti da Tehera per procurarsi materiale nucleare sensibile., Successivamente, tra il 2002 e il 2006 la stessa banca finanziò, secondole autorità Usa, alcuni attacchi terroristici. A svelarlo, questa volta è Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, la stessa che si occupò di svelare i retroscena dei Panama Papers. Questa accusa arriva all'indomani della precedente riguardante i suoi rapporti commerciali con Cuba durante l'embargo: il 29 settembre, infatti, il candidato repubblicano fu accusato di aver investito a L'Avana nonostante il divieto. Erano gli anni '90, periodo in cui l'embargo storico contro l'isola di Castro era ancora in vigore.

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