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Nex Cassel: vi spiego come si fa il vero rap

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Nex Cassel parla con voce tranquilla, pesa le parole e sceglie quelle giuste. Lo fa per un'intervista e lo fa quando scrive i testi delle sue canzoni. In “Rapper Bianco”, il suo nuovo album, il rapper veneto ha lavorato spalla a spalla con St. Luca Spenish, aggiustando le parole mentre l'altro suonava. Ha all’attivo collaborazioni importanti (Club Dogo, Fedez, Ensi, Baby K tra gli altri) e qualche guaio con la giustizia (“lo stato si è accanito con me e mi ha fatto pagare caro il fatto di aver difeso la mia famiglia, quando le forze dell'ordine non l'hanno fatto”, ha dichiarato in un'altra intervista). Ma quando si parla con lui, non si percepisce odio. Mai. E lo spazio per la durezza, per l’hardcore a cui tanto tiene, lo tiene da parte per scrivere le sue canzoni.

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Perché hai scelto come titolo per il tuo secondo album “Rapper bianco”?
Si tratta di un album molto rap e quindi ci tenevo ad usare questa parola: oggi molti dischi rap sono in realtà album pop. La parola “bianco” invece l'ho scelta perché in Italia i rapper sono per lo più bianchi.

Come scegli le sonorità per i tuoi pezzi?
La parte strumentale di questo disco l'ha fatta St. Luca Spenish. Abbiamo lavorato assieme alla totalità del disco, che non è una compilation di pezzi, ma è un viaggio unico all'interno del rap. Mentre lui suonava, io scrivevo e facevamo aggiustamenti in progress, un vero lavoro di team. Abbiamo fatto una lunga ricerca per arrivare a questo album, recuperando frammenti sonori, che vanno ad evocare ricordi e sensazioni passate (come nell'attacco del pezzo “Rapper Bianco”, in cui vi sembrerà di ascoltare una melodia tratta da “Il Padrino”, ndr.) cambionando e usando gli strumenti classici del rap come lo scratch o il break di batteria.

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Uno dei pezzi di “Rapper bianco” si chiama “Patrimonio nazionale”. Qual è il tuo esempio di patrimonio nazionale italiano.
È quello che può offrire una visione, come il Colosseo.

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Quali sono gli artisti che ti ispirano di più?
Ascolto moltissima musica, nella stragrande maggioranza musica rap, che è un mondo molto ampio con molti stili diversi. Oggi non ci sono più quei personaggi con uno stile definito, si fa un po’ di tutto e per questo, scelgo solo alcune cose di un singolo rapper. Mi piacciono molto i Mobb Depp, Wu-Tang Clan, i Soul Assassins…

Quali sono invece quelli che non ti piacciono?
In generale non mi piacciono le cose pop: i cantanti melodici, radiofonici. Sanremo non lo guardo, non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello, ad esempio.

Eppure nell'edizione di quest'anno, oltre al pezzo di Rocco Hunt e di Clementino - che a tutti gli effetti sono dei rapper - molti degli ospiti dell'edizione 2016 erano dei rapper, come Maitre Gims.
Succede proprio perché il rap sta diventando un po’ pop ed è per questo che noi in “Rapper Bianco” abbiamo voluto essere un po’ più cattivi, un po’ più hardcore.

Hai collaborato con artisit come Club Dogo e Noyz Narcos, ma anche con Fedez e Baby K: qual è il ricordo più bello o particolare che conservi di queste esperienze?
Ricordi più belli li ho vissuti in studio, che per un periodo era a casa mia. Come quella volta con Don Joe dei Club Dogo: passava da quelle parti, gli ho chiesto di salire a casa mia e abbiamo registrato. Mi piacciono le cose che si fanno assieme in studio.

Cos'è per te il rispetto e come lo si guadagna?
Il rispetto non va molto di moda ultimamente e non so se è mai andato di moda. Credo che ce ne siano di tre tipi. Quello dato dalla paura o dalla convenienza, quello che si porta al più forte. E poi c'è il rispetto vero, l'unica vera forma secondo me, che si dà a una persona perché se l'è meritato, eticamente, perché si tratta di una persona è giusta, o molto brava nel fare qualcosa. E poi c'è il rispetto, quello di base, che bisognerebbe dare a tutte le persone, in partenza. Se in un club urto qualcuno, io chiedo sempre scusa.

Se ti dico “rap”, qual è la prima parola che ti viene in mente?
“Hip hop”, perché è da lì che viene il rap.

Perché hai scelto di esprimerti con questo genere musicale?
Nell'adolescenza ero attratto da questo tipo di musica, all'epoca molto ripetitiva, ipnotica.

Nel tuo pezzo “Rapper bianco” dici: “Sono il migliore rapper bianco”. È un messaggio per i tuoi concorrenti?
No, è solo l'atteggiamento giusto. Ogni buon rapper dovrebbe pensare o cercare di essere il migliore: questo ci spinge ad alzare il livello tecnico del rap e a puntare all'innovazione. Solo così si può migliorare.