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Il petrolio tocca i 50 dollari, l’Iran arriva a 4 mln di barili

Opec e Iran, queste le due direttrici principali dell’asse petrolifero. Da una parte il recente accordo, o per meglio dire l’annuncio dell’accordo da ratificare a novembre, dall’altro la corsa dell’Iran per ritrovare i livelli di produzione pre-sanzioni che è riuscita a toccare il target dei 4 milioni di barili al giorno come comunicato dal Managing Director della National Iranian Oil Company (Nioc) Ali Kardor sottolineando allo stesso tempo la volontà di andare oltre e di puntare direttamente ai 5,2 o addirittura ai 5,7 milioni di barili al giorno, in spregio ai principi all’intesa delineatasi ad Algeri non più tardi di una settimana fa.

Un rialzo sfuggente

Intanto i prezzi del petrolio sono riusciti a toccare nuovamente quota 50 dollari al barile, una spinta che sembra trovare radici in onde speculative a loro volta nate dai ribassi creatisi immediatamente dopo l’annuncio di un accordo ancora da perfezionare e dai dettagli tecnici ancora nebulosi. A confermare l’effetto momentaneo del trend rialzista anche altri movimenti che si stanno verificando lontano dai mercati e più precisamente nel Parlamento Saudita dove alcune riforme caratterizzate da tagli agli stipendi di ministri e consiglieri (tagli tra il 20 e il 15%) sono arrivate a cambiare addirittura il calendario per i dipendenti pubblici, la stragrande maggioranza della forza lavoro saudita; calendario lunare da sempre utilizzato nella cultura islamica che è stato sostituito con quello gregoriano. Il motivo? Semplicemente perchè quest’ultimo ha una settimana in più di giorni lavorativi.

Surplus dell'offerta

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Un altro fattore ben più preponderante per capire che il rally del greggio non è certo una sicurezza sul lungo periodo, è rappresentato dai numeri della produzione OPEC che dovrebbe chiudere settembre con 33,60 milioni di barili al giorno in rialzo dai 33,53 milioni di barili di agosto a loro volta un traguardo storico, ne consegue che i tagli annunciati (si badi bene, ancora da ratificare per di più tra oltre due mesi ovvero quando la situazione generale potrebbe essere cambiata e quindi potrebbero essersi verificati altri ripensamenti) sarebbe comunque inutile o troppo lieve per scalfire in maniera incisiva il surplus dell’offerta a livello mondiale la quale può contare sull’apporto, anch’esso a livelli record, di tutti quelli che, come Russia, Usa, Canada, Messico, sono produttori che non devono sottostare a tetti massimi di output.

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