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Ubi, chiusa inchiesta governance, verso richiesta giudizio per banca, Massiah e altri 38

Ubi, chiusa inchiesta governance, verso richiesta giudizio per banca, Massiah e altri 38 REUTERS/Alessandro Bianchi/Illustration/File Photo (Reuters)

di Emilio Parodi MILANO (Reuters) - La procura di Bergamo ha depositato l'avviso di chiusura inchiesta nei confronti di Ubi, dell'AD Victor Massiah, del presidente e del vicepresidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio e Mario Cera, dell'ex presidente del consiglio di gestione Franco Polotti, dell'ex presidente del Cdg di Banca Lombarda e Piemontese Giovanni Bazoli, e di altre 34 persone nell'ambito dell'indagine sulla governance di Ubi che ipotizza a vario titolo i reati di ostacolo all'autorità di vigilanza e illecita influenza sull'assemblea. Lo si evince da un comunicato della procura, dopo che il Nucleo speciale valutario della Gdf di Milano, che ha condotto le indagini, ha notificato oggi gli avvisi, e dall'atto che Reuters ha potuto leggere. Ubi è indagata in base alla legge 231 sulla responsabilità delle persone giuridiche per reati presupposti ascritti a loro dirigenti. La banca afferma "la correttezza del proprio operato e confida che in tutte le sedi giudiziarie potrà essere confermato l'avvenuto rispetto delle norme di legge e delle regole organizzative". In una separata nota Massiah esprime la "piena convinzione di aver sempre agito in modo tale da non ostacolare le autorità di vigilanza e da non influenzare in maniera illecita l'esito di un'assemblea". La chiusura inchiesta è l'atto prodromico alla presentazione da parte della procura delle richiesta di rinvio a giudizio nei confronti degli indagati, che hanno ora 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o presentare memorie o atti di indagini difensive a loro discarico. Le ipotesi d'accusa dell'inchiesta coordinata dal pm Fabio Pelosi sono quella di ostacolo alle funzioni di vigilanza per presunti patti parasociali nell'iter che diede vita a Ubi, e quella di influenza indebita sull'assemblea per l'ipotesi che in occasione dell'assemblea del 20 aprile 2013 che rinnovò le cariche del consiglio di sorveglianza vennero raccolte deleghe in bianco, sia attraverso la struttura e le filiali della banca sia attraverso strutture esterne per garantirsi il voto desiderato. In merito al presunto ostacolo alla vigilanza, il presidente del Cds Moltrasio sottolinea in una nota che si tratta di una contestazione "che confonde atti fondativi di Ubi banca da sempre pubblici e pienamente conosciuti, anche nella loro evoluzione, dai mercati e dall’Autorità di vigilanza bancaria, con presunti patti parasociali". Quanto all'accusa di illecita interferenza sull'assemblea ricorda la sentenza del Tribunale civile di Brescia che ha riconosciuto "la piena legittimità" dell'assemblea del 2013 e i numeri di quella assise "assolutamente incontestabili quanto all'esito chiarissimo del voto liberamente espresso dai soci" Un filone "minore" dell'inchiesta, con l'ipotesi di reato di truffa, riguarda l'acquisto e poi la vendita di una imbarcazione da parte di Ubi Leasing a Giampiero Pesenti, il cui legale, l'avvocato Giuseppe Bana, in una dichiarazione scritta precisa che si trattò di una operazione personale che non coinvolse le società da lui presiedute, che il prezzo pagato "è da riteneresi più che congruo" e che la barca è stata immatricolata in Italia, "segno di totale trasparenza". Tutti gli indagati hanno sempre sostenuto la legittimità del loro operato, assicurando la massima collaborazione alle autorità. "CABINA DI REGIA BAZOLI-ZANETTI" Nelle 16 pagine dell'atto di chiusura indagini firmato anche dal procuratore capo di Bergamo Walter Mapelli, la procura ipotizza reati, a vario titolo, commessi dal 2009 al 2016. Per quel che riguarda l'ipotesi di ostacolo all'autorità di vigilanza, Massiah, Polotti, Moltrasio, Cera, Bazoli, con Emilio Zanetti e altri 10, vengono indicati dall'accusa come membri "della 'cabina di regia', che sul lato bresciano decideva le nomine degli organi della banca e delle sue partecipate in condivisione con quelle decise dalla 'commissione Zanetti'", guidata da "Emilio Zanetti quale presidente del consiglio di gestione pro-tempore e quale presidente dell'associazione Amici di Ubi Banca...". "Tutti questi soggetti - scrivono i magistrati - consapevoli di un patto parasociale tra le associazioni di Banca Lombarda e Piemontese e Amici di Ubi Banca, vincolante e fondato sui principi di pariteticità, alternatività e tendenziale alternanza tra derivazione Bpu e derivazione Banca Lombarda..." inducevano le "Autorità di Vigilanza (e quindi il mercato) a ritenere che i principi di pariteticità, alternatività e tendenziale alternanza" fra i due gruppi "fossero stati superati, laddove invece essi... continuavano a trovare applicazione, così vincolando le scelte degli organi di governo della banca ad accordi, strutture o soggetti esterni alla società (ovvero le due associazioni), senza che le Autorità di Vigilanza ne potessero essere a conoscenza". "Hanno omesso di comunicare alla Autorità di Vigilanza che tale patto parasociale... non era destinato a disciplinare la sola fase originaria del gruppo bancario, ma costituiva un patto parasociale a tempo indeterminato, dandogli attuazione senza che né lo statuto né gli altri documenti societari consentissero... di capire il reale processo di individuazione dei componenti degli organi societari...". "Hanno influenzato e preso decisioni sulle maggiori questioni aziendali anche al di fuori degli organi di governo societario e dei relativi comitati". Al solo Giovanni Bazoli poi viene contestato di aver, dal 29 marzo 2012, continuato "a mantenere sia la presidenza di Banca Intesa Sanpaolo oltre che l'amministrazione e gestione di fatto all'interno del Gruppo Ubi Banca, imprese bancarie fra loro in concorrenza, così ostacolando le funzioni di vigilanza...". "DELEGHE IN BIANCO" Per quel che riguarda l'ipotesi di illecita influenza sull'assemblea, i magistrati bergamaschi nel loro avviso attribuiscono a Zanetti, Bazoli, Massiah, Moltrasio e ad altri 14 fra dirigenti ed "esterni", di aver detrminato "la maggioranza all'assemblea tenutasi in Bergamo il 20 aprile 2013 a favore della lista istituzionale 'Lista 1', che poi risultava vincitrice... con atti simulati o fraudolenti, ovvero mediante la predisposizione di deleghe in bianco o di deleghe (mai rilasciate) falsamente o artatamente predisposte a vantaggio della cosiddetta Lista 1, incaricando una società esterna come la Sodali per il controllo del voto e avvalendosi anche di strutture esterne alla Ubi, quali il Consorzio Fidi Imprese Artigiane di Bergamo (Confiab) e Compagnia delle Opere di Bergamo, allo scopo di procurare l'accesso nelle cariche societarie". "BEATA DI SOUTHAMPTON" Le ultime pagine dell'avviso sono dedicate al capitolo in cui Giampiero Pesenti, Italo e Silvia Lucchini, insieme ad altri sette, sono indagati per la vicenda della "nave da diporto a motore denominata 'Beata di Southampton' (modello Akhir 108) che, attraverso un giro di diverse società, nel 2011 venne resa disponibile a Pesenti da Ubi Leasing spa per un valore che la procura ritiene molto sottostimanto con "un danno di circa due milioni di euro" per Ubi Leasing. Qui le ipotesi di reato, per i diversi indagati e a vario titolo, vanno dal divieto per gli amministratori bancari a compravendite con la propria banca, alla truffa, dalla violazione degli obblighi di identificazione alla omissione di versamento di imposte, all'evasione fiscale, alle fatture per operazioni inesistenti. Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia