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Il FMI ammette: per salvare l'euro si è sacrificata la Grecia

Per alcuni è la spina nel fianco dell'Euro, per altri un caso ancora lontano dall'essere risolto: stiamo parlando della Grecia e del suo calvario fatto passare come strategia di salvataggio.

La crisi della Grecia

Molto si è scritto su quanto accaduto con la Grecia sia in passato, ovvero quando si accettò Atene all'interno dell'Eurozona, sia quando iniziarono a circolare i sempre più numerosi allarmi, inascoltati, circa la sua solvibilità. Ed altrettanti fiumi di inchiostro sono stati versati da quando, in piena crisi del debito, la nazione ellenica ha rischiato di distruggere il sistema della moneta unica. Un pericolo che non è stato definitivamente scansato. Oggi la notizia secondo cui un'indagine interna al Fmi avrebbe accertato una gestione per lo meno azzardata della crisi dell'euro e di Atene in seno al Fondo Monetario stesso. Il giudizio è quello dell'Independent Evaluation Office (IEO) che accusa le varie commissioni di controllo e verifica di aver compiuto un lavoro superficiale e, nella peggiore delle ipotesi, aver mostrato ai vertici, dei report che non rispecchiavano realmente i rischi presenti nell'entrata del Fmi all'interno non solo della partita greca, ma anche nella gestione delle emergenze di Portogallo e Irlanda, facendo passare sotto silenzio, o minimizzando al massimo, eventuali problemi e impatti economici a carico delle altre nazioni coinvolte. A chiedere una verifica è stato il Consiglio dei direttori esecutivi i quali hanno voluto fare chiarezza sull'impiego dei fondi stanziati e sulle motivazioni che hanno portato alle decisioni in essere.

La colpevolezza del FMI

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Il FMI infatti, si è notevolmente esposto (troppo secondo alcuni rappresentanti a Washington) sul fronte dei salvataggi europei il cui unico scopo era quello di tenere insieme la credibilità della moneta unica e del sistema Ue, anche a discapito della credibilità del Fondo Monetario Internazionale. Infatti si rileva come tra il 2011 e il 2014 oltre l'80% dei prestiti del Fmi fosse destinato ai tre paesi in questione (Irlanda, Portogallo e Grecia)

Non solo, ma come scritto nel rapporto, la documentazione relativa alle questioni più delicate è irreperibile, così come anche non si è in grado di risalire al nominativo (o ai nominativi) che abbia autorizzato specifiche decisioni.

E ancora: la creazione dell'euro, quando questa avvenne, non solo non sarebbe stata esaminata bene in tutte le sue potenziali conseguenze, in particolare quelle negative, ma quando queste furono poi state evidenziate da alcuni membri dello staff, questi vennero volontariamente ignorati. Un atteggiamento estremamente ottimista, se non superficiale, che riguardava oltre al progetto euro in sé anche l'intero sistema bancario europeo.

Il sacrificio per salvare l'euro

La possibilità di una crisi del debito, della moneta unica, della bilancia dei pagamenti fu giudicata impossibile e, di conseguenza, non venenro mai elaborati piani alternativi che contemplassero l'uscita di una nazione dal sistema della moneta unica. Quando questa eventualità, poi, si è presentata con la crisi greca, il Fondo monetario internazionale ha sottoscritto il primo bailout del paese, senza avere alcuna garanzia di riuscita del piano di aiuti e tantomeno considerare le strategie che sarebbero state imposte alla nazione greca. Un modus operandi completamente anomalo e che andava molto oltre quanto le regole interne del fondo stesso permettevano.

Per questo, al momento della crisi di Atene, poco dopo l'esplosione di quella dei mutui subprime e di fronte a un'organizzazione dell'euro priva di ogni muro anticontagio e quindi con un sistema bancario potenzialmente vacillante, la ristrutturazione del debito greco per quanto rischiosa e senza sbocco per nessuno, fu accettata. La Grecia ormai divenuta cavia, fu sottoposta a una terapia di austerity tout court senza che le venisse accordato nessun ammortizzatore, rappresentato da un taglio del debito. Unic speranza erano le utopistiche proiezioni che parlavano di 50 miliardi di euro derivanti dalle privatizzazioni. Questa e altre visioni estremamente ottimiste quanto colpevolmente autolesioniste, come la deflazione salariale e la conseguente riduzione della base produttiva, sono state la zavorra finale.

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