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Come i negozi si evolvono in base alle esigenze dei clienti

Le tendenze e i cambiamenti nel mondo del retail

Come i negozi si evolvono in base alle esigenze dei clienti

Quando il retail ti accarezza, vuole la tua anima da compratore. Il business della vendita al dettaglio è molto più che un luogo dove si incontrano le domande delle aziende e le richieste della clientela.  La progressiva sofisticazione delle tendenze messe in atto dalle grandi catene, dai brand ma anche dai negozi di nicchia  è un indicatore fortissimo delle evoluzioni che nel tempo hanno subito tutti gli attori del sistema. I negozi, che non devono solo vendere prodotti, ma storie ed emozioni, e i consumatori, che ormai vogliono compartecipare il “gioco”, e non sentirsi solo gli utenti finali. E, come dimostra il successo senza crisi di molti marchi, anche una congiuntura economica drammatica è più un’opportunità per ripensare il sistema e le proposte di vendita che un semplice invito a ritirarsi sotto la bandiera di una filosofia esistenziale con meno acquisti e più valori astratti.

Per capire come evolve il retail su scala mondiale, Yahoo! Finanza ha intervistato Fabrizio Valente, sociologo specializzatosi a livello internazionale e partner fondatore di Kiki Lab, che dal 2001 offre consulenza, ricerca, formazione a grandi marchi del retail ma anche ad associazioni meno legate a dinamiche aziendali pure. Valente fa anche parte del comitato direttivo del network Ebeltoft Group, che raggruppa 20 società di ricerca e consulenza specializzate nel retail ed è presente nei principali Paesi del mondo. Tra i prossimi eventi che vedono protagonista Kiki Lab, il Ki Best 2012, un viaggio virtuale nei negozi più innovativi di Londra, Lisbona, Shangai, Bucharest, a Brescia il 7 e a Milano il 21 marzo 2012.

Valente sfata l’idea che la crisi sia in sé il vero motore di un cambiamento che col tempo, in questo business, ha enfatizzato uno scollamento sempre più profondo tra domanda e offerta, perché “le aspettative dei clienti sono in forte evoluzione e lo sono state a causa di numerosi fattori, non solamente e non in primis perché il portafoglio è più povero”. A cambiare è certo il potere d’acquisto ma anche la nascita di bisogni trasversali e ampi: “C’è un maggiore spazio per la comunicazione, per i servizi, sono aumentate voci di spesa come gli hobby, i corsi per la persona, i viaggi. Ci sono cambiamenti legati alla tipologia del vissuto del tempo libero, al valore del tempo stesso che quindi non può essere sprecato. Non è facile innovare nel commercio, nel retail, ma chi lo fa riesce ad avere dei successi interessanti».

Le formule per innovare l’offerta sono molteplici e hanno nomi che a loro volta rasentano il brand. Retail liquido, marketing sensoriale, greentailing, socialtailing: sono alcune delle strategie che i grandi marchi usano per convincere e catturare il pubblico, dando una svolta netta che coinvolge a 360 gradi tutta la concezione della vendita, anche negli aspetti logistici e pratici. Eppure, afferma l’esperto, restano delle costanti forti, tra cui la fiducia:"Abbiamo l’overload delle informazioni ma di fatto abbiamo meno tempo per controllare. I clienti cercano quei negozi di cui si possono fidare, dove non devono fare verifiche, controlli. Il tema della fiducia che noi affrontiamo da anni è un tema che sta diventando sempre più importante e ripropone un problema storico specialmente in Italia, dove ha sempre trionfato la diffidenza. Tanto più quando si torna dal commerciante per rendere la merce, l’atteggiamento del negozio è una cartina tornasole fondamentale. Ikea è un ottimo esempio della capacità di dare fiducia ai clienti senza fargli interrogatori alcuni".

Sullo storytelling, la strategia che per anni ha pervaso il mood dei grandi brand, Valente fa un distinguo: "Ci sono prodotti che inventano la storia del brand ma con poche attinenze alle caratteristiche intrinseche. Oggi funziona e funziona molto bene questa strategia se racconta storie vere, dell’azienda, dei fondatori, della realizzazione dei prodotti, altrimenti no". Con ragionamenti cosi strutturati, è lecito chiedersi dove finisca l’approccio spontaneo del pubblico che spesso si sente al centro del sistema, e che non amerebbe sentirsi solo un pupo nelle mani del puparo.

Ma, ci spiega, "tutto dipende da come vengono realizzate le strategie, quelle più avanzate prevedono l’interazione con i clienti. E' il caso di Eataly, simbolo della gastronomia italiana anche all’estero che tra i tantissimi elementi di innovazione ha anche, come nello scaffale delle birre, i prodotti “scelti da voi”, come a dire: ce lo avete segnalato, ci ha convinto, lo abbiamo messo nell’assortimento”.

Decisivo, nel retail contemporaneo, sarà anche l’approccio digitale, ovvero la capacità di creare delle community che possano orientare azioni del commerciante con suggerimenti e proposte. Un segmento di innovazione che in Italia è debole ma deve crescere. I clienti sarebbero pronti, ma sono gli operatori a dover creare piattaforme digitali consone a uno scambio col cliente. Se la rete è l’emblema di un mondo senza barriere, è logico chiedersi se ha senso parlare di una via italiana al retail e se il discorso glocal è ancora normale in un business come questo.

Valente, pur riconoscendo che il glocalismo ha un suo peso anche in questo ambito, rifiuta l’idea che sia possibile ragionare comunque in termini nazionali, essendo la stessa Italia un microcosmo estremamente composito. L’esigenza forte è quella di sintonizzarsi con la cultura del cliente di riferimento che varia tra Italia ed estero ma anche a livello regionale sia a livello di tipologie socioculturali che demografiche.Come dimostra ancora Ikea, spesso di base c’è un format, i prodotti sono quelli, però tutto il marketing è lasciato a un livello nazionale. La glocalizzazione insomma, va giocata sui temi soft ma la sfida essenziale, nel panorama italiano, è  capire "se vogliamo stare sui mercati globali ma con delle nicchie o lavorare su economie di scala standardizzando i processi commerciali".

Offrire esperienze, trovare risposte personalizzate nel contesto di mass market, regalare al cliente un sogno: in questo tutto il mondo del retail è paese. Tra i modelli innovativi radicali, il guru di Kiki Lab pone La Postiche, catena di negozi che vende pelletteria e borse in Brasile, e che "ha innovato in maniera radicale la categorizzazione dei prodotti avendo un’aria che varia per la regalistica, una per il viaggio, una per i bimbi, una per i mariti perché spesso sono le mogli a comprare questi prodotti per i compagni". E ha forgiato anche il personale con un approccio diverso, non più “che prodotto vuole, ma che desiderio, che necessità ha”, incentivando anche la formazione del personale sul tema della geografia mondiale per capire meglio i desideri della cliente brasiliana cosmopolita che viaggia.

Tra le nuove sfide, la capacità di superare l’offerta semplice delle competenze, come nel caso di Canali, il grande marchio della moda maschile italiana, che sta lavorando con Kikilab, per un approccio totalmente innovativo. Non più l’addetto vendite, ma un Canali advisor a cui il cliente si può rivolgere perché si trova a Londra, fa un acquisto e chiede di poter avere informazioni, idee per un soggiorno. Per alcuni clienti, il direttore del negozio è autorizzato a offrire un Canali advisor per fare un giro in città, come nel caso di un businessman internazionale.

Andare al di là di una competenza tecnica sul prodotto e spostare il focus è la vera frontiera, come lo è anche quella di concepire diversamente gli spazi, soprattutto per creare entertainment. Su questo lavora Ikea, per intrattenere i mariti non solo col prodotto ma creando anche angoli e corner con riviste e target più maschili. Superando la semplice logica della resa al metro quadro ma facendo prevalere la resa per soggetto. Meno prodotto e più cliente, in un’equazione volta comunque all’aumento del consumo.