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Donald Trump: luci e ombre

L'America avrà bisogno del favore incondizionato dell'Onnipotente se Donald Trump diventerà il nostro 45° presidente. Ciononostante benedetto sia Donald per aver sbaragliato la concorrenza alle primarie repubblicane.

A meno che non venga distrutto il partito repubblicano, non c'è speranza per un futuro di prosperità capitalistica, una società libera in patria e la pace nel mondo. E, perbacco, Trump potrebbe riuscirci.

Dobbiamo essere chiari. Non c'è più un partito repubblicano preoccupato per la gente comune e per il sentiero verso cui s'è incamminata l'America. Ciò che ne rimane non è nemmeno la velata xenofobia, il cripto-razzismo e le credenze della destra populista che Trump sta chiamando con successo alle armi politiche.

Il fatto è che il GOP è diventato un Partito della Guerra. Situato comodamente nella Città Imperiale, opera con una pletora di gruppi di pressione che sottoscrivono le campagne elettorali bi-annuali dei suoi operatori.

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Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) frattempo i politici del GOP spendono il loro tempo nella capitale e nelle visite ufficiali a raccontare storie spaventose su minacce terroristiche e regimi ostili. Così facendo, essi vedono nemici dell'Impero Americano ovunque e addirittura anche su queste sponde.

In una parola, come Partito della Guerra, l'attività principale del GOP è diventata quella di promuovere il programma, le campagne, le macchinazioni e la gloria della Città Imperiale. Ogni volta che la sua retorica su uno stato minimo e sulla prudenza fiscale diventa scomoda per le esigenze del complesso militare/industriale, o per i fondi dei suoi gruppi di pressione, la piattaforma economica presumibilmente conservatrice del GOP diventa rapidamente "non operativa" (parafrasando Nixon).

Non c'è miglior esempio dei senatori Lindsay Graham e John McCain per descrivere tutto ciò. La loro agenda promuove esclusivamente progetti all'estero, occupazioni, alleanze e manovre di Washington. Viaggiando a Tel Aviv su base regolare, mostrandosi a Kiev e dando lezioni ai cinesi sul diritto marittimo nelle acque internazionali, per esempio, non hanno fatto altro che imitare in modo comico i senatori romani del primo secolo avanti Cristo. Probabilmente si credono addirittura tali.

Eppure dopo decenni a Washington loro e la maggior parte dei loro colleghi al senato, non hanno realizzato nulla che ricordi le vecchie tradizioni repubblicane. Infatti, nel periodo 2000-2006, quando i repubblicani controllavano il Congresso e la Casa Bianca, non un singolo programma dello stato sociale o delle agenzie governative è stato eliminato o addirittura riformato, mentre sono state approvate nuove espansioni nel settore scolastico, nel Medicare, nell'agricoltura, nei sussidi all'energia alternativa e molto altro ancora.

Di (KSE: 003160.KS - notizie) conseguenza la quota della spesa federale in rapporto al PIL è cresciuta più velocemente rispetto a qualsiasi altro periodo storico; e i $4,000 miliardi di nuovo debito pubblico aggiunti durante gli otto anni di Bush, hanno distrutto tutti i record precedenti in tempo di pace.

Anche quando artisti del calibro di Graham e McCain hanno occasionalmente messo in pausa le loro avventure all'estero, l'idea di ridurre lo stato sociale o di pareggiare il bilancio non li ha sfiorati minimamente. McCain ha abbracciato i salvataggi di Wall Street nell'autunno del 2008, ponendo così fine una volta per tutte alla credibilità del GOP in materia di santità del libero mercato e opposizione al capitalismo clientelare.

Graham ha fatto di peggio. Ha abbracciato la presunta scienza del riscaldamento globale, la carbon tax e la vasta espansione dello stato burocratico.

Il GOP è diventato parte integrante della classe dirigente di Washington. Non ha passione — solo a parole — per la teoria anti-Washington su cui è stato fondato il partito repubblicano.

Una volta il GOP era a favore del libero mercato, della rettitudine fiscale, della moneta sonante e di un governo minimalista. Calvin Coolidge fece un buon lavoro. E anche Warren G. Harding ci ha portato fuori dal business dell'intervento estero — un percorso che il grande Dwight D. Eisenhower riuscì a seguire abbastanza costantemente nelle condizioni di gran lunga più difficili durante la guerra fredda.

Ma questi erano i figli della vecchia scuola americana — Massachusetts, Ohio e Kansas. In quanto uomini di passaggio a Washington, sono sempre stati scettici e cauti riguardo le missioni statali in patria o all'estero.

Harding la definiva ritorno alla "normalità". Coolidge diceva che Washington dovesse badare ai suoi affari. E Ike ridusse di un terzo la componente militare dello stato, concludendo le guerre di Truman senza iniziarne di nuove, resistendo al programma interventista dei fratelli Dulles, pareggiando il bilancio e congelando il New Deal.

La folla repubblicana di oggi non è affatto paragonabile. Vive nella capitale, abbracciandone pienamente progetti e pretese, e visitando le province il meno possibile. Ed è per questo che Trump li fa tremare, addirittura li ha pietrificati.

A dire il vero, ci sono molte cose brutte, superficiali e stupide nella piattaforma elettorale di Donald Trump, se la si può chiamare così. Al cuore del suo messaggio ci sono due proposizioni che instillano il terrore nei cuori del GOP e della Città Imperiale.

Vale a dire, la sua campagna è auto-finanziata e insiste pomposamente sul fatto che l'America sia messa male a livello mondiale.

La prima di queste proposizioni dice esplicitamente alle legioni di lobby d' andarsi a fare una passeggiata, e ciò comporta una minaccia mortale per la raccolta fondi del GOP. E mentre il "cattivo affare" all'estero riguarda il NAFTA e il nostro deficit commerciale con la Cina da $500 miliardi, si tratta in realtà di un attacco contro l'Impero americano.

Il popolo americano è stanco delle guerre di neocon come Lindsay Graham/John McCain/George Bush; ed è infastidito dai massicci oneri fiscali delle nostre alleanze, delle basi militari estere e degli aiuti economici. Soprattutto non sopporta l'enorme costo dei nostri impegni con reliquie del passato come la NATO, lo stazionamento di truppe in Corea del Sud e il trattato di difesa con l'incorreggibile Giappone, il quale ancora manipola palesemente le regole del commercio contro le esportazioni americane.

In breve, Trump sta stimolando un impulso nazionalista/isolazionista che scorre tra la gente comune, la quale è stanca ed economicamente precaria. Egli è abbastanza intelligente da auspicare nei suoi discorsi una sorta di protezionismo commerciale. Ma se fosse Pat Buchanan a scrivere i suoi discorsi, sarebbe più erudito ed esplicito circa la follia dell'Impero americano, ma il messaggio sarebbe lo stesso.

Ecco perché il Partito della Guerra è così disperato e perché la sua ultima grande speranza è il senatore dalla Florida. In realtà Marco Rubio è un tipo antipatico che vuole essere presidente, così da poter giocare con armi, aerei, navi e bombe. Egli è una creatura della Città Imperiale.

Fino all'ultima sfumatura della sua insipida visione del mondo neocon, per non parlare della recitazione monotona dell'eccezionalismo americano, sembra essere nato all'interno del Congresso, cresciuto da politici e formato dai portavoce della Camera.

Marco Rubio non è altro che un repubblicano amante dello stato militare. Quando parla di ripristinare la grandezza americana, intende attraverso l'agenzia imperiale di Washington. Non ha alcuna affinità con Harding, Coolidge o Eisenhower. Nessuno di loro era intento a setacciare la Terra per dare la caccia ai mostri, come propone Rubio in ogni discorso.

Ogni volta che questo sapientone ingenuo castiga Obama per una leadership debole e un presunto fallimento in Siria, Libia, Iraq, Yemen e innumerevoli altri posti, il fantasma di John Quincy Adams dovrebbe rivoltarsi nella tomba. Rivoltare il globo come un calzino alla ricerca di mostri da distruggere, è esattamente ciò che vuole questo piccolo Napoleone.

Allo stesso modo, nessuno dei grandi repubblicani del passato avrebbe strappato un accordo commerciale come quello conquistato a fatica con l'Iran, come invece Rubio non smette mai di dire. La sua opposizione alla pace e alla sanità mentale, infatti, è una prova schiacciante.

Il Partito della Guerra a Washington e Tel Aviv ha trascorso gli ultimi 30 anni a tessere un tessuto di menzogne ??sul regime iraniano, perché entrambi hanno bisogno di un nemico al fine di mobilitare i loro collegi elettorali nazionali. La verità è che nonostante i loro ammonimenti teocratici all'Impero americano dopo che venne terminato in modo pacifico il regno cruento della Shah, gli iraniani non hanno mai aspirato a costruire armi nucleari, non hanno condotto neanche una frazione del terrorismo punito da Washington con droni, bombe e missili, e non hanno mai minacciato la sicurezza del popolo americano.

Nel denunciare l'accordo iraniano, Rubio sta abbracciando il trentennale tessuto di bugie di Washington ??sull'Iran e la politica estera distruttiva neocon di cui non è che un'estensione funesta.

Di buono in Trump c'è che in questo frangente è il solo che può fermare il senatore Marco Rubio. Solo l'enfasi sfacciata di Trump può spodestare l'ideologia neocon tossica che ha mutato il GOP nell'ancella del complesso militare/industriale.

Infatti Rubio è il peggio che abbiano partorito i neocon di Washington. Anche George Bush non è stato convinto a bombardare Teheran, a causa della magrezza delle prove e delle terribili implicazioni scaturenti un genocidio contro una nazione innocente composta da 80 milioni di vite.

Eppure l' Autore: Francesco Simoncelli Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online