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Risparmio italiani: collasso obbligazioni bancarie high yeld

La concentrazione di obbligazioni bancarie nei portafogli delle famiglie italiane è ben nota ma non è chiara l’evoluzione storica dei numeri. Uno studio della Banca D’Italia dal titolo “Le obbligazioni bancarie nel portafoglio delle famiglie italiane” porta i seguenti risultati:

  1. Le obbligazioni emesse dalle banche italiane, sul totale delle passività bancarie, sono aumentate dal 10% del 1995 al massimo del 25% del 2013

  2. Dal 1985 al 1998 le emissione bancarie in mano alle famiglie italiane, sul totale delle passività bancarie, passò dal 12% circa al 70% per poi scendere gradualmente al 30% nel 2015. Gli scandali degli anni 2.000 (Banca del Salento, Cirio, Parmalat (Londra: 0NQB.L - notizie) , Argentina) hanno forse contribuito ad un graduale allontanamento dalle obbligazioni da parte degli investitori italiani

  3. Il peso invece delle obbligazioni bancarie, sul totale delle attività finanziarie delle famiglie italiane, è passato dal 2% del 1995 all’11% del periodo 2010-2013 per poi riscendere nuovamente con l’acuirsi della crisi europea e bancaria italiana

  4. Il rendimento delle obbligazioni bancarie ha seguito quello dei titoli di stato fino al 2013, dal 2014 c’è premio per il rischio del 2-3% contro tassi dei titoli di stato in discesa fino a zona 0-0,5% (con bot a rendimento negativo nel 2016). Le banche, che grazie ai finanziamenti agevolati della BCE (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) hanno pulito i propri bilanci comprando btp (facendo scendere i tassi e lo spread), dal 2014 sono paradossalmente più rischiose dello stato. L’equazione del bancocentrismo italiano “Banche = Stato” non è più sostenibile e valida.

Le banche piccole e minori hanno collocato presso le famiglie la quasi totalità della propria raccolta obbligazionaria

Conclusioni dello studio: Dal 1950 all’inizio degli anni settanta le obbligazioni bancarie rappresentate dai titoli emessi dagli istituti di credito speciale, hanno accresciuto il loro peso nella ricchezza finanziaria delle famiglie, toccando il massimo dell’11 per cento nel 1973. La crescita del debito pubblico e la diffusione dei certificati di deposito hanno successivamente determinato una caduta della loro quota all’1 per cento alla metà degli anni ottanta. La modifica fiscale del 1996 che ha penalizzato i certificati di deposito e il contemporaneo riconoscimento a tutte le banche della possibilità di emettere obbligazioni ne hanno nuovamente sospinto la crescita e nel 2011 il loro peso è risalito all’11 per cento del totale delle attività finanziarie delle famiglie; questa quota è scesa a meno del 5 per cento a dicembre del 2015, dopo le modifiche del 2012 e del 2014 al trattamento fiscale delle obbligazioni.

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Dal 2009 le famiglie italiane hanno sottoscritto in media circa la metà delle obbligazioni emesse dalle banche (al netto di quelle riacquistate dalla banca emittente). Le banche piccole e minori hanno collocato presso le famiglie la quasi totalità della propria raccolta obbligazionaria. Durante la crisi la composizione del portafoglio di obbligazioni bancarie detenute dalle famiglie per vita media residua ha presentato una dinamica simile a quella della raccolta bancaria. Tra le diverse categorie di obbligazioni bancarie detenute a fine dicembre 2015 (meno di 200 miliardi di euro), i titoli ordinari pesavano per il 63 per cento, quelli strutturati per il 21 per cento, quelli subordinati per il 14 per cento. Dal 2009 al 2012 il rendimento lordo all’emissione delle obbligazioni bancarie collocate presso le famiglie è rimasto all’interno del corridoio dei rendimenti lordi dei BTP a tre e cinque anni.

Dalla fine del 2013 il differenziale di rendimento rispetto ai BTP è positivo e crescente; a maggio 2016 era pari a 2,2 punti percentuali. Circa il 40 per cento dei titoli bancari detenuti a maggio 2016 scadrà entro il 2017; il 90 per cento entro il 2020. In assenza di nuovi acquisti, la loro quota scenderebbe a meno dell’1 per cento della ricchezza finanziaria del settore. Il crollo delle obbligazioni nel portafoglio delle famiglie italiane è accompagnato dalla ricomposizione della ricchezza finanziaria verso il risparmio gestito: nel primo trimestre 2016 fondi comuni di investimento, assicurazioni e fondi pensione corrispondevano a circa il 32,5 per cento del totale della ricchezza finanziaria delle famiglie, contro circa il 32 per cento della somma di circolante e depositi.

Un altro paper della Banca D’Italia “Un'indagine delle determinanti della redditività delle banche italiane” evidenzia come tra le prime banche europee per assets risultano Unicredit (EUREX: DE000A163206.EX - notizie) e Intesa e, più in basso in classifica, compaiano in ordine decrescente anche Mps, Banco Popolare (Amsterdam: PB8.AS - notizie) (PMI) e Ubi (Taiwan OTC: 6562.TWO - notizie) . Questa classifica, che vede ai primi tre posti banche francesi e tedesche, è una specie di assicurazione sul sistema finanziario italiano: una caduta di Mps determinerebbe un effetto domino sulle banche italiane e a seguire sui colossi Francesi, tedeschi e a seguire spagnoli. Non ci sono soluzioni immediate alla questione banche, l’unica soluzione per il risparmiatore è la diversificazione con asset inversamente correlati nel portafoglio, in un mondo dove di sicuro c’è solo l’incertezza.

Autore: Guido Gennaccari Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online