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SOS Racket, il coordinatore Frediano Manzi tenta il suicidio

Due tentativi di suicidio, a distanza di un mese, fortunatamente andati a vuoto. Frediano Manzi, presidente di Sos racket e usura, una delle più note associazioni antiracket, ha compiuto ieri sera l'insano gesto, dandosi fuoco davanti alla sede della Rai di Milano, in corso Sempione.
Il motivo del suo tentato suicidio, spiegato anche in una lettera lasciata davanti ai cancelli della tv, è un grido d'aiuto, un gesto estremo "per portare l'attenzione delle istituzioni su tutte le vittime dell'usura".

Fondata nel 1997, l'associazione si pone l'obiettivo di offrire un aiuto concreto alle vittime dell'usura e del racket e ha permesso molte volte alla magistratura di avviare indagini importanti nel fronte della criminalità organizzata e della corruzione. Tra queste, l'arresto, nel 2010, di numerose persone coinvolte nel racket sulle case popolari
Un percorso non privo di difficoltà, non soltanto per i timori della gente a collaborare, ma per le numerose minacce e attentati che Frediano Manzi ha subìto in tutti questi anni. Una pressione continua che lo ha portato, nel 2010, a decidere di sciogliere l'associazione, dopo l'ennesimo attentato alla sua attività. "Non è per paura che chiudiamo - dichiarò Manzi alla stampa -  ma per la totale impossibilità di lavorare in condizioni di sicurezza".

In realtà, le indagini portarono ad un'eclatante scoperta: secondo gli inquirenti, infatti, i roghi ai chioschi di fiori di proprietà di Manzi, avvenuti tra dicembre 2009 e febbraio 2010, erano stati commissionati dallo stesso coordinatore di Sos Racket. Ad ammetterlo, successivamente, fu proprio Manzi, dichiarando di averlo fatto per attirare l'attenzione sulle sue denunce e le sue battaglie. Condannato, Manzi è caduto in uno stato di profonda frustrazione e depressione, che lo hanno portato a cercare nel suicidio una soluzione ai problemi.
Per portare avanti le sue lotte contro l'usura, Manzi ha provato veramente di tutto. Anche l'alleanza con Forza Nuova, nel 2010, in un progetto che avrebbe garantito l'apertura di sportelli anti racket in tutta Italia, appoggiandosi nelle sedi del movimento di estrema destra. Un'alleanza che gli è costata l'isolamento da parte di amici e associazioni di sinistra. Oltre a rivelarsi, un anno dopo, l'ennesimo flop, a causa dei timori di alcuni coordinatori dei circoli di FN di subire ripercussioni da parte della criminalità organizzata.

Abbandonato il movimento di destra, Manzi ha continuato a combattere, sempre attraverso proteste forti e simboliche, come lo sciopero della fame e della sete che avviò nel 2012 - durato 47 giorni - per accelerare l’accesso ai fondi dello Stato per le vittime di usura. Nello stesso anno, rimase vittima di una gambizzazione da parte di ignoti, ennesimo e misterioso episodio di minacce nei confronti del coordinatore dell'associazione. "Per la 'ndrangheta sono un morto che cammina", confessò in un'intervista a Il Fatto Quotidiano.