Il momento della verità per l’economia italiana
Arriva il momento della verità per i conti italiani. Venerdì verrà reso noto il dato relativo al quarto trimestre del 2013 (nonché all’intero anno che ci siamo messi alle spalle) e a quel punto si saprà se l’Italia è uscita dalla recessione dopo nove trimestri con il segno meno: le previsioni sono per un rialzo dello 0,3%, che rappresenterebbe un’inversione del ciclo poco più che simbolica. Ma i dati non finiscono qui.
L’industria torna a soffrire
L’inizio di settimana non è stato certo esaltante. Lunedì è arrivato il dato sulla produzione industriale a dicembre, che ha registrato un calo dello 0,7% rispetto allo stesso mese del 2012. Un dato inatteso dopo che il +1,5% di novembre aveva fatto sperare nell’avvio della ripresa. Alla luce dell’ulteriore frenata di fine anno, l’intero 2013 si è chiuso in calo del 3% rispetto al 2012. E’ il segnale che la produzione italiana non accenna a ripartire, le fabbriche continuano a lavorare a mezzo servizio nella convinzione che la domanda di consumo resterà debole. Le difficoltà principali riguardano la fabbricazione di macchinari e attrezzature (-9,9%), le industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-6,9%) e la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-6,5%). Al contrario, crescono la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+8,0%),di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+7,5%) e della metallurgia e la fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+7,4%).
Banche, svolta in vista?
L’epicentro della crisi resta in capo alle banche, considerato che le aziende italiane fanno capo agli istituti di credito per oltre il 90% dei finanziamenti. A dicembre le sofferenze iscritte a bilancio hanno toccato quota 156 miliardi di euro, il triplo rispetto al 2008. Somme che gli istituti ritengono di poter recuperare a fatica, tanto da aver accantonato nuove risorse per fronteggiare il buco atteso. Una mossa che si ripercuote a cascata sulla concessione di prestiti, calati del 3,8% su base annua (ma a novembre il dato era stato anche peggiore, -4,3%)
Il prolungarsi dello stato di difficoltà del credito nel nostro Paese sta facendo crescere il consenso verso l’ipotesi bad bank. L’obiettivo è creare un veicolo finanziario nel quale segregare i crediti di difficile esigibilità, in modo da evitare l’effetto contagio sulla parte in bonis del bilancio. Intesa SanPaolo e Unicredit stanno lavorando per creare una bad bank interna (ciascuna per conto proprio), mentre per gli istituti di piccole e medie dimensioni Mediobanca Securities ha studiato una bad bank di sistema, che potrebbe essere aperta a operatori internazionali specializzati proprio nella gestione dei crediti difficili. Mentre dal Governo hanno già rigettato le richieste di un intervento pubblico a sostegno dell’iniziativa.