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Automotive, c'è un'Italia in partita sui motori elettrici (di G. Lonardi)

(Photo: Bloomberg Creative via Getty Images)
(Photo: Bloomberg Creative via Getty Images)

(di Giorgio Lonardi)

Ogni salto tecnologico, ogni rivoluzione industriale, ogni cambiamento del gusto lascia sul campo morti e feriti. Alla vigilia della prima guerra mondiale 2.500 operai producevano ad Alessandria 2 milioni di cappelli Borsalino all’anno. Oggi il mitico marchio è ancora in vita ma i numeri (130 addetti) non sono commensurabili. I manifesti apparsi allora sui muri italiani per le firme di Gino Boccasile e Marcello Dudovich ormai fanno parte della storia dell’illustrazione e di quella della pubblicità. Eppure la moda italiana dal secondo dopoguerra in poi è cresciuta alla grande: abiti da donna, completi maschili, pelletteria, accessori. Nel 2020, nonostante il forte calo dovuto al Covid le aziende di Confindustria Moda hanno registrato un fatturato di 72,5 miliardi. Si prevede che per il 2023 si tornerà ai risultati di prima della pandemia.

E per le auto come andrà? Il 14 luglio la Commissione europea ha presentato il pacchetto Fit for 55. Una sigla che fra le altre misure propone per il 2035 la fine della vendita di auto con il motore a scoppio. Insomma, basta con i pistoni, basta con i cilindri e basta con l’olio che sporca le mani dei meccanici. Ma basta anche con la puzza di scappamento ai semafori e lungo i viali cittadini. Una manovra che appare più brutale del lento ridimensionamento della Borsalino di Alessandria legato al tramonto del cappello da uomo come status symbol. Anche perché in contemporanea si registrano i 422 licenziamenti alla Gkn di Campi Bisenzio, i 122 della brianzola Gianetti Ruote e i 106 della bresciana Timken.

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In realtà l’espulsione degli operai non c’entra niente con la transizione ecologica. Ma è collegata da una parte alla fine del blocco dei licenziamenti. E dall’altra al fatto che tutte le imprese coinvolte fanno parte della componentistica auto, uno dei pezzi forti dell’industria italiana. Ma siamo proprio certi che il passaggio alla propulsione elettrica sia solo lacrime e sangue? Potrebbe anche essere il contrario. Perché se è vero, come paventano i sindacati e importanti settori imprenditoriali, che la transizione stessa metterà fuori mercato molte aziende e altrettanto vero che per alcune imprese si stanno aprendo sbocchi interessanti.

Emblematico il caso della Eurogroup Laminations di Baranzate, a pochi chilometri da Milano, che sta cavalcando con successo il boom e soprattutto le prospettive future schiuse dall’auto elettrica. Pochi mesi fa la società, guidata dall’amministratore delegato Marco Arduini, ha firmato un accordo con Volkswagen per una commessa da 300 milioni di euro “spalmati” su un arco di 7-8 anni. L’obiettivo: fornire statori e rotori, due elementi essenziali per circa 3,1 milioni di motori elettrici che saranno assemblati nelle fabbriche del gruppo di Wolfsburg.

Con circa 420 milioni di ricavi nel 2020, in crescita del 5% sul 2019 nonostante il Covid, e 12 stabilimenti di cui 5 all’estero (Messico, Usa, Tunisia, Russia, Cina) Eurogroup Laminations non è solo un fornitore delle grandi case automobilistiche bensì il leader mondiale nella produzione di due componenti essenziali per ogni tipo di motore elettrico. Ed è proprio questo il suo punto di forza: essere il numero uno in una nicchia di mercato che grazie al nuovo trend delle quattro ruote è destinato a una robusta crescita. Un risultato dovuto a un forte investimento in innovazione tecnologica e qualità del prodotto.

“Noi non siamo partiti dall’auto”, conferma Arduini, “i nostri rotori e statori sono utilizzati ovunque sia necessario un propulsore elettrico: dalle lavatrici ai treni, dai gruppi frigo e di condizionamento ai motori industriali, dalle pompe agli apri cancello senza dimenticare l’utilizzo come generatori all’interno di turbine eoliche e di gruppi elettrogeni”.

Arduini sottolinea che l’automobile sta diventando sempre più importante per l’azienda lombarda. L’anno scorso infatti gli statori e i rotori del gruppo hanno equipaggiato quasi 8 mila auto elettriche. E hanno consentito alla società di crescere bilanciando positivamente le difficoltà registrate negli altri comparti. Senza contare che in passato una famosa azienda americana, di cui non viene pronunciato il nome per una clausola contrattuale, ha già acquistato un milione di pezzi dalla società di Baranzate.

“Le forniture complessive per il settore dell’auto”, spiega l’amministratore delegato, “valgono circa il 40% dei ricavi e comprendono anche le applicazioni per le auto tradizionali che ormai ‘pullulano’ di motorini elettrici. Basti pensare al servosterzo elettrico, ai motori per i freni, per l’Abs, per il tettuccio apribile. In alcuni modelli si contano 150 motorini elettrici. E nelle auto di alta gamma solo i sedili possono ospitare dieci micromotori.

In questo quadro l’accordo di Eurogroup con Volkswagen s’inserisce bene nella svolta green su cui sta puntando con determinazione la società tedesca. Dopo lo scandalo del Dieselgate, costato finora alla casa di Wolfsburg oltre 25 miliardi di dollari fra multe e risarcimenti, Volkswagen ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo. E invece di puntare sulle auto ibride, come hanno fatto i rivali di Toyota, il marchio giapponese che contende ai tedeschi la leadership mondiale, gioca le sue carte sullo sviluppo della mobilità elettrica pura.

L’azienda lombarda ha già all’attivo una serie di collaborazioni con l’universo Volkswagen. A cominciare dagli statori e dai rotori forniti alla Marelli per la costruzione del motore elettrico che equipaggia la Porsche Taycan. Ma non è tutto. Perché nel recente passato Eurogroup Laminations ha fornito la componentistica per l’elettrificazione dei modelli esistenti come la Golf diventata e-Golf o la Up divenuta e-Up. Adesso però è venuto il momento del grande salto: i nuovi motori saranno dedicati a veicoli elettrici nuovi di zecca.

Il gruppo tedesco, infatti, ha sviluppato per i suoi marchi una nuova “architettura elettrica” denominata MEB fra cui spiccano nomi famosi come Volkswagen, Audi, SEAT, Škoda, Bentley, Bugatti, Lamborghini e Porsche. Una strategia che fa perno sugli stabilimenti tedeschi ed europei del gruppo dove saranno assemblati i nuovi motori per coprire le necessità dei vari marchi e dei diversi segmenti di mercato. E toccherà a Eurogroup Laminations rifornire questi impianti con i suoi statori e rotori.

Per i fondi d’investimento, sempre più attenti alla sostenibilità, Eurogroup è un “abilitatore” ovvero una di quelle aziende che con i loro prodotti facilitano la transizione verso un’economia decarbonizzata. Non a caso i francesi del fondo Tikehau Capital hanno acquisito il 30% della società lombarda. Una mossa che potrebbe preludere a una futura quotazione in Borsa. Ma non prima del 2024 quando, secondo le stime di Eurogroup Laminations, la società potrebbe toccare i 750 milioni di ricavi.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.