Annuncio pubblicitario
Italia markets close in 5 hours 48 minutes
  • FTSE MIB

    34.390,53
    -269,02 (-0,78%)
     
  • Dow Jones

    38.852,86
    -216,74 (-0,55%)
     
  • Nasdaq

    17.019,88
    +99,08 (+0,59%)
     
  • Nikkei 225

    38.556,87
    -298,50 (-0,77%)
     
  • Petrolio

    80,55
    +0,72 (+0,90%)
     
  • Bitcoin EUR

    62.487,59
    -367,61 (-0,58%)
     
  • CMC Crypto 200

    1.458,57
    -26,12 (-1,76%)
     
  • Oro

    2.342,20
    -14,30 (-0,61%)
     
  • EUR/USD

    1,0853
    -0,0007 (-0,07%)
     
  • S&P 500

    5.306,04
    +1,32 (+0,02%)
     
  • HANG SENG

    18.477,01
    -344,15 (-1,83%)
     
  • Euro Stoxx 50

    4.997,17
    -33,18 (-0,66%)
     
  • EUR/GBP

    0,8501
    +0,0000 (+0,00%)
     
  • EUR/CHF

    0,9900
    -0,0015 (-0,15%)
     
  • EUR/CAD

    1,4823
    +0,0023 (+0,15%)
     

Bond day: QE messo alle strette. E i governativi si adeguano

La dichiarazione di Sabine Lautenschlaeger, membro del Comitato esecutivo della Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) e rappresentante dell’ala dura pro-rialzo tassi, in un discorso tenuto ieri, è stata chiara. Ha detto che l’inflazione in crescita nell’eurozona deve portare presto a discutere la fine del Quantitative Easing e ha espresso la sua convinzione: quanto prima si metterà nell’angolo una politica monetaria che, nel contesto europeo, non serve più. La notizia in quanto tale non meriterebbe troppa attenzione, poiché si aggiunge a una serie di asserzioni contrarie alle scelte della maggioranza dell’esecutivo della Banca centrale europea. Nondimeno c’è un ma!

I mercati le danno ragione

Questa volta la risposta degli operatori è andata proprio nella stessa direzione, poiché ieri il Bund a 10 anni è tornato sopra la barra dello 0,40% di rendimento. Ciò non avveniva dal gennaio del 2016 e una rottura così brutale costituisce certamente la conferma che qualcosa sta cambiando, complice l’innalzamento dell’inflazione a gennaio in Germania – secondo le prime stime – oltre il 2%. E lo dimostra il fatto che quasi la globalità dei governativi a dieci anni ha inserito la retromarcia sul fronte delle quotazioni, con movimenti non significativi ma comunque quasi tutti indirizzati nella stessa direzione. In una settimana la Francia ha aumentato il suo rendimento dello 0,10%, passando allo 0,899% e l’Olanda è tornata sopra lo 0,50%. Che qualcosa stia evolvendo lo conferma il caso svizzero, estraneo alle decisioni della Bce ma pur sempre in qualche modo condizionato. Ieri il rendimento del decennale elvetico è passato sopra la barriera del negativo allo 0,10%, lasciando intendere che presto potrebbe rivedere il segno più, evento che chiuderebbe definitivamente l’epoca dei tassi sotto zero.

L’Italia inevitabilmente si adatta

ANNUNCIO PUBBLICITARIO

Il nostro Btp a dieci anni ha seguito il trend, collocandosi oltre il 2% di yield e tornando a sfidare i massimi di novembre. Che ci fossero segnali di tensione lo avevamo già segnalato nei giorni scorsi, con movimenti sul secondario improntati a incertezza. Ieri, per esempio, sul Mot i più scambiati sono stati di nuovo i Btp Italia con scadenza cortissima, ovvero l’aprile 2017, il quale ha messo a segno un +0,03% a 100,748 euro, che in altre condizioni sarebbe apparso un’incongruenza, seguito dal novembre 2017, fermo a 102,35 euro. Il Long Term Btp Future sembra invece in una fase di stanca, sebbene confermi l’inserimento in un timido canale ribassista, che lo potrebbe portare stabilmente sotto quota 133 – contro il 133,54 di ieri – e in seguito verso i 132. A sorpresa dimostra però minore volatilità rispetto Bund, il quale attesta l’uscita dalla fase di compressione in cui era rimasto ingabbiato durante la scorsa settimana.

Il Treasury intanto indugia

Il movimento europeo non è almeno questa volta determinato da impatti dovuti al governativo Usa, il cui decennale continua a muoversi vicino alla resistenza del 2,50% di rendimento. Ieri – in serata – si è visto un ritorno sopra il 2,45%, ma la volatilità è risultata elevata nelle ultime sedute, con gli indicatori grafici decisamente improntati al “sell”, sebbene l’incertezza sia generalizzata non solo rispetto ai bond ma anche a molte altre “asset”. La debolezza colpisce i governativi, ma è certo che nei prossimi giorni – nel caso proseguisse – punirebbe anche i “corporate”, finora in parte estranei alla svolta – poco sottolineata – di rialzo dei tassi reali sui mercati in atto da non poche sedute.

Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online