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I 3 motivi per cui l'Ocse vede l'economia mondiale in pericolo

L'ultimo report dell'Ocse non lascia grandi speranze sul futuro dell'economia mondiale: crescita ancora anemica, troppo bassa considerando gli sforzi fatti dalle banche centrali per stimolarla, anche a costo di percorrere la strada insidiosa e inesplorata dei tassi negativi.

La view dell'Ocse

Secondo quanto dichiarato dai responsabili dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo, si tratta di un problema complesso che potrebbe essere risolto implementando le politiche di bilancio con quelle strutturali e monetarie. Questo per due motivi principali. Prima di tutto la constatazione che quanto fatto dalle banche centrali, sebbene sia molto, non è sufficiente perchè interessa solo una parte del problema. In realtà, e qui ci si collega al secondo motivo, tutte le aree del mondo sono investite da un'apatia particolarmente forte che riguarda sia la “vecchia guardia” e cioè le economie sviluppate che finora sono state le locomotive di tutto il pianeta, sia quelle in via di sviluppo, partendo proprio dagli emergenti i quali, arrivata la crisi del 2008, erano stati identificati come i futuri trampolini di lancio per la crescita futura, compresa quella Cina che invece sta evidenziando fratture e incertezze sempre più evidenti. A questi si aggiunga anche un terzo motivo per cui la situazione economica non solo tende a languire ma rischia di diventare una bomba ad orologeria: la crescita a macchia di leopardo non ha riguardato tutti i ceti sociali e la crisi ha peggiorato la situazione aumentando il gap all'interno delle stesse nazioni e delle medesime fasce d'età. In altre parole la struttura stessa della società civile ha subito forti modifiche in pochissimo tempo, modifiche che hanno evidenziato una crescente disuguaglianza che non garantisce degli standard di vita accettabili per tutti.

Le (Taiwan OTC: 8490.TWO - notizie) previsioni

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Detto questo, dal Global Outlook Economic, l'Ocse parla di una crescita globale di circa il 3% per il 2016 e del 3,3% per il 2017 con gli Usa che potrebbero non arrivare al 2%, limitandosi all'1,8% che diventerebbe 2,2 solo l'anno prossimo. Ancora più frazionale la situazione del Giappone, a 0,7% quest'anno e 0,4% nel 2017. Più stabile, per quanto paradossalmente più problematica, la situazione dell'Europa con un 1,6% nel 2016 e che diventerebbe 1,7% nel 2017. In particolare l'Italia potrebbe godere di un +1% nel 2016 e di un +1,4% nel 2017.

La scure si abbatterà invece sugli emergenti con recessione ampia per il Brasile (-4,3% sul Pil del 2016) e una stabilizzazione del 6,5% per Pechino, risultato che, allargando al visuale al 2015 risulta negativo visto che l'anno scorso si registrò un finale del 6,9%.

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