Perché non riusciamo a prevedere il suicidio
La scienza può fare previsioni? Che siano terremoti, eventi meteorologici o insorgenza di malattie poco cambia: una delle tante cose che si richiede oggi alla scienza è la capacità di fare previsioni. Validare dei modelli che, partendo da dati iniziali, consentano di prevedere l’evoluzione temporale di un sistema, qualsiasi esso sia, e riuscire a formulare la probabilità che un evento si verifichi o meno.
La complessità del cervello umano
Il cervello umano è molto complesso. Una meta-analisi pubblicata sulla rivista BjPsych Open, si è concentrata sullo studio degli eventi che precedono il suicidio, ed è giunta alla conclusione che al momento non siamo in grado di prevedere tale atto con sufficiente accuratezza, soprattutto nel breve termine.
Lo studio
Sono stati analizzati 70 lavori pubblicati in precedenza, sul tema della prevenzione del suicidio, dagli autori della School of Psychiatry alla University of New South Wales in Australia. Solo l’1,7 per cento di chi aveva manifestato idee suicide ha poi effettivamente commesso l’atto; il 60 per cento dei suicidi, di contro, aveva negato di avere alcuna intenzione autolesionista, quando interrogato in merito dal proprio medico di famiglia.
Le idee di suicidio
“Sappiamo che le idee di suicidio sono abbastanza comuni, mentre il suicidio è un evento tutto sommato raro, anche tra persone con disturbi mentali”, ha commentato Matthew Large, uno degli autori dell’articolo, tra i massimi esperti mondiali nel campo della valutazione di rischio del suicidio. “Quello che non sapevamo, però, era quanto frequentemente le persone che si sono suicidate avessero negato di aver avuto pensieri suicidi quando direttamente interrogati”. Lo studio, dice ancora l’autore, mostra che non è possibile pianificare gli interventi psichiatrici basandosi solo sulla presenza (o assenza) di intenzioni suicidarie: al contrario, le dinamiche che precedono il suicidio sono ben più complesse e siamo ancora lontani dalla loro comprensione.