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Teheran concede la grazia a "migliaia di persone". Giallo sui numeri

L'ayatollah Ali Khamenei ha decretato la grazia o la commutazione della pena detentiva per "decine di migliaia" di persone arrestate nel corso delle proteste antigovernative che hanno scosso il Paese negli ultimi mesi.

La decisione, annunciata in occasione dell'anniversario della rivoluzione islamica del 1979, riguarda "prigionieri che non sono accusati di spionaggio per conto di agenzie straniere, contatti diretti con agenti stranieri, omicidio e distruzione e incendio doloso di proprietà appartenenti allo Stato". Sono esclusi tutti coloro che hanno doppia cittadinanza e che sono accusati o condannati del reato di "corruzione sulla terra", un capo di accusa a carico di molti dei manifestanti fermati dalla polizia nel corso delle proteste esplose nel Paese dopo la morte di Mahsa Amini.

Molti dei condannati o accusati in relazione alle proteste sono accusati di essere nemici dello Stato, della fede, o di entrambi. I due concetti tuttavia sono quasi indistinguibili nel sistema politico iraniano.

Quale impatto?

Nonostante l'amnistia sia una decisione concessa ogni anno nel giorno dell'anniversario della rivoluzione, quest'anno la procedura ha richiesto al regime di dover analizzare la situazione anche alla luce della repressione violenta registrata negli ultimi mesi, incapace finora di sedare del tutto quella che si ritiene da più parti la più grande sfida interna del regime dal 1979.

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Per ottenere la grazia gli imputati dovranno "fare ammenda per le loro attività e impegnarsi per iscritto a non ripeterle". I media non hanno rilasciato altre informazioni sul numero esatto dei beneficiari della grazia.

Le associazioni e ong impegnate per la tutela dei diritti stimano che finora siano state arrestate circa 20 mila persone nelle proteste antigovernative. Il gruppo Iran Human Rights, che ha sede in Norvegia, stima che circa 100 detenuti potrebbero rischiare la condanna a morte. Secondo l'agenzia di stampa francese Agence France Presse le persone già condannate a morte sono 18.

Parlando del malcontento diffuso nel Paese l'ex presidente Mohammad Khatami, ora capo del movimento riformista nel Paese, ha auspicato che le autorità di Teheran cambino "approccio e si mettano all'opera per attuare riforme".