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Il tempo delle mele marce

Spesso i lettori di questo blog, dopo aver letto l'ennesimo post che li mette in guardia circa le conseguenze tetre concernenti il futuro dell'attuale sistema economico, avanzano una domanda che, mi rendo conto, è plausibile. Vogliono, con una certa brama, sapere quale sarà la data di morte di suddetto sistema. Quanto ancora potrà andare avanti. Uno potrebbe rispondere, fin quando gli attori di mercato saranno disposti a barattare le proprie libertà individuali e i frutti del proprio lavoro con sicurezze e briciole provenienti dallo stato centrale. Ad una considerazione superficiale può sembrare vero, ma c'è qualcosa di più profondo al lavoro. La maggior parte delle persone considera quello attuale l'unico mondo possibile. Non esiste un'alternativa allo status quo, il quale detiene la proverbiale legittimità mediante la quale separa nettamente "buono" da "cattivo" in ogni ambito d'applicazione.

È il metro di giudizio di riferimento attraverso il quale gli individui stabiliscono cosa è giusto e cosa è sbagliato. Il trasferimento di questo giudizio dalla sfera individuale a quella collettiva ha rappresentato lo spartiacque tra una generazione di individui con una mentalità più predisposta alla libertà e una generazione di individui con una mentalità più predisposta al controllo. È un processo che è avvenuto per gradi e senza che i molti se ne accorgessero. È iniziato con le scuole finanziate dalle tasse, è proseguito con il welfare state e ha esteso la sua attività al futuro con il sistema pensionistico. Sono programmi convincenti. Sono programmi apparentemente percorribili. Proprio per questo richiamano nell'immaginario collettivo un senso d'aggiustamento attraverso le riforme.

Non ne considerano la chiusura perché ritengono si possa cambiare il sistema in modo da poterlo rendere più efficiente. Non considerano la possibilità che da qualche parte ci possa essere un elemento marcio che stia lentamente facendo marcire le fondamenta di suddetti programmi. La convinzione è talmente potente che rendere la maggior parte delle persone cieche a ciò che accade loro intorno. Non comprendono come i programmi apparentemente percorribili vengono frantumati dall'interno dalla loro impossibilità economica e politica.

Immaginate un cesto di mele. Sulla superficie avete delle mele rosse e succulente. Sembrano commestibili. Nessuno si sogna mai di girare le mele nel cesto per afferrare quelle più in basso. Perché? Comodità, fretta, consuetudine. Eppure accade sovente che in basso si trovino quelle mele marce che finiscono per invadere, col loro marciume, il resto del cesto. Purtroppo ci accorgiamo di questo problema una volta che le mele marce hanno "infettato" il resto delle mele. A quel punto non si può far altro che gettare l'intero cesto di mele. Basta una sola mela per fare in modo che tutte le altre finiscano nel marciume. Siete in grado di dire quando una cosa del genere accadrà con estrema precisione? Eppure sappiamo che accade. Sappiamo che può accadere una cosa del genere. Ciononostante tendiamo ad ignorare il problema. Non ce ne accorgiamo... almeno fino a quando non è troppo tardi.

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LE MELE MARCE

Poi, quando è troppo tardi, si cerca di tappare ogni falla come meglio si può. Ovvero, o si butta tutto il cesto di mele, oppure si recupera il recuperabile. Ma come individuare le mele marce prima che sia troppo tardi? Gli Austriaci, ad esempio, hanno fornito uno strumento d'indagine analitico attraverso il quale poterle individuare. È la teoria del ciclo economico sviluppata da Mises e approfondita da Hayek. In sintesi, si tiene d'occhio il tasso d'interesse come mezzo attraverso il quale coordinare la produzione nel tempo. Ovvero, uno dei segnali economici più importanti attraverso il quale gli attori di mercato possono indirizzare i loro investimenti e le loro decisioni individuali. Esso (Euronext: ES.NX - notizie) non rappresenta affatto un "prezzo" in relazione alla moneta. È un punto di riferimento temporale che segnala all'ambiente economico quali investimenti sono percorribili.

Infatti, la presenza di un basso tasso d'interesse significa sostanzialmente luce verde per quei progetti d'investimento a lungo termine. I consumatori hanno una bassa preferenza temporale e quindi sono disposti a rinunciare a parte dei loro risparmi per permettere agli imprenditori di realizzare idee che andranno a soddisfare una domanda futura di beni di consumo. Al contrario, un tasso d'interesse alto significa sostanzialmente luce rossa per quei progetti d'investimento a lungo termine. i consumatori hanno un'alta preferenza temporale e preferiscono utilizzare i loro risparmi per soddisfare desideri impellenti e, quindi, finanziare i produttori di beni di consumo esistenti.

Inutile dire che alla base del tasso d'interesse si trova la preferenza individuale dei vari attori di mercati, i quali, attraverso le loro scelte imprenditoriali, creano una rete mediante la quale si possa avere una produzione industriale quanto più reattiva ai cambiamenti dei desideri degli attori di mercato. Questo perché il consumatore è il re in un'economia di mercato. Infatti quest'ultima significa un ambiente economico scevro da interventi centrali che vanno a perturbare il livello a cui il mercato (es. le preferenze temporali degli attori di mercato) fissa il tasso d'interesse. Qualora dovessero intervenire forze esterne, come ad esempio la volontà delle banche centrali d'influenzare il livello dei tassi d'interesse per raggiungere i loro obiettivi di politica, allora le cose si complicano.

In questo modo le preferenze temporali degli attori di mercato vengono distorte dalla creazione artificiale di moneta fiat. Di (KSE: 003160.KS - notizie) conseguenza vedremmo un calo significativo del tasso d'interesse, e gli imprenditori interpreterebbero questo messaggio come un aumento del bacino dei finanziamenti e una presunta bassa preferenza temporale degli attori di mercato. Ovvero, questi ultimi, a quanto pare, sono disposti a cedere parte dei loro risparmi per soddisfare la loro necessità di beni di consumo nel futuro. In realtà non c'è nulla di tutto ciò, perché l'impulso errato è partito dalla banca centrale che crea denaro e dà l'illusione della presenza di maggiori risparmi nell'economia. Quello che accade davvero, però, è una ridistribuzione delle risorse economiche scarse all'interno dell'ambiente economico verso progetti d'investimento la cui realizzabilità è impossibile. In altre parole, vengono gonfiate delle bolle.

Finché la ridistribuzione va avanti, alimentata dalla creazione ex-novo della moneta fiat, ci sarà l'illusione di un boom economico; una volta che l'inflazione dei prezzi inizierà ad innervosire il settore bancario, la banca centrale tirerà il freno a meno ed invertirà il suo corso permettendo al tasso d'interesse di ritornare al suo livello "d'equilibrio" mediante una ridistribuzione genuina e sostenibile delle risorse economiche scarse. In altre parole, le bolle si sgonfiano e si passa attraverso una recessione economica.

Questo, in sostanza, è stato il percorso che tutti i cicli di boom/bust hanno seguito fino all'inizio della Grande Recessione. Ogni volta, in nome di una deflazione dei prezzi disarmante, sarebbe stato invocato il ritorno ad una politica monetaria allentata per reflazionare le bolle scoppiate (si passava sostanzialmente da quella dei bond sovrani a quella immobiliare). Il problema con questo approccio, però, è la miopia dei banchieri centrali keynesiani secondo cui non esistono bilanci. A loro modo di vedere muovere le leve all'interno di una istituzione avente la responsabilità di gestire l'offerta di moneta di una nazione, è una prerogativa sufficiente a riportare stabilità all'interno dell'ambiente economico. Di conseguenza hanno spinto il pedale dell'acceleratore monetario dopo il 2008, cercando di salvaguardare in qualsiasi modo quelle entità che per decenni hanno approfittato della manna monetaria in virtù della loro posizione di protetti dal cartello delle banche centrali.

Infatti cos'è finito nel bilancio della FED, ad esempio, se non bond sovrani e titoli coperti da ipoteca precedentemente posseduti da AIG e Fannie & Freddie? Non solo ma il flusso di bond sovrani non solo ha aiutato le banche commerciali ad ottenere fondi quasi gratis, ma ha permesso allo stato di trovare un compratore di ultima istanza per un debito mastodontico che non accenna a diminuire e di diminuire il deficit di bilancio che era arrivato a circa $1,000 miliardi. Però, osservando il grafico qui sopra, noterete sicuramente il problema. La nenia "più della stessa cosa" ha gonfiato la madre di tutte le bolle nell'ambiente economico di oggi: quello nella fiducia nelle banche centrali. È enormemente sopravvalutata. Il misero blip nel presunto rialzo dei tassi del dicembre scorso è praticamente irrisorio se consideriamo quello durante la gestione Greenspan.

La FED, così come la BCE (Toronto: BCE-PA.TO - notizie) , sono all'angolo perché sono rimaste vittima della loro stessa presunzione. La consueta socializzazione delle perdite derivanti dalla prossima recessione, sarà impossibile d'attuare perché Main Street (famiglie e piccole/medie imrpese) sono state escluse dalla manna monetaria e, in un certo senso anche, ne sono rimaste alla larga.

In prima linea, questa volta, per essere macellate dal punto di vista finanziario, ci sono quelle stesse realtà che la banca centrale si suppone debba proteggere. I banchieri centrali hanno aspettato che Autore: Francesco Simoncelli Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online