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Dai rapporti con politica e sindacati alle poltrone: come sarà la Confindustria di Squinzi

La designazione di Giorgio Squinzi a presidente di Confindustria pone fine al lungo ballottaggio con il concorrente Alberto Bombassei. Una spaccatura, come mai prima si era vista nella principale associazione delle imprese, che promette di lasciare strascichi. Proviamo a capire come sarà la Confindustria targata Squinzi, tra poltrone da occupare, rapporti con la politica e con i sindacati e posizioni sui principali temi sociali.

Basso profilo ed eccellenza d'impresa

Giorgio Squinzi, già alla guida di Federchimica, è presidente della Mapei, azienda lombarda di sigillanti per l'edilizia, leader mondiale nelle soluzioni green. Non è un nome nuovo in viale dell'Astronomia, considerato che è stato prima vicepresidente con delega all'innovazione e allo Sviluppo tecnologico e ora è presidente del comitato tecnico con delega all'Europa.
La sua campagna elettorale è stata caratterizzata dal basso profilo: poche interviste e apparizioni pubbliche, scarso interesse palesato in merito alla riforma dell'articolo 18. Una scelta dettata dalla volontà di marcare le differenze con l'avversario Bombassei, capo della Brembo, da metalmeccanico da sempre schierato su posizioni più radicali nei rapporti sindacali.

Chi vince, chi perde

Il regista della candidatura Squinzi è stato Aurelio Regina, presidente degli industriali romani, che tornano quindi centrali in Confindustria. Al suo fianco ha sempre avuto anche la presidente uscente Emma Marcegaglia, che a questo punto potrebbe ottenere la presidenza del Sole24 Ore (posto da tradizione assegnato al past-president, fino a che la stessa Marcegaglia ha deciso di togliere la poltrona a Montezemolo).

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Con la vittoria di Squinzi si apre anche una nuova stagione nei rapporti sindacali, considerato che il patron della Mapei può vantare da sempre rapporti di dialogo con i rappresentanti dei lavoratori, Cgil compresa. Del resto, nella chimica (al contrario della meccanica, mondo da cui arriva Bombassei) il costo del lavoro non è la voce più cospicua, ma le competenze sono fondamentali per far fruttare gli ingenti investimenti effettuati nella ricerca. Per questo motivo il contratto dei chimici è da sempre quello con i livelli salariali più alti.

A livello politico, il presidente designato ha rapporti consolidati con Silvio Berlusconi (soprattutto per il tramite di Confalonieri, con il quale condivide la passione per la lirica), ma anche relazioni di stima con esponenti di primo piano dell'Udc e del Pd.

La sua elezione peserà soprattutto sulla grande industria: da Marchionne a Montezemolo, a tutti gli industriali del Piemonte, in tanti avevano puntato sul candidato alternativo.

La posta in gioco

Messe da parte le contrapposizioni, per Squinzi si apre una sfida campale. Come ha fatto notare mesi fa sul Corriere della Sera l'economista Francesco Giavazzi, "una Confindustria non esiste negli Stati Uniti…..un conto è la libertà di associazione, di proposta, di lobby, la promozione trasparente di interessi specifici, un altro è sedersi al tavolo con il governo per concertare le leggi, contrattando dei do ut des con la pretesa di avere il monopolio degli interessi di tutte le imprese".

Un concetto che acquista ancora più forza ora, dopo che il Governo Monti ha fatto sapere di voler procedere con la riforma del mercato del lavoro anche senza l'approvazione della Cgil. Se i sindacati sono costretti a reinventarsi, lo stesso dovrà per forza di cose accadere alle associazioni imprenditoriali.

Per altro, Confindustria ha dimensioni elefantiache: 6mila dipendenti; 100 associazioni provinciali, 18 regionali e 20 di settore; decine di milioni spesi ogni anno in conferenze e incontri vari. Una delle priorità dovrà quindi essere di snellire la struttura, a maggior ragione alla luce delle crescenti defezioni dall'associazione (prima Fiat, poi Ferrari e Save), ma non sarà facile perché vuol dire scontentare tanti dei supporter in campagna elettorale.

Emma Marcegaglia lascia il suo incarico all'alba di una riforma del lavoro lungamente inseguita proprio dalla stessa lobby industriale che ha presieduto per quattro anni.

Il bilancio di Emma

Con la designazione del nuovo presidente, si conclude il quadriennio della presidenza Marcegaglia. Il suo era stato un battesimo di fuoco, tra il fallimento di Lehman Brothers e il ritorno di Silvio Berlusconi alla presidenza del Consiglio. I primi mesi sono stati quasi idilliaci tra imprenditori ed esecutivo, con Marcegaglia e Berlusconi impegnata a ribadire il credo comune in direzione di un calo della spesa pubblica, della burocrazia e delle tasse.

L'aggravarsi della crisi economica ha allontanato i due leader, fino alla rottura quando la Marcegaglia ha rifiutato l'invito a diventare ministro e si è accodata agli appelli di economisti e politici per un passo indietro del Cavaliere. All'interno di Confindustria, il giudizio sul suo mandato resta sospeso: c'è chi ricorda il suo impegno per l'indipendenza dell'organizzazione e la lotta alle infiltrazioni criminali e chi invece mette in luce di non aver saputo evitare la fuoriuscita della Fiat. Ma questa è acqua passata: ora tocca a Squinzi.