Le parole della crisi

Imu 2012 e Calcolo Imu

E’ una delle novità del governo Monti che non ha fatto piacere a milioni di italiani. Nel 2012 l’Imu (Imposta municipale propria) ha sostituito la vecchia Ici. Si applica a tutti gli immobili, comprese le abitazioni principali e le loro pertinenze, con la stessa base imponibile della precedente imposta. I circa 16 milioni di contribuenti hanno potuto scegliere tra un pagamento unico a giugno, due (giugno e dicembre) o addirittura tre tranches (giugno, settembre e dicembre). L’aliquota principale da utilizzare per il calcolo dell’Imu è pari allo 0,76 per cento, modificabile dai Comuni in aumento o diminuzione sino 0,3 punti percentuali, o fino allo 0,4 per cento per immobili non produttivi di reddito fondiario. Alle abitazioni principali e alle loro pertinenze si applica l’aliquota ridotta pari allo 0,4 per cento, modificabile dai Comuni in aumento o diminuzione sino 0,2 punti percentuali. L’aliquota applicata ai fabbricati rurali ad uso strumentale è pari allo 0,2 per cento, modificabile dai comuni in diminuzione fino allo 0,1 per cento. Non tutti però dovranno pagare l’Imu sulla prima casa. Chi è ad esempio proprietario di una casa con un valore catastale già rivalutato del 60 per cento uguale o inferiore a 50mila euro la tassa a giugno sarà inesistente. Anche senza figli a carico. Secondo l’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) il salasso sarà soprattutto per i proprietari di immobili diversi dalla prima casa. In questo caso l’aliquota media applicata è pari all’1,037 per cento, quella massima è dell’1,06 per cento.

Calcolo pensione

La riforma Fornero ha modificato il metodo di calcolo della pensione. Sulla scia di un processo iniziato nel 1995 con la riforma Dini, dal 1° gennaio 2012 tutti i lavoratori passano al sistema contributivo e abbandonano il retributivo. L’importo dell’assegno previdenziale non si baserà più sulla media dei redditi degli ultimi 10 anni di lavoro per i dipendenti e degli ultimi 15 anni di lavoro per gli autonomi, nella misura del 2 per cento di questa media per ogni anno di contribuzione. Ora conteranno i contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa.

C’è poi una rivalutazione di questo valore in base all’indice Istat delle variazioni quinquennali del Pil e una moltiplicazione per un “coefficiente di trasformazione” variabile, in base all’età del lavoratore al momento della pensione. La riforma ha creato tre diverse situazioni: chi ha iniziato a lavorare meno di 18 anni fa ma prima del 31 dicembre 1995 avrà una pensione calcolata con il retributivo fino al 1995 e poi tutta con il contributivo. Chi è più anziano e lavora da più di 18 anni avrà il calcolo retributivo fino alla fine del 2011 e poi contributivo. Per chi, invece, è più giovane e fino al 31 dicembre 1995 non lavorava ancora, il calcolo della pensione sarà interamente contributivo. Quest’ultima categoria avrà presumibilmente una pensione pubblica molto lontana dall’80 dell’ultima retribuzione come era nel recente passato.

Spending review

Il decreto legge sulla spending review è caduto sulla testa degli italiani in pieno Agosto, quando molti stavano assaporando il riposo estivo. La prima fase operativa dovrebbe assicurare allo Stato risparmi pari a 4,5 miliardi nel 2012, 10,9 miliardi nel 2013 e 11,7 miliardi nel 2014.

Tra i principali provvedimenti le tasse universitarie più alte per i fuoricorso, compensato dal blocco delle tasse per i meno abbienti fino al 2016, l’addizionale Irpef più cara per le regioni in deficit sanitario e il tetto a 300mila euro per gli stipendi dei manager e dei dirigenti delle aziende partecipate dello Stato. Nella sanità, tagli ai posti letto negli ospedali: 3,7 ogni 1000 abitanti.

La spending review si farà sentire soprattutto nella Pubblica Amministrazione con la riduzione del 20 per cento dei dirigenti pubblici e del 10 per cento del personale non dirigente. Buono pasto non oltre 7 euro. Non saranno più retribuite, ferie, permessi e riposi non fruiti. La tagliola colpirà anche i Ministeri (risparmi di 1,7 mld nel 2013, 1,5 nel 2014 e 2015), le Regioni (trasferimenti ridotti di 700 milioni nel 2012 e un miliardo per i successivi due anni) e i Comuni (500 milioni di tagli da subito, che diventeranno 2 miliardi nel proseguo). Gli enti pubblici sono da tempo sulle barricate contro la spending review. Comprese le Province, che dal 2014 saranno accorpate, ma l’anno prossimo dovrebbero avere una riduzione di 1,2 miliardi dei fondi.

Euro/dollaro.

Il 2012 è stato un anno di sofferenza per l’euro. La moneta unica del Vecchio Continente ha registrato già a Gennaio tra i valori più bassi degli ultimi due anni. La colpa è della crisi del debito che sta colpendo l’Europa e l’Italia in particolare. La tendenza al calo si è mantenuta per tutto quest’anno.

Le parole del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, sulla crisi ormai giunta anche in Germania e la rielezione di Barack Obama hanno rafforzato il dollaro. L’attuale cambio, attestato intorno all’1,2830 dopo aver raggiunto nei mesi scorsi anche l’1,2661, risente anche delle conseguenze delle trattative di un accordo nell’Eurogruppo sul debito greco.

I segnali per il 2013 sul rapporto tra euro e dollari sono discordanti. Secondo le previsioni della maggior parte degli analisti finanziari il cambio sfavorirà ancora la moneta unica del Vecchio Continente per le persistenti difficoltà della congiuntura economica. Gli Usa, infatti, hanno mostrato recenti segnali di ripresa grazie alla creazione di nuovi posti di lavoro e all’aumento della produzione industriale.

L’Europa, invece, appare l’attuale centro della crisi globale iniziata nel 2008. Ma per gli esperti di Credit Suisse nel 2013 il dollaro potrebbe scivolare nei confronti dell’euro, che nei prossimi 12 mesi potrebbe issarsi intorno a quota 1,35 sul biglietto verde.

Legge di stabilità

E’ uno dei temi che ha fatto più discutere in questo 2012. Si parla della legge di stabilità 2012-2014. Un insieme di provvedimenti che, tra polemiche e cambiamenti, ha fatto più volte la spola tra Camera e Senato. L’obiettivo è il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali, cioè al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum. In particolare, il disegno di legge prevede misure espansive pari a circa 13 miliardi nel 2013, 10 nel 2014 e 9 nel 2015 e misure restrittive per poco più di 10 miliardi nel 2013, 9,8 nel 2014 e 9 nel 2015.

Uno dei punti più controversi è l’applicazione retroattiva al 2012 del taglio alle detrazioni e alle deduzioni fiscali. Molte le novità in programma. In primis l’aumento dell’Iva di un punto percentuale da luglio del 2013 per quanto concerne l’aliquota del 21 per cento. Resta, invece, congelata quella del 10 per cento. C’è poi la variazione delle aliquote Irpef che liberano risorse per le detrazioni per i figli a carico. In questo ambito, in particolare, è previsto un aumento da 900 a 1.220 euro per i figli di età inferiore ai tre anni, mentre per i figli più grandi si passa da 800 a 950. Previsti 2,1 miliardi destinati alla detassazione dei salari di produttività e, in ambito Irap, un’esenzione per le micro-imprese mediante un fondo di 540 milioni nel biennio 2014-15. Salgono le deduzioni forfettarie per le assunzioni a tempo indeterminato di donne e giovani. Resta a 18 ore l’orario degli insegnanti. Previsto lo stop al blocco del turn over per il comparto sicurezza, forze armate e soccorso pubblico. Saranno circa 130mila gli esodati salvaguardati.

Riforma pensioni

La rivoluzione è scattata il 1° gennaio del 2012 con l’entrata in vigore della riforma Fornero. Il principio base è una più lontana fine dell’età lavorativa per contrastare gli effetti sul bilancio pubblico dell’allungamento delle aspettative di vita.
Scompare la pensione di anzianità, che si poteva ottenere al raggiungimento di un determinato numero di anni di contribuzione prima dell’età pensionabile. Ora esiste la pensione anticipata, ma non bastano più i 40 anni di servizio. Dal 2012 ce ne vogliono 42 e un mese per gli uomini e 41 e un mese per le donne. Soglie destinate a salire di un mese nel 2013 e nel 2014. Previsti disincentivi se l’assegno previdenziale viene chiesto prima dei termini. Cambia anche la pensione di vecchiaia, che si può ottenere al raggiungimento di una determinata età anagrafica. Già dal 2012, infatti, gli uomini dovranno raggiungere i 66 anni, un immediato innalzamento del limite di un anno rispetto al passato. Per le donne, invece, c’è una distinzione. Se lavoratrici dipendenti da quest’anno andranno in pensione a 62 anni, se autonome a 63 anni e 6 mesi. Questa soglia progressivamente aumenterà negli anni fino alla completa equiparazione ai 66 anni degli uomini nel 2018. Grazie al principio dell’adeguamento dell’età pensionabile all’allungamento delle aspettative di vita è già sicuro che dal 2022 si andrà in pensione a 67 anni.

Ministero sviluppo economico

Circa 150 vertenze aperte, 180mila lavoratori coinvolti e oltre 30mila esuberi. Sono alcuni dei numeri che hanno caratterizzato l’attività del Ministero dello sviluppo economico nel 2012. Un anno di dura recessione, che ha impegnato non poco Corrado Passera, al comando di questo importante dicastero. Il 58enne banchiere e manager italiano di lungo corso, a cui il premier Monti ha affidato anche la responsabilità delle Infrastrutture e dei Trasporti, si è dovuto occupare di casi eclatanti. Tra i più difficili la crisi del Sulcis, dove grandi realtà industriali e occupazionali come Alcoa, Eurallumina, Portovesme e Carbosulcis sono in stato comatoso. Il piano di sviluppo, con un iniziale stanziamento di 451 milioni di euro, potrebbe non bastare.

C’è poi la questione Fiat con l’incertezza sulle strategie dell’amministratore delegato, Sergio Marchionne e sulla sorte dei 1.300 lavoratori dello stabilimento di Termini Imerese. Nell’elenco non possono mancare anche le conseguenze del sequestro per inquinamento ambientale dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto e il salvataggio della compagnia aerea Windjet con il ruolo da assegnare ad Alitalia, azienda di cui Passera si è già occupato in passato come advisor. La lista delle vertenze comprende anche i settori del turismo (Valtur e per l’Alpitour) e delle costruzioni.

Mutui.

L’attuale crisi economica sta toccando direttamente le tasche degli italiani. Anche di quelli che chiedono un mutuo per l’acquisto di una casa. Le porte del sistema bancario, infatti, sono sempre più difficili da aprire. Non a caso il 2012 ha segnato un nuovo aumento della differenza tra la somma media richiesta e quella effettivamente erogata. Se ad aprile 2012, secondo l’Ufficio studi di Mutui.it, questo valore era del 6 per cento, ad ottobre è salito all’11 per cento. Nello stesso periodo di quest’anno è calato del 4 per cento l’ammontare concesso agli italiani che fanno richiesta di mutui. Si è arrivati a 116 mila euro dai 121 mila del semestre precedente. Il trend negativo prosegue ormai da più di un anno nonostante gli italiani abbiano abbassato gli importi richiesti.

Il settore evidenzia anche l’accresciuto interesse nei confronti del tasso variabile, che in questo momento rappresenta una scelta più vantaggiosa rispetto al tasso fisso, perlomeno nel breve periodo: se a maggio 2012 il variabile era scelto dal 50 per cento dei richiedenti mutuo, a ottobre la percentuale è salita al 57 per cento. Nel settore creditizio non manca qualche segnale di ottimismo. Per l’Abi, Associazione bancaria italiana, i tassi d’interesse medi sui prestiti sono scesi dal 3,86 per cento di settembre al 3,81 per cento di ottobre. L’erogato medio per la prima casa, inoltre, è salito del 12 per cento a 127 mila euro.

Conto deposito

E’ pronta un’importante novità in questo settore. Dal 1° gennaio 2013 chi avrà un conto deposito, cioè un conto corrente bancario che ha l’unico scopo di fruttare interessi elevati sul patrimonio investito, dovrà pagare un’imposta di bollo più salata. Si passerà dallo 0,10 per cento allo 0,15 per cento annuo sulle somme depositate, con un minimo di 34,2 euro. Un aumento del 50 per cento. A stabilirlo è il decreto fiscale approvato dal Governo il 24 febbraio scorso, che elimina anche il tetto massimo fissato fino a quest’anno a 1.200 euro. Sembrano già lontani i tempi in cui il bollo era pagato nella misura fissa di 1,81 euro su ciascuna comunicazione periodica trasmessa alla clientela.
Sarà sempre più serrata la battaglia tra gli istituti di credito alla conquista dei risparmiatori pronti ad aprire un conto deposito. In generale le strategie sui tassi offerti premiano coloro che vincolano il capitale per un determinato arco temporale. Il trend dei rendimenti dei conti deposito è superiore a quello dei titoli di Stato.

Conto corrente

Sono i prodotti di risparmio in assoluto più diffusi tra gli italiani, ma questo non li ha preservati dai provvedimenti economici del governo Monti. Così, con il decreto Salva Italia, a partire dal 2012 è scomparsa l’imposta di bollo sui conti con giacenza inferiore ai 5 mila euro. Un’azione per andare incontro ai titolari di pensioni minime o sociali, che sono costretti ad aprire nuovi conti correnti dopo le norme che non consentono i pagamenti in contanti oltre i 500 euro. Le altre famiglie continueranno a pagare la vecchia imposta di bollo pari a 34,2 euro. Per i conti correnti intestati alle aziende, invece, c’è stato un rincaro da quest’anno: il bollo annuale è passato da 73 a 100 euro. Le novità per i correntisti non sono finite. Nell’ottica della campagna antievasione è pronto a partire, con il beneplacito del Garante della privacy, il cosiddetto “archivio dei rapporti finanziari”. Si tratta di un database che raccoglierà le movimentazioni dei conti correnti, dei depositi e delle carte di credito dei contribuenti italiani. Entro il 31 marzo del 2013 banche, uffici postali e istituti finanziari dovranno comunicare all’Anagrafe tributaria dati sensibili come il totale degli accrediti e degli addebiti, il saldo iniziale e finale, la gestione del patrimonio, la frequenza di accesso alle cassette di sicurezza e le carte di credito. Saranno escluse le operazioni tramite bollettino di importo inferiore a 1.500 euro.