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3 lezioni dal portafoglio di Warren Buffett

Warren Buffett, sinonimo di investimenti sicuri. Per lo meno sul lungo termine. Cosa ci insegna la sua logica?

Investire in ciò che si sa

Warren Buffett è ormai ultraottuagenario ed è facile comprendere la sua diffidenza verso le azioni del settore tecnologico. Per quanto Matthew Frankel faccia notare come una parte del suo portafoglio di Buffett sia investita in IBM, è anche vero che in realtà si tratta di un'azienda nata diversi anni fa e con un business tendenzialmente più tradizionale. Ci sarebbe l'eccezione di Apple ma anche in questo caso è bene sottolineare come Buffett abbia scelto Apple solo dopo che questa si è trasformata da una società hitech ad una che genera valore. Entrambe, inoltre, hanno una particolarità cara a Buffett: i dividendi. Per quanto riguarda il resto sono tutti investimenti facili da capire. Prima di tutto per i bancari come Wells Fargo e US Bancorp (la differenza tra quanto si presta e quanto si riceve con gli interessi è una logica assai antica) mentre per i beni di consumo come Coca-Cola, Kraft Heinz e Wal-Mart è facile capire che la capillare diffusione, il brand e la necessità di acquisto quotidiano fanno l differenza. Ciò che si evince dall'analisi non è il fatto che bisogna investire in aziende le cui logiche di mercato sono semplici ma in titoli la cui valutazione è una ogica semplice per chi la deve applicare. In altre parole se Buffett non ama i tecnologici ma qualcuno è esperto nel settore ed è in grado di valutarlo, allora ci si può spingere verso quest'area.

Se i motivi del buy non ci sono più, meglio vendere

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L'approccio di Buffett, sottolinea Frankel è vincente sul lungo periodo quel “per sempre” che il guru di Omaha ha fatto diventare un motto. Eppure in alcune occasioni, anche lui ha venduto. Quali? Alla fine del 1990, Berkshire aveva in mano una quota interessante di Freddie Mac (Federal Home Loan Mortgage Corporation, azienda che si occupa dell'emissione di mutui ipotecari e rivendita sul mercato secondario), completamente liquidata nel 2000. Il motivo era una gestione da lui giudicata troppo rischiosa. Ciò che a suo tempo lo spinse ad acquistare (buona valutazione e a basso rischio) non c'era più. Altro esempio fatto da Frankel è quello di DirecTV la quale, pur essendo una società leader e con ottime prospettive, è stata acquistata da AT&T, azienda, invece, caratterizzata da una crescita una posizione periferica nel suo settore di riferimento. Una zavorra che ha fatto in modo che Buffett cancellasse la sua presenza.

Guardare alla forza intrinseca

Cosa permette a una società di essere un'azione degna del “Buy Per Sempre”? Diversi fattori: prima di tutto quello di essere leader di settore (es. Coca-Cola, Wal-Mart, Wells Fargo) le quali, oltre a un vantaggio sulla forza dei flussi di cassa, possono vantare anche una marcia in più sulla riconoscibilità del brand. C'è poi anche il fattore dell'"ampio fossato", la teoria di Buffett secondo la quale un'azienda dovrebbe assicurarsi un vantaggio (preferibilmente incolmabile) sui rispettivi competitor offrendo un quid (di qualsiasi tipo, dai servizi offerti alla celerità o al prezzo) per andare oltre e battere la concorrenza fidelizzando il cliente. Un altro fattore è l'assenza di debito o un debito minimo: infatti il report sottolinea come bassi livelli di indebitamento permettano alle aziende la flessibilità finanziaria, così come la capacità di sopravvivere a un calo dei profitti se l'economia inizia ad avere problemi. E in ultimo, la presenza del dividendo come attrattiva maggiore per gli investitori.

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