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ANALISI - Gli euroscettici possono favorire "il cambioverso"

di Paul Taylor ROMA (Reuters) - L'affermazione dei movimenti populisti ed euroscettici nel Parlamento europeo renderà più difficile all'Unione europea fare passi avanti verso una maggiore integrazione, mentre potrebbe favorire una nuova agenda politica più orientata alla crescita. Con i 28 Capi di Stato e di governo che sono riuniti a Bruxelles per una prima analisi del voto, le prime conseguenze politiche sono: NO AD ALTRI TRATTATI Nell'immediato l'Unione europea non rischia una revisione dei Trattati che renderebbe necessaria la ratifica di tutti i singoli Stati membri e, in alcuni di essi, anche un referendum, dato il rischio di una bocciatura. Se da un lato è improbabile che il primo ministro britannico, David Cameron, riesca a far sparire dai Trattati il principio di una "Unione sempre più stretta", dall'altro il processo di integrazione dovrebbe restare in sospeso o subire arretramenti nei prossimi anni. "Andiamo incontro a una diffusione della malattia inglese", dice Fabian Zuleeg, chief executive di European Policy Centre, think-tank con base a Bruxelles. "I governi sono sul punto di dire che non si possono fare passi avanti perché qualsiasi cosa si fa finirà con il non essere appoggiata dall'opinione pubblica". "Questo significa l'impossibilità di affrontare i problemi che abbiamo di fronte", prosegue Zuleeg. Il rischio è che le riforme suggerite da parecchi economisti per rafforzare la moneta unica diventino politicamente impossibili. Potrebbe quindi esplodere una nuova crisi prima che si arrivi a definire un bilancio comune, una più incisiva vigilanza delle politiche nazionali o un meccanismo ordinato di risoluzione delle crisi bancarie. Proprio oggi Christine Lagarde, numero uno del Fondo monetario internazionale, ha avvertito che il processo per la creazione di un'Unione bancaria procede troppo lentamente. SPINTA PER LA CRESCITA Nel Sud dell'Europa, afflitto da una massiccia disoccupazione, aumenta la pressione per ridurre il rigore di bilancio e garantire margini da sfruttare per finanziare investimenti in cambio di un impegno concreto sul fronte delle riforme strutturali. La disoccupazione giovanile alimenta i movimenti di protesta in Italia, Grecia, Spagna e Francia e Matteo Renzi, forte del successo ottenuto alle elezioni europee, cercherà di ammorbidire il rigore di bilancio che Angela Merkel ha finora imposto all'Europa. La cancelliera tedesca ha riconosciuto ieri che l'Unione deve aumentare la propria competitività e creare occupazione per respingere la marea populista. Resta da vedere quanto Berlino sia disponibile a sfruttare il proprio avanzo di bilancio per sostenere gli investimenti in infrastrutture e stimolare la domanda interna. Daniela Schwarzer, direttore dell'Europe programme al German Marshall Fund di Berlin, si dice convinta che i governi dei Paesi dove il populismo è più forte insisteranno per ottenere un cambio di rotta a livello europeo da spendere a livello nazionale. "Avranno bisogno di mostrare che l'Europa è in grado di generare crescita e occupazione. L'approccio tradizionale della Germania fa perno sul bisogno di avere più regole ma ora non è più politicamente accettabile", spiega Schwarzer. MARCIA INDIETRO Ci sarà un tentativo, almeno simbolico, per riportare a livello nazionale tutta una serie di ambiti che incidono sulla vita quotidiana degli europei. Gran Bretagna, Olanda e Svezia spingono in questa direzione. Il primo ministro olandese Mark Rutte si è unito a Cameron nel dire che gli europei vogliono "meno Europa" in molte materie. L'attuale presidente della Commissione europea, Jose Manuel Barroso, ha intuito il cambiamento di umore quando, l'anno scorso, ha lanciato il cosiddetto programma "Refit" per semplificare le regole comunitarie. Dopo l'affermazione del Fronte nazionale di Marine Le Pen, il presidente francese Francois Hollande ha detto che l'Europa dovrebbe "ritirarsi dalle aree in cui la sua presenza non è necessaria". Il problema è mettersi d'accordo su cosa debba essere tagliato. Con tutta probabilità Parigi resisterà ai tentativi di eliminare standard come la settimana lavorativa di 48 ore, che irrita gli inglesi. Daniel Gros, direttore del Centre for European Policy Studies, sostiene che il voto di protesta è indirizzato ai governi nazionali più che alle istituzioni europee. "L'Europa è stata costruita faticosamente. È difficile che si metta tutto in discussione, neppure la crisi ha potuto fare questo", dice Gros. "C'è bisogno di una grande maggioranza per tornare indietro". A Bruxelles c'è anche chi mette in evidenza le divisioni tra i diversi movimenti populisti su temi centrali come il mercato unico o la politica monetaria. Gli euroscettici potrebbero essere inconcludenti in Parlamento, per cui bisogna tenere duro. Dall'altro lato Mats Persson, direttore del think tank britannico Open Europe, sostiene che per togliere ossigeno ai populisti "l'Europa deve mostrare di saper riformare se stessa". SEMPLIFICARE L'AGENDA I leader europei vogliono un'agenda più snella per la futura Commissione: stimolare crescita e occupazione, definire una politica energetica ed ambientale comune, andare avanti nella costruzione del mercato unico soprattutto nei settori dell'energia e dei servizi digitali, firmare un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti (il Ttip, Transatlantic Trade and Investment Partnership). L'ultimo obiettivo è il più difficile da realizzare. Estrema sinistra ed estrema destra sono contrari, mentre i socialisti potrebbero andare incontro a divisioni. Le Pen sostiene il protezionismo e ha fatto del contrasto all'accordo fra Ue e Usa una delle sue priorità. Tuttavia, gli esperti di Bruxelles ritengono che l'intesa possa sopravvivere se le principali forze del Parlamento sapranno coalizzarsi. "C'è ancora una possibilità per il Ttip, anche se il quadro ora è più complesso", dice Zuleeg. ((Redazione Roma, reutersitaly@thomsonreuters.com, +39 06 85224393, Reuters Messaging: giuseppe.fonte.reuters.com@reuters.net)) Sul sito www.reuters.com altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia 2