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ANALISI - L'esperienza suggerisce scetticismo su stime Pil governo

L'esperienza suggerisce scetticismo su stime Pil governo. REUTERS/Toby Melville (Reuters)

di Gavin Jones e Giuseppe Fonte ROMA (Reuters) - L'Italia ha un problema cronico con le previsioni di crescita e la tendenza a fissare obiettivi troppo ambiziosi suggerisce due ipotesi: o il governo utilizza modelli economici datati oppure non vuole fare i conti con la necessità di riforme radicali. Tutti i Paesi europei formulano in primavera previsioni ottimistiche per poi correggerle in autunno, quando la dinamica della congiuntura è più chiara, ma l'Italia lo fa in misura maggiore. La conseguenza è che una crescita inferiore alle attese finisce per vanificare altri obiettivi, come la riduzione del rapporto debito/Pil, il più alto dell'Eurozona dopo quello della Grecia. L'attendibilità del nuovo quadro macroeconomico diffuso a fine settembre sarà al centro del confronto tra Italia e Commissione europea. Nel 2017, il premier Matteo Renzi vuole alzare il deficit di oltre 13 miliardi, dall'1,6 fino al 2,4% del Pil. Le premesse non sembrano così buone. L'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), l'organismo indipendente che vigila sui conti pubblici, ha definito il +1% atteso nel 2017 come "contrassegnato da un eccesso di ottimismo". Luca Ricolfi, docente di analisi dei dati all'Università di Torino, fa notare che tassi di crescita più elevati implicano margini di bilancio meno stretti: "Devi alzare le stime se vuoi aumentare la spese", dice. "Quelle del governo sono previsioni politiche e anche opache, perché i modelli su cui si basano non sono pubblici". Renzi finora ha difeso con vigore le stime governative ma il passato suggerisce che l'Upb possa averci visto giusto. Tra il 2011 e il 2015 ogni edizione del Documento di economia e finanza (Def), pubblicato ad aprile, ha sovrastimato di ampi margini l'andamento del Pil negli anni successivi. Nel 2012, ad esempio, la stima per il 2013 era +0,5% ma il prodotto interno lordo alla fine è sceso dell'1,7%. La crescita è stata superiore alle previsioni formulate la primavera dell'anno precedente solo in due degli ultimi dieci anni. L'entità dello scostamento suggerisce che i modelli usati dall'esecutivo siano datati e "inutili", secondo l'ex dirigente del Tesoro ed ex banchiere centrale europeo Lorenzo Bini Smaghi. UN DURO CONFRONTO Anche il Fondo monetario internazionale e la Commissione europea sbagliano le previsioni, ma meno dell'Italia. "I modelli usati per l'Italia non sembrano capaci di catturare l'erosione della crescita potenziale dovuta all'invecchiamento della popolazione, al mancato aumento della produttività e alla minore capacità di competere in uno scenario globalizzato", dice Bini Smaghi a Reuters. Sovrastimare le prospettive di crescita è un modo per non fare i conti con la necessità di fare le riforme, aggiunge. I cinque Def pubblicati tra 2011 e 2015 hanno previsto una crescita cumulata di 5,8 punti percentuali tra 2012 e 2016, mentre le serie storiche di Istat mostrano una contrazione di 2,9 punti, includendo le ultime proiezioni del governo per il 2016. La differenza è di 8,7 punti. Nello stesso periodo la crescita tedesca è stata inferiore di 2,7 punti rispetto alle stime ufficiali e di 4,3 punti quella francese. La Spagna, che al pari dell'Italia ha dovuto fronteggiare la crisi dei debiti sovrani, ha avuto una crescita di 4,8 punti inferiore alle proiezioni, ma ha battuto le stime del governo per ben due volte negli ultimi tre anni. Un portavoce del Tesoro osserva che le stime di crescita vengono sempre riviste in autunno e risultano poi più precise. Nel caso del 2017, il +1% è superiore di soli 0,2 punti alla media delle indicazioni dei principali previsori. Tuttavia, anche usando le stime d'autunno emerge che nel periodo 2012-2016 il Pil ha avuto una dinamica inferiore di 6,5 punti rispetto alle previsioni, uno scostamento molto più grande di quel che si osserva in Germania, Francia e Spagna con le proiezioni fatte ad aprile. CHE IMPATTO HANNO LE RIFORME? Stefania Tomasini, economista di Prometeia, dice che i modelli previsivi italiani probabilmente sottostimano i danni strutturali causati dalla recessione "ed esagerano la nostra capacità di riprenderci". "Assumiamo che l'Italia possa crescere vicino ai livelli del resto dell'Eurozona ma non accade mai", aggiunge. Gli obiettivi mancati hanno ovvie conseguenze sul bilancio pubblico, non solo perché una minor crescita implica minori entrate, ma anche perché deficit e debito sono espressi in percentuali del Pil. Dunque anche la dinamica dell'indebitamento tende a rivelarsi meno favorevole del previsto. Di anno in anno i vari Def stimano che le riforme avranno un impatto positivo sulla crescita ma questo finora non sembra essere accaduto, anche se si può ipotizzare che la dinamica del Pil sarebbe stata ancora più deludente in assenza dei passati interventi strutturali. Un esempio: il Def del 2013 stimava che la riforma del mercato del lavoro targata Mario Monti ed Elsa Fornero, in tandem con le liberalizzazioni, avrebbe aumentato il Pil entro il 2015 di 1,6 punti percentuali. Il prodotto interno lordo è invece sceso dell'1,7% nel 2013, è salito dello 0,1 nel 2014 e dello 0,7% nel 2015. Secondo la Banca d'Italia l'economia italiana sarebbe tornata in recessione nel 2015 se non fosse stato per il Quantitative easing, la politica monetaria espansiva della Banca centrale europea (Bce), che ha ridotto i tassi di interesse. Si è autorizzati a pensare che la legge Fornero sia stata inefficace se Renzi ha ritenuto opportuno fare un'ulteriore riforma nel 2015: il Jobs act. Ora la Nota di aggiornamento al Def, diffusa da Renzi il 27 settembre, sostiene che il Pil migliorerà a 1% da un tendenziale di 0,6% grazie all'apporto delle riforme e degli stimoli fiscali. - Hanno collaborato Michael Nienaber da Berlino, Leigh Thomas da Parigi e Sarah White da Madrid Sul sito www.reuters.com altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia