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Banca Etruria, lauree finte ai clineti per vendergli i bond

Assegnati titoli di studio finti per poter alzare il profilo di rischio

I dipendenti di Banca Etruria erano chiamati a vendere e, per farlo, dovevano essere pronti a tutti, anche a taroccare i titoli di studio dei clienti. Come la signora Pina F. che, 90enne e con la terza elementare, nel questionario Mifid risultava in possesso di un "diploma superiore": questo requisito le ha permesso di investire 40.000 euro in subordinate. O come il signor Francesco S., 42 anni, che non ha mai visto un'aula universitaria, ma nel questionario risulta laureato.

A svelare questi dati, riportati da La Repubblica, è Chiara Rubbiani di Federconsumatori. Giorni fa ha iniziato a esaminare nel dettaglio le pratiche di 1.300 investitori coinvolti nel disastro Banca Etruria. "Quaranta persone ci hanno portato la documentazione che Banca Etruria ha fornito loro", racconta Rubbiani "e nella quasi totalità dei casi il Mifid è stato compilato dai funzionari con dati che non corrispondono a quelli reali".

Il Mifid è un acronimo che sta per "Market in financial instrumets directive" e rimanda alla direttiva europea che disciplina la vendita dei prodotti finanziari. La sua compilazione fornisce agli istituti di credito la certezza che il cliente abbia recepito e compreso i rischi a cui va incontro investendo i propri soldi in determinati prodotti. Tuttavia la scarsa alfabetizzazione finanziaria dei clienti di Banca Etruria ha fatto sì che questi documenti fossero quasi sempre gli impiegati di banca a compilarli, portando alla formulazione di affermazioni davvero bizzarre, come quella di un pensionato 93enne che ha sottoscritto la dichiarazione in cui afferma di non aver bisogno dei suldi investiti per i successivi 10 anni.

C'è anche chi il modulo non l'ha mai visto, pur avendo invenstito 13.000 euro nel 2013: la filiale aveva detto che il rischio era basso. Poi, quando questo investitore ha provato a sbarazzarsi del titolo, gli impiegati hanno iniziato a fargli domande sul titolo scolastico. Mentre si spulciano documenti, la domanda nasce spontanea: chi c'è dietro questa truffa? La riposta la sta cercando la procura di Arezzo.