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Banche italiane: le migliori e le peggiori del 2016

Il 2016 sarà ricordato, in Italia, per la crisi di Mps (BSE: MPSLTD.BO - notizie) , una crisi che, in realtà, è esplosa in queste settimane ma che era presente nell’istituto già da diverso tempo.

Un panorama difficile

In realtà un po’ tutto il sistema di credito tricolore era sotto osservazione già da diversi mesi a causa dei nuovi parametri imposti dalla Bce (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) e soprattutto dai nuovi target sulla redditività in vista degli stress test.Come se ciò non bastasse, le 4 banche salvate a fine 2015 con tutte le conseguenze del caso, potevano essere interpretate come la spia di un sistema che aveva, ed ha tuttora, più di una falla e più di un’incertezza alla sua base. Un nome su tutti: Npl, non performing loans o, se si preferisce, crediti in sofferenza, il macigno più grave e quello più difficile da gestire. Ma le banche non sono state protagoniste solo con il colosso senese: la fusione tra Bpm (Other OTC: BPMI - notizie) e BP, primo matrimonio di una serie di nuove fusioni per il momento congelate, è stata contrassegnata da più di un patema d’animo e più di un’incognita.

Ad ogni modo, in questo panorama ancora confuso, fioccano le liste delle banche migliori e di quelle peggiori. Il primo parametro usato per misurarne la forza, è il Common Equity Tier 1 (meglio conosciuto come Cet1) che calcola il rapporto tra capitale e attività impiegate. Stando alla ricostruzione di Panorama, i nomi che possono vantare un risultato rassicurante, ci sono Fineco (Cet1 al 23,4%), con un utile netto che nei primi 9 mesi dell’anno è stato di di 162 milioni di euro e ricavi per 420,7 milioni, in aumento rispettivamente del 9,9% e del 3,3% rispetto ai tre trimestri del 2015. Sorpresa per il Banco di Sardegna che, invece, vanta un rapporto del 28,74%.

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Le migliori e le peggiori

Sul podio anche Mediolanum (Amsterdam: 976622.AS - notizie) che, sempre stando alla classifica dei primi tre trimestri del 2016, ha potuto puntare a un Cet1 ratio del 20,4%. Sempre sulle due cifre ma con un risultato distanziato, si presenta Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking che registra un Cet1 al 16,4%, di poco inferiore al 15,3 di Banca Generali. Sul fronte opposto, invece e cioè tra le peggiori, senza voler guardare agli eccessi di Deutsche Bank (IOB: 0H7D.IL - notizie) definita dal FMI addirittura come la più grave minaccia per il sistema finanziario globale, ma restando all’interno di casa nostra, oltre al tanto discusso caso Mps e alla sua ricapitalizzazione passata dagli iniziali 5 miliardi agli attuali 8,8 per volontà dei nuovi calcoli della Bce, al secondo posto, sempre stando a quanto raccolto da Panorama, c’è la Popolare di Vicenza la quale sul fronte dell’azionario “vanta” una perdita del 99% del valore. Tradotto in numeri si parla di titoli che da 62 euro sono arrivati a valere circa 10 centesimi. Il nodo gordiano della crisi è stata una ricapitalizzazione che nessuno ha sottoscritto, lo stesso problema che ha afflitto l’altra Cenerentola, Veneto Banca la quale ha dovuto prendere coscienza di un processo di risanamento che, oltre ad andare ben più in là delle iniziali tempistiche, è stato supportato solo per l’1% del totale costringendo perciò all’entrata in scena del Fondo Atlante, il fondo sottoscritto dalle banche italiane e che già in precedenza aveva visto un intervento anche sulla Popolare di Vicenza. Impossibile poi, non citare le altre protagoniste in negativo, quel poker di istituti che sono stati salvati alla fine del 2015 creando un caso nazionale tra i risparmiatori: Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara. Il gruppo ha potuto usufruire di una strategie di risanamento che ha permesso di dividere le attività sane da quelle pericolose a loro volta confluite in una bad bank; nonostante questo, però, l’appetibilità delle nuove banche rinate non è aumentata ed infatti solo dopo diversi mesi si è riusciti a trovare in ubi un possibile acquirente. Ma anche in questo caso l’operazione non salverà tutte e 4: CariFerrara, infatti, resterà fuori.

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