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Bankitalia, che c'entrano le monetine?

Vari lettori si sono stupiti leggendo, in uno degli ultimi post, che le monete metalliche sono incluse del computo del debito pubblico, anche e soprattutto ai fini del Patto di Stabilità e Crescita nonchè del Fiscal Compact.

Il controvalore delle monete metalliche coniate in Italia è modesto (4-5 miliardi circa) rispetto all’ammontare complessivo del debito pubblico lordo (2.290 miliardi al 31 ottobre 2017). Però non è irrilevante in cifra assoluta.

E vale la pena di soffermarsi sull’argomento anche perché la Banca d’Italia, nel documento ampiamente commentato qui, ha espresso l’opinione che la Moneta Fiscale “sulla base delle norme statistiche in vigore” e “come già avviene per le monete metalliche” andrebbe inclusa “tra gli strumenti che concorrono a formare il debito pubblico” il che la renderebbe soggetta “alle regole del Patto di Stabilità e Crescita”.

En passant, quella di Banca d’Italia è un’opinione. Legittima come qualsiasi altra, ma niente più che un’opinione, perché le “norme statistiche” non sono sua materia di competenza: valgono i regolamenti Eurostat che a loro volta si rifanno ai principi contabili internazionali.

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E i principi contabili internazionali sono chiarissimi: un titolo che dà diritto a uno sconto non è un debito.

Non sorprende quindi che la Banca d’Italia abbia formulato la sua affermazione ma non sia stata in grado di supportarla con alcun riferimento normativo: il motivo è che, semplicemente, non ne esistono.

La Banca d’Italia si limita, appunto, a citare il caso delle monete metalliche. Riferimento estremamente vago, in quanto sfugge il motivo per cui il trattamento contabile di un diritto di sconto dovrebbe essere equiparato a quello degli spiccioli.

Ad ogni modo, sul tema monete metalliche vale quanto stabilito da un corposo documento dal titolo “ESA 2010” (dove ESA sta per European System of Accounts) che alle pagine 134-135 ci fa sapere quanto segue.

“Box (Francoforte: 3BX.F - notizie) 5.2 – Currency issued by the Eurosystem

B5.2.1. Euro banknotes and coins issued by the Eurosystem are the domestic currency of the Member States in the euro area. Although treated as domestic currency, holdings of euro currency by residents of each partecipating Member State are liabilities of the resident national central bank only to the extent of its notional share in the total issue, based on its share in the capital of the ECB. A consequence is that, in the euro area, from a national perspective, part of residents’ holdings of domestic currency may be a financial claim on non-residents.

B.5.2.2. Currency issued by the Eurosystem includes notes and coins. Notes are issued by the Eurosystem: coins are issued by central governments in the euro area, although, by convention, they are treated as liabilities of the national central banks which as a counterpart hold a notional claim on general government. Euro banknotes and coins may be held by euro area residents or by non-residents of the euro area”.

Il passaggio chiave si trova in B.5.2.2.: l’emissione di monete metalliche (al contrario di quella delle banconote) è effettuata dagli Stati Membri e non dalle banche centrali, ma “per convenzione” le monete metalliche sono trattate come passività delle banche centrali medesime, che a fronte di tale passività vantano un diritto nei confronti dei rispettivi governi.

In pratica, le monete metalliche sono un debito (dello Stato che le conia) in quanto la loro produzione è possibile a seguito di una concessione da parte del Sistema Europeo delle Banche Centrale (SEBC, o Eurosystem).

Va notato che ESA 2010 sente la necessità di precisare che tutto ciò è una “convenzione”. Quasi un’excusatio non petita, piuttosto sorprendente all’interno di un testo regolamentare. In effetti è un trattamento contabile discutibile, perché le monete metalliche non sono un debito di cui possa essere richiesta la restituzione da parte di chi ha concesso la facoltà di conio (il SEBC).

In ogni caso, nulla di tutto ciò è applicabile alla Moneta Fiscale e ai CCF. L’emissione in questo caso non avviene per concessione del SEBC, o di qualsiasi altra entità diversa dallo Stato emittente. Lo Stato la esercita nell’ambito della definizione delle sue politiche fiscali. E vale il principio che, trattandosi di non-payable tax credits, di sconti a utilizzabilità futura, non c'è alcun effetto sul debito al momento dell'emissione.

Autore: Marco Cattaneo Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online