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Bankitalia, Senato riduce tetto quote a 3 da 5%

ROMA (Reuters) - Banche, compagnie di assicurazione e fondi pensione non potranno possedere, direttamente o indirettamente, quote superiori al 3% del capitale di Bankitalia. Confermando l'orientamento delle commissioni Bilancio e Finanze, l'aula del Senato ha ridotto il tetto al possesso dei titoli partecipativi, indicato al 5% nel testo del decreto legge che il Consiglio dei ministri ha approvato il 27 novembre. Le quote possono appartenere "solamente" a "banche aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; imprese di assicurazione e riassicurazione aventi sede legale e amministrazione centrale in Italia; enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia e fondi pensione". Nel caso in cui i cosiddetti 'quotisti' dovessero perdere il requisito dell'italianità, "si dovrà procedere alla vendita delle quote". Con il decreto, il governo ha autorizzato la Banca d'Italia a rivalutare le quote da 156.000 a 7,5 miliardi di euro. Il 23 dicembre l'assemblea di Via Nazionale ha adeguato il proprio statuto alla nuova governance. CONSIGLIO SUPERIORE MANTIENE POTERE DI VETO SU AZIONISTI Il Senato ha approvato un emendamento del governo per sancire che il nuovo statuto ha effetto dal bilancio 2013 di Bankitalia. Rendendo le quote un titolo negoziabile, il governo vuole aprire il capitale di Bankitalia a nuovi investitori. Al termine di un periodo transitorio che non potrà superare i 36 mesi, Via Nazionale diventerà una specie di public company. Bankitalia potrà acquisire temporaneamente le proprie quote per favorire il processo. I quotisti che superano il limite del 3% sono Intesa San Paolo (42,42%), Unicredit (22,11%), Generali (6,33%), Inps (5%) e Banca Carige (4,03%). Il decreto, nella versione licenziata da Palazzo Chigi, ha abrogato la clausola di gradimento sull'ingresso dei nuovi soci. Il Senato l'ha nei fatti ripristinata. Il consiglio superiore della Banca d'Italia dovrà infatti verificare la "ricorrenza dei requisiti di onorabilità in campo agli esponenti e alla compagine sociale dei soggetti acquirenti, con riferimento ai rispettivi ordinamenti di appartenenza". "Ove tali requisiti non fossero soddisfatti, il consiglio annulla la cessione delle quote", prevede un emendamento approvato dall'aula.