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BREAKING VIEWS - Cina, yuan più debole non è panacea per imprese

Operatori a lavoro. REUTERS/Brendan McDermid (Reuters)

di Rachel Morarjee PECHINO (Reuters) - Uno yuan più debole non sarebbe una panacea per l'impresa Cina. Il recente calo della valuta nazionale nei confronti del dollaro ha rinnovato i timori che Pechino possa utilizzare il cambio come strumento per ottenere un vantaggio competitivo sui concorrenti, forse anche facendo ricorso a una vera e propria svalutazione. Qualcuno vincerebbe, qualcuno perderebbe. Ma tale misura non farebbe poi molto per l'economia reale. L'export, infatti, contribuisce meno che in passato alla crescita cinese. Certo, alcune imprese festeggerebbero. I produttori di macchinari e le società di trasporto navale che vengono pagate in dollari dai clienti riceverebbero il beneficio maggiore. Per esempio, un deprezzamento del 15% dello yuan aumenterebbe del 38% l'utile operativo di China Machinering Engineering e del 23% quello di Cosco, secondo quanto stimato dagli analisti di Morgan Stanley ad agosto. Ma la maggior parte delle società esportatrici non riuscirebbe a godere di chiari vantaggi. Per molte, infatti, i benefici sarebbero pressocchè annullati dall'aumento dei costi per acquistare materie prime e componenti. Dopotutto, uno yuan forte ha permesso alle imprese di pagare meno i microchip giapponesi. Anche le compagnie aeree, che acquistano carburante e veivoli in dollari e vendono biglietti in renminbi, sarebbero penalizzate. Svantaggi infine si configurerebbero per le aziende che hanno contratto debiti in dollari, come le società di costruzioni, tipo Soho China. Nell'insieme, l'impatto sulla maggior parte delle società quotate sarebbe limitato, perché costi e ricavi sono per la maggior parte in yuan. Lo stesso vale per le società cinesi non quotate. La recente crescita dell'economia cinese è legata più alla costruzione di quartieri grattacielo, autostrade, aeroporti e così via, che alla vendita di prodotti al resto del mondo. Le esportazioni rappresentavano il 36% del Pil nel 2006 ma appena il 23% del Pil nel 2014, secondo la Banca Mondiale. Questo non significa che le autorità di Pechino non gradirebbero uno yuan ancora più debole. Ma il vantaggio maggiore deriverebbe dal preservare la capacità di tagliare i tassi di interesse, piuttosto che dal dare impulso a un export in rallentamento. Le imprese cinesi più indebitate, infatti, hanno visto schizzare al rialzo i tassi reali, per effetto della caduta dei prezzi a sua volta innescata dall'eccesso di capacità produttiva. Uno yuan più debole darebbe alla banca centrale cinese più margini per andare in loro soccorso. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia