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Brutto clima. Dopo lo sgarbo di Biden, tensioni Ue-Usa complicano dossier urgenti

World leaders are displayed on a screen in the East Room of the White House during the virtual Leaders Summit on Climate in Washington, DC, USA, 23 April 2021. The meeting is intended to underline the urgency and economic benefits of stronger climate action on the road to the United Nations Climate Change Conference (COP26) in Glasgow in November 2021 (Photo: ANNA MONEYMAKER EPA)

Nella lotta ai cambiamenti climatici, “l’Ue ha stabilito una tabella di marcia chiara e invita gli altri a farlo. Insieme diamo impulso all’Alleanza per la riduzione del metano”, ma “i nostri partner devono intensificare i finanziamenti per il clima”.

Ursula von der Leyen ci prende gusto a dare una tiratina d’orecchie a Joe Biden, al ‘Major Economies Forum on Energy and Climate’ organizzato dal presidente Usa. Gli Stati Uniti contano di ridurre le emissioni di Co2 del 50-52 per cento entro il 2030, contro il 55 per cento che è l’obiettivo europeo. Ma oggi il punto non è solo questo. C’è che il clima è in cima ai dossier più urgenti da definire, anche in vista della Cop26 di novembre in Scozia, che rischia di essere “un fallimento”, si allarma il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. Ma nel mondo non c’è un clima di collaborazione tra le super-potenze che inquinano di più. Non c’è nemmeno tra Ue e Usa, soprattutto dopo lo sgarbo di ieri da parte di Biden su Aukus.

La scia delle fibrillazioni diplomatiche intorno all’alleanza inaugurata ieri dagli Usa con Gran Bretagna e Australia in funzione anti-cinese è così profonda e pericolosa da restare sotto traccia. Fosse agitata, si rischierebbe davvero di dichiarare la fine della Nato. I francesi, colpiti al cuore dalla decisione di Canberra di stracciare il contratto con Parigi per la produzione di sottomarini per mettersi d’accordo con Washington e Londra, sono gli unici a inveire pesantemente contro gli alleati d’oltreoceano. Angela Merkel “prende atto”. Sergio Mattarella proprio oggi ribadisce: “Oggi è necessaria un’Europa forte, unita e coraggiosa, per una Nato più efficiente”.

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Al netto dei non-detti, il clima di diffidenza europea nei confronti di Washington è palpabile. L’affare Aukus arriva a valle di altri ‘sgarbi’, diciamo così.

Lo scorso inverno, quando l’Unione smaniava per avere vaccini anti-Covid, Stati Uniti e Gran Bretagna bloccarono l’export di sieri o di componenti per produrli. Poi sono arrivati gli altri contratti con l’americana Pfizer, ma solo quando il programma di vaccinazione negli Usa era a buon punto. A giugno, il vertice Ue-Usa a Bruxelles, con Biden per la prima volta in Europa, è stato celebrato con un accordo storico che però sa di tregua e non di pace: la sospensione per 5 anni dei dazi imposti da entrambe le sponde dell’Atlantico su prodotti agricoli, alimentari e chimici, in seguito alla querelle Airbus/Boeing. Fu sufficiente per rilanciare - a parole - l’Alleanza Atlantica dopo gli anni di Trump e riaccogliere l’amico americano nel club del G7, in Cornovaglia.

Era l’inizio dell’estate. Già a luglio qualcosa si è incrinato. Poco prima della pausa estiva, la presidente della Commissione Europea ha lanciato un appello verso Washington affinchè fossero eliminate le restrizioni anti-covid per i vaccinati europei che volessero andare in vacanza negli Usa. L’Ue l’aveva già fatto per accogliere i turisti americani. Niente, appello caduto nel vuoto, nessuna reciprocità.

Ma è l’approssimarsi dell’autunno a segnare la fine delle illusioni europee.

Biden non è Trump, ma su Aukus si è comportato “come Trump”: il ministro francese Le Drian non è andato per il sottile, mettendo fuori un po’ della delusione che già covava da agosto, quando gli europei si sono ritrovati di fronte ad un ritiro dall’Afghanistan di cui sapevano, sì, ma non nei dettagli. Soprattutto, non nei dettagli del caos che ha generato. Fino ad allora avevano vissuto sulla garanzia statunitense che i tempi erano maturi per lasciare l’Afghanistan senza rischi. Solo i tedeschi, a inizio 2021, hanno provato a rallentare i tempi dell’operazione, preoccupati dalle conseguenze. Ma gli Usa di Biden hanno confermato le tempistiche previste da Trump: via da lì perché il baricentro del mondo ora sta da un’altra parte, l’Indo-Pacifico appunto, nella sua funzione strategica anti-cinese, da qui Aukus con Gran Bretagna - che invierà navi che resteranno nell’area per i prossimi 5 anni - e Australia, cui potranno aggiungersi Singapore, Giappone.

Ora, in questo crogiolo di tensioni condito da un intensificarsi di dibattiti pubblici sulla nuova corsa agli armamenti, Ue, Usa e le altre super-potenze dovrebbero affrontare insieme il dossier clima. Si allarma anche Mario Draghi. “Con l’accordo di Parigi ci siamo impegnati a contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. La maggior parte dei nostri paesi ha rinnovato questo impegno nelle recenti riunioni del G20 - dice il premier in un videomessaggio al forum promosso da Biden - Tuttavia, dobbiamo essere onesti nei confronti di noi stessi: stiamo venendo meno a questa promessa. Se continuiamo con le politiche attuali, raggiungeremo quasi 3 gradi di riscaldamento globale entro la fine del secolo” con “conseguenze catastrofiche”.

“Dobbiamo agire e dobbiamo agire ora contro il cambiamento climatico”, concorda Biden, definendo il recente rapporto Onu sul clima “un codice rosso per l’umanità”. Ma certo la sua presidenza non sta creando un clima da ‘We are the world’, che sarebbe magari mieloso ma certamente funzionale alle decisioni che servono al pianeta. Per non parlare della Cina, fonte principale di emissioni al mondo. Se gli Usa hanno obiettivi meno ambiziosi dell’Ue con i piani di riduzione dei gas serra, Pechino non ha nemmeno presentato un nuovo piano climatico nazionale. Non lo hanno fatto nemmeno l’India, la Turchia, l’Arabia Saudita.

Cop26 rischia di essere un buco nell’acqua, in un mondo che pare impostato sul conflitto. In questo brutto clima, chissà che fine faranno le trattative tra Ue e Washington che entro fine anno dovrebbero trovare un accordo per eliminare i dazi su acciaio e alluminio decisi da Trump.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.