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Btp incerto, Bund volatile e la polpa resta fra gli emergenti

Sì, è vero: qualcosa timidamente si sta rimettendo in moto nel grande pentolone dei titoli di Stato. Il Btp Long Term Future si conferma all’interno di un canale ribassista iniziato a metà agosto e si colloca ormai sul supporto dei 140,7 punti, non troppo lontano dai massimi di inizio settembre (quasi 4 punti sotto) ma con la rottura al ribasso della media mobile a 100 periodi, il che non avveniva da tempo. L’Euro Bund Future si attesta intanto in una fase di trend ondulatorio, che trova un minimo sui 163 punti e un massimo fra i 165,5 e i 166. In questo caso la media mobile a 100 sedute lotta strenuamente con il valore dell’indice. Movimenti simili per il TNote Future 10 years statunitense, collocato sui 130,3 e con un supporto ben definito sui 128 punti, sebbene la media mobile a 100 gli sia stabilmente sopra fin da inizio ottobre. In sintesi si ha una chiara avvisaglia che i rialzi delle quotazioni – proseguiti per tanto tempo – hanno trovato dei punti di arrivo, oltre i quali si potrebbe andare solo in presenza di tensioni anomale.

Due segnali strani

Il quadro è apparentemente scontato, ma in realtà – come sempre avviene – altri numeri rendono un po’ meno comprensibili i movimenti delle ultime settimane. Negli Usa il Vix sul 10 years Treasury, indicatore chiave del sentiment dei mercati, è tornato di colpo sui minimi assoluti sotto i 4 punti, dove l’analisi storica non indica un livello di inesorabile conseguente rimbalzo, come avviene invece per il Vix azionario, sebbene su scale diverse. Ciò può essere letto come un segnale di incertezza dei mercati sulle evoluzioni future dei tassi Fed? Certamente sì. Inatteso invece il netto movimento al rialzo degli indici dei bond governativi sull’inflazione, tornati ai massimi dopo mesi di indecisione. In questo caso l’avviso è chiaro: il costo della vita riparte un po’, ma non così tanto da provocare un balzo generalizzato dei tassi.

Rendimenti negativi: booh!

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La domanda vera, che ci si pone, è se realmente i movimenti all’insù dei rendimenti della seconda settimana di ottobre per i decennali più solidi siano confermati oppure no. I grafici dimostrano che si è in una fase di titubanza totale: la Germania ha chiuso venerdì al -0,002%; la Svizzera al -0,50%, con un ribasso rispetto ai giorni precedenti, ma in un trend di minimi successivi rialzisti da inizio luglio; il Giappone è pure tornato vicino a quota zero; l’European Financial Stability Facility è l’unico a confermarsi invece con un netto segno meno (-0,40%), dovuto però al suo ruolo prettamente istituzionale. I segnali dicono quindi che l’epoca dei tassi negativi tenta di dissolversi, ancora una volta comunque nella più totale esitazione.

Rendimenti - quando positivi - all’insù

Eppure qualcosa si muove. Alcuni decennali già con il segno più riferiti a Paesi importanti cominciano a presentare interessanti rialzi dei rendimenti. Per esempio l’Australia è risalita al 2,3%, lasciandosi decisamente alle spalle il livello medio degli ultimi mesi all’1,9%, il Canada torna sopra l’1%, pur con tanta volatilità, e il Messico rimbalza oltre il 6%. Un confronto a 360° conferma che se gli emittenti nobili tendono a stabilizzarsi verso la quota 0%, quelli in qualche modo legati alle commodities ritrovano un po’ di sprint nei loro rendimenti comunque positivi e i Paesi emergenti restano su livelli altissimi (il Brasile all’11,2%, l’India al 6,8%, la Russia all’8,3% e il Sud Africa all’8,8%). La polpa resta in tale ambito, anche perché se i movimenti di Germania e compagni sono talvolta repentini in percentuale ma molto meno in valore assoluto, sul fronte “emerging” è inevitabilmente l’opposto. Meglio quindi sfruttare le occasioni di questi ultimi, grazie alle non poche emissioni dell’area, disponibili sulle piattaforme di trading di casa nostra.

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