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Calma piatta e top in corso

Nell’outlook per la seconda parte dell’anno, il Fondo Monetario Internazionale, pur notando i progressi economici fatti in Europa, paventa una correzione dei mercati che potrebbe smorzare la crescita e la fiducia. Ricche valutazioni e bassa volatilità in un contesto di alta incertezza politica aumentano le probabilità di una correzione dei mercati, sostiene il FMI, con un occhio puntato agli Stati Uniti. Nelle previsioni di crescita mondiale, che il FMI rivede al rialzo dal 3.2% del 2016 al 3.5% per il 2017 e al 3.6% nel 2018, gli Stati Uniti potrebbero crescere meno del previsto: 2.1% nel 2017, anziché 2.3%, e 2.1% anche nel 2018, anziché 2.5% come precedentemente previsto.

Le vendite al dettaglio negli Stati Uniti, in crescita del 3% rispetto a un anno fa, sono però calate di -0.2% nel mese di giugno rispetto a maggio.

L’inflazione è salita dell’1.6% negli ultimi 12 mesi, ma è in forte discesa da febbraio +2.7%.

La fiducia dei consumatori americani è aumentata del 3% rispetto a un anno fa, ma ha frenato del 2.1% nel mese di luglio 2017 rispetto a giugno.

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Il PIL USA è salito del 2.6% nel secondo trimestre 2017, in linea con le attese, mentre il PIL del primo trimestre è stato rivisto al ribasso dall’1.4% all’1.2%. Crollato l’indice dei prezzi PCE (Personal Consumption Expenditure), rivisto al ribasso dall’1.8% del primo trimestre allo 0.9%. I redditi personali sono saliti di 118 miliardi di dollari, circa la metà del primo trimestre, 217 miliardi di dollari, riflettendo una decelerazione dei salari e dei sussidi governativi.

Nonostante dati più deboli del previsto, la Federal Reserve in poco più di sei mesi ha alzato i tassi d’interesse ben tre volte (15 dicembre 2016, 16 marzo 2017, 15 giugno 2017), portandoli dallo 0.25%-0.50% all’1-1.25% attuale. Nell’ultima riunione del 26 di luglio non ha toccato i tassi, ma ha annunciato di iniziare a ridurre il suo enorme portafoglio titoli “relativamente presto”.

In Europa, il prodotto interno lordo dell’area euro è cresciuto dello 0.6% nel secondo trimestre 2017 e del 2.1% rispetto al secondo trimestre 2016.

La disoccupazione europea, al 9.1% in giugno 2017, è scesa ai minimi degli ultimi 8 anni, mentre l’inflazione core (al netto di alimentari ed energia) è balzata all’1.3% in luglio, massimi dal 2013.

La BCE ha rivisto al rialzo le previsioni economiche per l’eurozona, che dovrebbe crescere dell’1.9% nel 2017.

Dati che farebbero pensare a un prossimo annuncio di tapering (riduzione degli stimoli monetari) anche da parte della BCE (Toronto: BCE-PRA.TO - notizie) , se non fosse per il debito governativo in continuo aumento e per i salari che stentano a crescere. Il debito governativo dell’area euro è salito all’89.5% del prodotto interno lordo.

OPERATIVAMENTE E PER CONCLUDERE

Dall’annuncio del whatever it takes di Draghi, hanno fatto notare gli analisti di Deutsche Bank (IOB: 0H7D.IL - notizie) , l’area euro è cresciuta di un ammontare pari alle azioni della BCE, 1.2 trilioni di euro. Coincidenza da Codice da Vinci (Londra: 0NQM.L - notizie) , negli ultimi 5 anni il PIL dell’eurozona è cresciuto di 1.2 trilioni, il bilancio della BCE è cresciuto di 1.2 trilioni, il bilancio della FED è cresciuto di 1.2 trilioni e la capitalizzazione combinata dei FANG Stock (Facebook (NasdaqGS: FB - notizie) , Amazon, Netflix (Xetra: 552484 - notizie) e Alphabet (Xetra: ABEA.DE - notizie) ) è balzata di 1.2 trilioni.

Cosa accadrebbe dunque se la BCE riducesse gli acquisti di Titoli e la FED iniziasse a riversarne sul mercato, come ha intenzione di fare?

Alan Greenspan sostiene che la bolla non è sul mercato azionario, ma sul mercato dei bond e quando scoppierà saranno dolori per tutti. Il leggendario ex governatore della Fed dice che i tassi reali di lungo termine sono troppo bassi sotto ogni punto di vista e quindi insostenibili. Quando si muoveranno al rialzo, lo faranno velocemente e questo non è scontato dal mercato.

In beffa al definitivo affossamento della riforma dell’Obamacare, all’intemperanza di Trump che ha licenziato Scaramucci, il settimo membro del suo staff licenziato in sei mesi di governo, firmato nuove sanzioni contro la Russia e minacciato prossime azioni commerciali contro la Cina, e incuranti dell’incertezza della politica monetaria, i mercati scontano calma piatta. Il VIX, indice di volatilità sull’indice S&P500, ora a 10.2, ha toccato un nuovo minimo storico settimana scorsa, a 8.84, segnalando massima compiacenza e tranquillità. Le trimestrali sono state mediamente migliori delle attese e sostengono, insieme ai buy back, le quotazioni, ma anche questo è già nei prezzi.

In settembre, gli USA si troveranno di nuovo a fare i conti con il tetto del debito, che il 23 settembre dovrà essere innalzato, con la riforma fiscale, con la Fed che inizierà a ridurre i titoli in portafoglio e la BCE che forse parlerà di tapering. Tanta benzina sul fuoco che riaccenderà la volatilità, sempre che prima non succedano altri imprevisti.

Suggeriamo la massima prudenza in vista dell’estate e di approfittare di prezzi alti per vendere, sia sui mercati azionari, sia sui bond.

Lo sbilanciamento eccessivo degli investitori in un’unica direzione è terreno fertile per brusche inversioni di tendenza, come è accaduto sul cambio euro/dollaro USA volato da 1.03 a 1.18 in poche settimane, dopo che per mesi tutti invocavano la parità. Inutile chiedersi quale sarà la goccia che farà traboccare il vaso.

Rimaniamo piuttosto positivi sul settore petrolifero in vista di prossime azioni dell’OPEC e vediamo il recente apprezzamento dell’euro come un’opportunità per diversificare gradualmente in valute a tassi d’interesse più elevati, ora a prezzi più convenienti.

Per chi si sente di azzardare di più, la volatilità sui minimi suggerisce graduali acquisti di put out-of-the-money sugli indici americani e sul Dax, con scadenze settembre ottobre.

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