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Cigni grigi

Sdoganate le elezioni olandesi, il Nexit si è improvvisamente polverizzato. Stando al commento mediatico internazionale, Mark Rutte avrebbe vinto su tutto e tutti. Che abbia vinto non vi sono dubbi, che tuttavia questo possa essere considerato un risultato che faccia stato fra le parti, appare invece molto più dubbioso. Il suo VVD (Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia) è il primo partito dei Paesi Bassi con 33 seggi su un totale di 150. Invece Geert Wilders con il suo PVV (Partito per la Libertà) che tanto faceva paura si è dovuto accontentare solo (si fa per dire) di 19 seggi. Analizzata così sembrerebbe che Rutte abbia smorzato tutta l’enfasi e la carica mediatica che caratterizzava la retorica di Wilders, considerato come uno dei leader politici cattivi in Europa, un altro populista, xenofobo e nazionalista che si affianca a Salvini, Farage, Le Pen (Other OTC: PENC - notizie) , Orban, Petry e cosi via, almeno questo è quello che ci dicono i media pro-establishment. Se analizziamo invece il risultato olandese con un approccio non convenzionale scopriamo che Rutte ha perduto quasi dieci seggi, passando da 41 agli attuali 33, mentre Wilders ha incrementato notevolmente il suo consenso passando dai 4 agli attuali 19. Quindi sostanzialmente possiamo dire che il pericolo (cosi lo chiamano) populista è tutt’altro che soluzionato: caso mai è spostato in avanti a fronte della perdita di consenso di uno e gradimento in ascesa dell’altro. In Olanda, in ogni caso, il primo partito è un partito di destra liberale ed il secondo di destra sociale (solo il giornalismo bieco lo definisce volontariamente di destra xenofoba).

Il mese innanzi sarà monopolizzato mediaticamente dalla corsa all’Eliseo. In tal senso è opportuno iniziare a fare alcune considerazioni a fronte del voto olandese. Gli operatori del risparmio gestito rimangono e rimarranno per la maggior parte alla finestra, nel senso che almeno in Europa non verranno implementate significative strategie di investimento direzionali. La moltitudine degli operatori non è propensa a credere più ai sondaggi, soprattutto visto quanto accaduto negli ultimi mesi a spoglio avvenuto, pertanto appare plausibile aspettarsi una lateralizzazione del mercato, che già si intravede da alcune settimane. Si sta scontando quasi ovunque uno scenario idilliaco, soprattutto negli States, nel senso che si vuole credere che il peggio non possa succedere in quanto improbabile, ma tuttavia possibile. Su questa considerazione è stato da qualche mese coniato il termine in finanza internazionale di cigno grigio. Nassim Taleb ci ha insegnato nel 2007 il significato di cigno nero nei mercati finanziari all’interno dell’omonimo saggio bestseller: con questo termine, per chi non lo sapesse, si suole indicare un evento imprevisto (ed imprevedibile) di grande portata ed il cui impatto sconvolge lo status quo mondiale (esempio: gli attentati di 11/9 o il crash Lehman Brothers). Dalla fine dello scorso anno in vista di tutti gli appuntamenti elettorali in Europa si è iniziato a parlare di cigno grigio ossia un evento possibile ma poco probabile a cui alcuni operatori del risparmio gestito pensano di proteggersi per non subirne le conseguenze negativamente. Due tipici esempio di cigno grigio sono stati il voto inglese per la Brexit e l’elezione di Trump.

Entrambi venivano dati per poco probabili, tuttavia l’esito delle urne ha ribaltato le proiezioni. Da allora molte investment house hanno iniziato a pianificare le exit strategy per i prossimi cigni grigi. Le elezioni presidenziali francesi ad esempio rappresentano un cigno grigio, vale a dire che si è consapevoli che Marine Le Pen potrebbe essere il nuovo presidente francese anche se i sondaggi sembrano presupporre la vincita di Macron: pertanto è doveroso strutturare il patrimonio che si gestisce in modo che sia resiliente in caso di effettiva vittoria del leader del Fronte National. Le attuali proiezioni di intenzione di voto (per quello che valgono ancora) ipotizzano un ballottaggio finale il 7 Maggio tra Macron e Le Pen, con il primo in testa al 60% e quindi in teoria nuovo presidente di Francia. Se così sarà il lunedì 8 Maggio sulle borse europee arriverà un mare di liquidità visto che verrà considerato definitivamente archiviato il rischio di dissoluzione nell’area euro. Il voto francese infatti farà da propulsore in entrambi gli esiti: se vincerà la destra nazionalista del Fronte National allora anche gli altri paesi che andranno presto al voto (tra cui la possibile Italia) subiranno il fascino di questo desiderio di cambiamento effettivo, potendo schiaffeggiare finalmente a livello morale tutto l’apparato pro-establishment che sino ad oggi ha dettato l’agenda vitale in Europa. Se vincerà invece un candidato moderato come Macron tutte le mine si disinnescheranno da sole, ridimensionando la voce e il fascino del populismo moderno.

In ogni caso le successive quattro settimane saranno vitali per l’andamento futuro dei mercati finanziari: questa volta le autorità monetarie avranno pochi strumenti (tra quelli conosciuti) per tamponare un esito imprevisto – cigno grigio – ed a riguardo ricordiamo come ha non funzionato la famosa cabina di regia a protezione delle borse europee che ci avevano detto essere stata predisposta per difenderci dalla Brexit. Tuttavia l’esito del voto alle presidenziali non basterebbe a dare il colpo di grazie alla moneta unica come molti contenitori mediatici ci vogliono far credere, Marine Le Pen avrebbe bisogno anche del parlamento per approvare molti nuovi cambi di rotta per la politica economica della nazione e le elezioni per il ricambio del parlamento si terranno proprio quest’anno durante il mese di giugno (secondo turno previsto per il 18 Giugno). A quel punto l’opinione pubblica francese potrebbe essersi modificata significativamente qualora con le presidenziali vinte dal Fronte National si assisterebbe nei giorni successivi al voto ad un pesante sell-off sul mercato francese, soprattutto a scapito del mercato obbligazionario interno, mettendo in affanno le quotazioni degli OAT. La paura pertanto vissuta sui proprio portafogli potrebbe condizionare e modificare le intenzioni di voto dei francesi per le politiche di giugno, avendo visto il comportamento dei mercati e la poca fiducia indotta con dal nuovo presidente. In questo senso le aspettative di una Francia contro corrente potrebbero essere ridimensionate in presenza di un parlamento rinnovato in cui il Fronte National abbia un peso non allineato con il successo del mese precedente.

Autore: Eugenio Benetazzo Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online