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Cina, shopping in Italia continuerà dopo Pirelli

La sede di China National Chemical Corporation - o ChemChina - a Pechino, nel luglio 2009. REUTERS/Stringer (Reuters)

di Silvia Aloisi e Paola Arosio MILANO (Reuters) - Dopo anni di declino economico, l'Italia è diventata un terreno di caccia per le società cinesi desiderose di giocare un ruolo di primo piano e di prendere il controllo di marchi di valore, ma a corto di cassa come Pirelli. "I cinesi hanno il capitale, l'Italia ha i marchi, i prodotti e il know-how ma non soldi", dice un banchiere con diretta conoscenza del deal Pirelli. La società a controllo pubblico China National Chemical Corp (ChemChina) acquisirà il quinto produttore mondiale di pneumatici con un deal da 7,1 miliardi di euro, escluso il debito, che porterà il gruppo della Bicocca in mani cinesi. Il takeover, annunciato ieri, è una delle maggiori acquisizioni di una società cinese in Europa e arriva dopo una serie di acquisti nella terza economia della zona euro, che sta lottando per emergere dalla più lunga recessione dalla seconda guerra mondiale. Lo shopping cinese in Italia include le reti di Terna e Snam, Ansaldo Energia, il produttore di yacht di lusso Ferretti, e una serie di piccole quote comprate dalla banca centrale nei blue-chip di piazza Affari. Le operazioni cinesi in Europa hanno generalmente puntato a quote di rilievo, ma non di controllo come quella che ChemChina avrà in Pirelli. "Penso sia un chiaro segnale che non vogliono investire più [restando] nell'ombra. Vogliono giocare un ruolo da leader, alla luce del sole", dice Alberto Forchielli, managing director di Mandarin Capital Partners. I TARGET NON MANCANO La crescente importanza della Cina come partner per investimenti in Europa è emersa la scorsa settimana quando l'Italia si è unita a Gran Bretagna, Francia e Germania nel sostegno a una Asian Infrastructure Investment Bank a guida cinese, nonostante l'opposizione degli Usa. Uno studio pubblicato da Kpmg prima dell'operazione Pirelli quantificava le acquisizioni di Pechino in Italia in 10 miliardi di euro negli ultimi cinque anni, metà dei quali nel 2014. Lo scorso anno, circa un terzo delle acquisizioni straniere in Italia erano cinesi. Gli obiettivi non mancano: secondo alcuni banchieri la cinese Sunrise Duty Free è fra i potenziali bidder per World Duty Free della famiglia Benetton, con la coreana Lotte. Anche Monte dei Paschi di Siena, che sta cercando un compratore, sta attirando l'interesse dalla Cina, hanno detto a Reuters fonti vicine alla situazione. E Saipem è stata corteggiata da un anonimo gruppo cinese, secondo altre fonti. "E' il momento degli investitori asiatici, non c'è tema di sbagliare", secondo un top investment banker: "L'Italia è uno dei mercati europei più aperti ed è sotto-investita". Il principale freno a investimenti esteri in Italia è stato a lungo la mancanza di crescita, unita a leggi e norme bizantine, secondo i banker. CINESI AL COMANDO Renzi ha promesso di modernizzare l'economia e tagliare la burocrazia. E dopo oltre un anno di governo sembra ancora vivere la luna di miele con gli investitori esteri mentre la ripresa economica prevista per quest'anno aiuta. Il premier, un grande utilizzatore di twitter su tutti gli argomenti, è stato stranamente silenzioso su Pirelli ma dal suo governo non si sono alzate voci protezionistiche su ChemChina. Secondo alcun banchieri, il laissez faire italiano sta incoraggiando investimenti dall'Asia, mentre le imprese italiane in cambio guadagnano esposizione al mercato cinese. Joel Backaler, autore di "China Goes West", osserva che le società cinesi devono sempre più investire in Europa per compensare il loro mercato domestico altamente competitivo. "Con i costi del lavoro e dell'energia in aumento e un incremento della pressione sui margini, le società cinesi che vogliono vendere a un prezzo premium devono avere qualcosa di diverso. Ad esempio gomme di miglior qualità di quelle che si trovano in Cina", aggiunge. Lui e altri esperti dicono che il deal Pirelli, che vede ChemChina avere una quota di controllo nella nuova holding che deterrà il gruppo della Bicocca, potrebbe anche segnalare un approccio più muscolare che in passato. L'accordo prevede che il cda della nuova holding sarà ugualmente diviso tra il socio cinese e gli azionisti esistenti, e il management italiano resterà al suo posto. Inoltre una "super-maggioranza" del 90% del capitale sarà necessaria per trasferire la sede di Pirelli o trasferire la sua tecnologia a terzi, dando ai soci italiani potere di veto. Ma secondo i banchieri ci sono pochi dubbi su chi man mano prenderà il potere in Pirelli: "Penso che vedremo uno spostamento di potere negli anni. Alla fine, i cinesi saranno sul ponte di comando". Sul sito www.reuters.com altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia