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Covid, un guarito su cinque di nuovo positivo dopo una settimana: lo studio

Circa un guarito (con tampone negativo) su cinque risulta nuovamente positivo a distanza di una settimana: lo indica uno studio affrontato di ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs e dell'Università Cattolica di Roma.

La ricerca, pubblicata “Jama Internal Medicine”, si è basata su un campione di 176 pazienti, analizzati tra aprile e giugno. Il risultato, riportano gli autori, ha mostrato come “alcuni pazienti guariti da Covid-19, con tanto di tampone molecolare negativo, a distanza variabile di tempo possono risultare nuovamente positivi al tampone pur in assenza di qualunque sintomo suggestivo di reinfezione”.

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I nuovi campioni naso-faringei, effettuati dopo il doppio tampone negativo e a circa 50 giorni di distanza dalla diagnosi di Covid-19, sono stati analizzati per la presenza dell'Rna totale e dell'Rna virale replicativo. “La presenza di Rna replicativo nei campioni – spiega Maurizio Sanguinetti, ordinario di Microbiologia alla Cattolica e direttore del Dipartimento di Scienze di laboratorio e infettivologiche del Gemelli – è stata utilizzata come indicatore di replicazione virale in atto. Nei pazienti risultati positivi per Rna totale sono stati di nuovo analizzati i campioni ottenuti al tempo della diagnosi di Covid-19, andando a ricercare la presenza di Rna replicativo. Tutti i pazienti sono stati inoltre sottoposti a test sierologico per le IgG/IgA specifiche del virus. Tra i 176 pazienti guariti, 32 sono risultati positivi per l'Rna totale di Sars-CoV-2, seppure a livello variabile. Solo uno di questi, tuttavia, è risultato positivo anche per l'Rna replicativo di Sars-CoV-2". Per quest'ultimo paziente si sospetta quindi una reinfezione o una recidiva di infezione, mentre per gli altri si dovrebbe trattare di una permanenza di frammenti di Rna virale.

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“Ancora non si sa se questi pazienti che tornano positivi siano contagiosi - prosegue Sanguinetti - e vadano dunque di nuovo quarantenati, perché il test molecolare non è l'equivalente di una coltura virale, e dunque non consente di appurare se nel campione prelevato dal naso-faringe dei pazienti sia presente virus vitale e di conseguenza trasmissibile”.

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