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Dopo un 2016 politico cosa attendersi adesso?

Mike Buhl-Nielsen (EUREX: 11400372.EX - notizie) , gestore del fondo Jupiter Europa SICAV, ritiene che alla luce degli eventi politici straordinari del 2016, sarebbe meglio porsi delle domande piuttosto che fare previsioni.

Ok, va bene. Ma quali sarebbero le domande da porsi. Mike Buhl-Nielsen, inizia a d elencarle: c’è qualcuno di noi che a maggio di quest’anno, sinceramente, può dire di aver avuto anche una vaga idea di cosa avrebbero fatto da lì a sei mesi il Presidente Trump negli Stati Uniti e il Primo Ministro Theresa May nel Regno Unito? C’è qualcuno oggi che potrebbe davvero sorprendersi se da qui a sei mesi ci trovassimo a dover accettare l’idea di Marine Le Pen (Other OTC: PENC - notizie) presidente? Limitati da queste considerazioni, non facciamo finta di avere le risposte, al contrario, ci poniamo delle domande. Nel (Londra: 0E4Q.L - notizie) cimentarci con queste domande e nel tentativo di costruire un portafoglio che dovrebbe essere “resiliente” rispetto a una serie di esiti diversi, cercheremo di continuare a partecipare ai rialzi dei mercati e di attenuare la partecipazione ai ribassi.

Ma al di là delle domande, per chi volesse investire, quali potrebbero essere le risposte? Massimo Saitta, Direttore Investimenti di Intermonte Advisory e Gestione, la divisione di Intermonte SIM ritiene che il 2016 sia stato un anno in cui la maggior parte degli investitori ed operatori di mercato si sono focalizzati sugli eventi politico/economici. Il referendum sul Brexit prima e le elezioni negli Stati Uniti e il referendum costituzionale in Italia poi hanno catalizzato infatti l’attenzione. Una larga fetta del tempo è stata quindi utilizzata per analizzare i diversi aspetti di tali eventi, i possibili risultati, i sondaggi e gli effetti dei molteplici esiti sulle diverse categorie di attivo piuttosto che a livello di settori o in relazione alle valute, o come conseguenza sui tassi di interesse. Una buona parte di questo sforzo si è rivelata ex post inutile. Il trend che negli ultimi anni ha caratterizzato le chiamate elettorali di qualunque genere contraddistinto da un’elevata imprevedibilità dei risultati è divenuto la norma nel corso del 2016. Le disparità sociali amplificate dagli effetti collaterali delle politiche di allentamento monetario messe in atto per contrastare gli effetti della recessione degli scorsi anni e i movimenti populisti che ne sono derivati hanno stravolto le tradizionali dinamiche del voto. Probabilmente anche i cambiamenti demografici possono essere annoverati tra i motivi che stanno cambiando lo scenario politico del nostro paese così come del nostro continente. Alla vigilia di numerosi appuntamenti elettorali che si terranno nel corso del 2017 in Europa, la situazione prospettica non dovrebbe essere molto differente. Inoltre i mercati stanno diventando sempre più rapidi nel metabolizzare i risultati, attesi o meno, che scaturiscono dagli eventi politici. Ironicamente ormai si dice che i mercati hanno impiegato tre giorni per digerire il Brexit, tre ore per le elezioni americane e tre minuti per il referendum italiano. E’ una parziale forzatura ma che rende bene l’idea di quanto i mercati siano diventati rapidi nella capacità di adattamento.

Massimo Saitta ritiene che le reazioni estreme in termini temporali così come di estensione delle variazioni di prezzo sui mercati, sui titoli e sui settori stanno a segnalare che gli eventi politici o macroeconomici non sono ininfluenti e che essere al posto sbagliato al momento sbagliato può nel breve periodo sottoporre le coronarie degli investitori a sollecitazioni molto forti. Incide anche la forte copertura mediatica per questo tipo di eventi. La necessità di farsi udire dai media spinge anche a calcare un po’ la mano sugli effetti specie nel breve periodo di tali eventi. Molte dei rimbalzi sono stati messi a segno dal non verificarsi immediato di quanto atteso (esemplare in tal senso lo scostamento tra aspettative e realtà di breve dell’economia britannica post Brexit) pur essendo probabile che molte di tali aspettative possano avere un peso significativo e reali sviluppi nel medio/lungo periodo.

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Se questo è il quadro a cui far riferimento sempre maggior interesse deve essere rivolto al posizionamento – spiega Massimo Saitta -. Nel corso del 2016 si è ben visto l’approccio di breve periodo degli investitori secondo uno schema evento/posizionamento/risultato. Un approccio che porta a posizionarsi in maniera molto direzionale di fronte agli eventi prospettici. E’ singolare che molti di questi posizionamenti nascano anche come copertura ad altri posizionamenti di segno contrario. Le cattive performance di molti prodotti long short nel corso del 2016 stanno ad indicare che anche posizionamenti basati su osservazioni logiche e per questo consensuali corrano il rischio di essere spiazzati dai movimenti di smontaggio post evento che non solo rischiano di annullare gli effetti positivi ma anche di portare la performance complessiva in territorio negativo. Il fatto che ciò avvenga per le ragioni “sbagliate” non è di grande consolazione. Bisogna quindi prestare molta attenzione a capire come il mercato approcci l’evento in termini di posizionamento così da farsi trovare pronti ad eventuali cambiamenti di fronte. Infine bisogna considerare che sempre di più il mercato è fatto di prodotti che tendono a sfuggire alle consuete logiche di volume legate ai singoli nomi di mercato (quali ETF smart beta o settoriali, futures, opzioni e strumenti derivati) ma che possono impattare sui movimenti in maniera estremamente significativa.

Analizzando ex post il 2016 possiamo dire che i veri punti di inversione per i mercati europei sono stati sostanzialmente due nel corso dell’anno: il rimbalzo del petrolio e delle altre materie prime dal mese di marzo in poi e il rimbalzo dei tassi di interesse dalla fine di agosto/inizio settembre – spiega Massimo Saitta -. I due eventi sono collegati dalla consequenzialità tra recupero delle materie prime e recupero delle attese di inflazione. Anche le politiche monetarie hanno in qualche modo dovuto adeguarsi ma, prima del QE, ad essere stato messo in crisi è stato il paradigma “tassi negativi per sempre” che sembrava potesse essere il mantra dei mercati per un periodo ancora molto prolungato. Un movimento iniziato negli Stati Uniti, essendo il ciclo delle politiche di stimolo monetario in fase decisamente più avanzata, ma che si è trasferita progressivamente anche al di qua dell’Oceano.

Negli Usa non si si attendono più di due rialzi dei tassi ufficiali ma se l’economia dovesse rispondere meglio del previsto agli stimoli fiscali della nuova amministrazione potremmo averne anche 3 o 4 – spiega Massimo Saitta -. Se così fosse i rendimenti negli Usa potrebbero nel corso dell’anno rompere al rialzo il trend di lungo periodo mettendo ulteriormente sotto pressione i cosiddetti “interest sensitive stocks”. In Italia i rendimenti di questi titoli rimangono molto elevati (spesso sopra il 5%) e fino alla data dello stacco che in molti casi avviene a maggio potrebbero godere di una sorta di protezione. Di (KSE: 003160.KS - notizie) converso le banche che hanno beneficiato di un dicembre 2016 fenomenale borsisticamente parlando si trovano a dover affrontare gli annunciati aumenti di capitale ad inizio 2017. Potrebbero quindi rallentare un po’ la corsa anche se lo scenario rimane nel complesso favorevole. Il mercato comincia ad incorporare anche l’avvicendarsi di regole meno severe in termini di requisiti patrimoniali rispetto all’atteggiamento molto drastico che ha interessato alcune banche italiane la cui onda lunga, come dicevamo, è rappresentata dalle prossime ricapitalizzazione di Unicredit (EUREX: DE000A163206.EX - notizie) , Paschi (Milano: BMPS.MI - notizie) e banche venete (Veneto Banca e Vicentina). Le richieste di soldi freschi sul mercato si scontra al momento con un clima piuttosto compiacente sul settore bancario. Sul fronte del prezzo del petrolio non ci si aspetta che il prezzo resti sui livelli attuali (in genere le attese posizionano il greggio sopra ai 60 dollari al barile per fine 2017) nonostante un barile sopra i 50 dollari rimetta in gioco molti produttori americani con il rischio di vanificare in termini di prezzo l’accordo sul taglio raggiunto dall’OPEC. Le straordinarie capacità reattive dei mercati di fronte agli inattesi risultati elettorali ci stanno convincendo che abbiano poco impatto anche nel breve periodo. Il 2017 è così ricco di stimoli sotto questo profilo che è improbabile che non vadano ad incidere sull’andamento dei listini. In conclusione NON ci aspettiamo che il 2017 replichi il 2016 con un inizio anno devastante bensì il contrario, il che di per sé dovrebbe spingerci ad immaginare (solo immaginare!) di stare pronti con qualche precauzione.

Autore: Volcharts.com Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online