Dubai tassa gli influencer: 3mila euro all’anno per continuare a lavorare
Tempi duri per gli influencer. Almeno a Dubai. Chi opera su Facebook, Instagram o Twitter pubblicando post che sponsorizzano prodotti dovrà farsi rilasciare una speciale licenza entro giugno, pena la chiusura dell’account.
Si cambia registro
Guadagnano denaro, ottengono soldi e merci in cambio della loro opera e quindi devono essere tassati. Già da marzo Dubai aveva annunciato che avrebbe creato una licenza per gli influencer: una sorta di patentino a pagamento che permette di fare quello che oggi è diventato, a tutti gli effetti, un lavoro.
Chi sono gli influencer
Si tratta di quelle persone che postano video su YouTube, foto su Facebook o Instagram, pubblicizzando a tutti gli effetti ristoranti, automobili, hotel di lusso e prodotti di ogni genere, dalla cosmetica all’abbigliamento, passando per la tecnologia.
Più di 3mila euro all’anno
Gli influencer di stanza a Dubai hanno tempo fino a giugno per registrarsi presso le autorità competenti. La somma per l’iscrizione non è particolarmente economica: 15mila dirham, circa 3mila e 500 euro ogni anno. Il salario medio negli Emirati è di 52mila dirham, circa 12mila euro.
Il motivo del patentino
Lo scopo è preciso, ossia di incoraggiare “contenuti equilibrati e responsabili che rispettano la privacy dell’individuo e proteggono il pubblico, soprattutto i bambini, da materiale negativo o pericoloso”. La definizione della norma colpisce ogni forma di promozione di idee, quindi anche gli influencer.
Come un giornale
Con questa licenza gli influencer diventano delle vere e proprie testate. Chi già realizza guadagni importati postando foto su Instagram, non avrà certo problemi a pagare il costo della licenza. Chi però sta compiendo i primi passi in questo mondo, rischia di restare bloccato.
In Italia
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha chiesto di inserire hashtag come #pubblicità, #sponsorizzato o #advertising, nei messaggi pubblicitari dei vari influencer. Questi messaggi, infatti, “non rappresentano in modo trasparente il loro carattere promozionale”.