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ECONOMICA - 2015, l'anno in cui rivedere al rialzo le stime di crescita del Pil

Un operaio al lavoro. REUTERS/Yves Herman (Reuters)

di Luca Trogni MILANO (Reuters) - La prudenza è d'obbligo. Dal 2009 al 2014 istituzioni e uffici studi, nazionali e internazionali, hanno puntualmente rivisto al ribasso in corso d'anno le stime per il sistema Italia. Misure restrittive del governo chieste dalla Ue, affievolimento della domanda internazionale, scarsa competitività dell'industria, calo del reddito disponibile delle famiglie, inasprimento del credit crunch di volta in volta hanno fatto venir meno, in diversa composizione tra loro, gli scenari economici immaginati a inizio anno. Non stupisce, quindi, che nei pronunciamenti per l'anno in corso emerga ancora una discreta timidezza nonostante condizioni internazionali oltremodo favorevoli: greggio poco sopra i 50 dollari il barile, euro vicino alla parità contro dollaro e politica monetaria ultraespansiva da parte della Bce rappresentano un insieme di fattori difficilmente ripetibile. E a questo si accompagna una politica economica più espansiva non solo da parte del governo Renzi ma anche da parte di Bruxelles che ha allentato il proprio sistema di vincoli. Già in questi primi mesi dell'anno molti previsori - dall'Ocse a Bankitalia, da Prometeia a Ref - si sono mossi per rivedere al rialzo le stime precedenti. Nel caso di Via Nazionale, alla luce delle ipotesi presentate da Ignazio Visco a febbraio sugli effetti del quantitative easing, si tratta di una stima dello 0,7/0,8%. E i rischi di un'ulteriore revisione questa volta rimangono al rialzo. L'euro sta scendendo più del previsto e gli effetti sui tassi di interesse delle prime due settimane di QE da parte delle Bce sono superiori alle attese. Sottotraccia l'idea diffusa in molti uffici studi è che quest'anno l'Italia dopo tre anni di recessione torni a crescere dell'1%. Ben al di sotto della media della zona euro - alzata pochi giorni fa dalla Bce all'1,5% - e decisamente troppo limitata per tornare ai livelli assoluti del 2007, ma un cambio di direzione accettabile per un paese che esce da un periodo negativo pluriennale e che nel 2015 sconta un effetto di trascinamento negativo dall'anno precedente. Il traino maggiore dovrebbe arrivare dalle esportazioni anche se i dati di inizio anno non hanno espresso un trend molto positivo. Con la maggiore competitività regalata dall'euro debole rafforzerà i propri flussi commerciali verso l'estero l'eccellenza dell'industria italiana, quella già capace di affermarsi sui mercati internazionali negli anni passati, ma anche la fascia di imprese fino ad oggi in lotta per non soccombere, dovrebbe consolidare la sua presenza. NODO INVESTIMENTI Il nodo principale per un rafforzamento della crescita rimane quello degli investimenti, scesi di oltre il 3% nel 2014. Gli ultimi dati degli impieghi creditizi sottolineano un'attenuazione del credit crunch, vincolo stringente per le imprese in cerca di finanziamento. Nel trimestre novembre 2014/gennaio 2015, infatti, i crediti alle imprese sono aumentati del 4% rispetto a quanto visto un anno prima nello stesso periodo. E la recentissima operazione di finanziamento della Bce alle banche finalizzata al sostegno dell'economia (Tltro) ha visto la partecipazione italiana balzare di circa il 25% rispetto a quanto visto lo scorso dicembre. Segnali positivi a cui dovrebbero rispondere le imprese la cui domanda di credito nell'ultima inchiesta di Bankitalia era attesa ancora invariata nella prima parte dell'anno. Le aspettative sono che in primo luogo riprenda ad essere attiva la fascia di imprese che, pur profittevoli, da due anni a questa parte hanno rinviato le decisioni di investimento in attesa di un quadro internazionale più favorevole. "Dopo anni di forte calo è fisiologico il rinnovo degli investimenti fissi", dice Petia Garalova, ricercatrice del Cer, che per questa componente del Pil stima una crescita dell'1,2%. Le stesse costruzioni, anello debolissimo all'interno degli investimenti, negli ultimi due mesi hanno mostrato un timido rimbalzo della produzione. Centrale per gli investimenti dell'industria nazionale, che a sorpresa nell'ultimo trimestre 2014 hanno battuto un colpo con un dato positivo, sarà il ruolo dei consumi che pure lo scorso anno hanno dato i primi segnali di risveglio. La voce 'consumi' con i suoi quasi 1.000 miliardi vale il 60% dell'intero Pil e, ipotizzando che la spesa pubblica sia destinata a ulteriore contenimento, è destinata a rappresentare ancor di più negli anni futuri la voce centrale della domanda interna. A questo si aggiungono i primi segnali positivi in tema di occupazione - come le richieste di avvalersi degli sgravi contributivi pervenute all'Inps nei primi 20 giorni di febbraio da parte di 76.000 imprese - che, se confermati e rafforzati, potrebbero rassicurare le famiglie sinora propense a contenere i consumi a favore di maggiori risparmi dettati dai tempi incerti. E dunque, se non ora, quando? Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia