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ECONOMICA - Def, il controcanto al governo dell'Autorità per i conti pubblici

Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. REUTERS/Alessandro Bianchi (Reuters)

di Luca Trogni MILANO (Reuters) - I target delineati dal governo Renzi per il 2017 e per il 2018 non rispettano il percorso di avvicinamento al pareggio di bilancio previsto dalle regole europee. Nè gli elementi negativi della congiuntura internazionale richiamati nel Documento di economia e finanza (Def) per spiegare il rinvio al 2019 del raggiungimento di un budget senza deficit hanno un riscontro negli eventi eccezionali che Bruxelles considera per permettere slittamenti. Con i nuovi numeri per il debito, poi, le regole europee sulla sua riduzione in rapporto al Pil non sono rispettate nè guardando agli anni addietro (metodologia backward looking) nè con la metodologia forward looking. Quest'ultimo impegno, che veniva rispettato con i numeri della Legge di Stabilità (calo al 131,4%), non lo è più con la dinamica di minima riduzione del debito prevista dal Def (discesa al 132,4% dal 132,7%). E va tenuto conto del fatto che sorprese negative dell'inflazione metterebbero a riscio la dinamica del Pil nominale e con essa il percorso di riduzione del rapporto debito/pil. A parlare non è l'ala pro-austerità della Commissione europea. E' invece l'italianissimo Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), l'organismo indipendente chiamato, in base alla normativa di Bruxelles, a verificare il rispetto delle regole di bilancio europee, ma anche ad assicurare l'affidabilità dei conti pubblici. In generale, sostiene l'authority, l'elevata dose di incertezza che contraddistingue l'attuale fase economica dovrebbe spingere a un approccio di cautela, mentre le stime del Def, osprattutto per il 2017 e 2018, sono sempre attorno al limite maggiore del consensus degli economisti. DERIVATI L'analisi dell'autorità per i conti pubblici critica anche l'insufficiente analisi del Def in tema di costi futuri dei derivati sottoscritti dal tesoro italiano. Il documento del governo non fornisce informazioni sul loro effetto nel periodo di previsione se non in una voce aggregata. Eppure, ricorda Upb, dal 2011 al 2014 sono costati in media 4,2 miliardi annui. E proprio ieri Eurostat ha sottolineato il ruolo di questa voce, rendendo noto che nel 2015 il costo dei derivati per le casse pubbliche italiane è salito a 6,8 miliardi, la cifra più alta dell'intera zona euro. CLAUSOLE EUROPEE Il giudizio dell'Upb è molto severo anche sulle clausole che l'Italia ha chiesto e chiederà alla Commissione per derogare agli impegni fissati in precedenza. Per il 2016 l'Italia ha chiesto di poter aumentare il deficit anche in ragione della clausola per gli investimenti. Ma ci sono "notevoli elementi di rischio" sulla possibilità di imprimere un'accelerazione al programma di investimenti (oltre 11 miliardi tra fondi nazionali e attivaione di fondi europei) tale da potere avere diritto alla clausola. E in prospettiva l'uscita dalla recessione avvenuta nel 2015, osserva l'Upb, riduce ampiamente i margini per poter esercitare le clausole come era stato fatto lo scorso anno in base al calo del Pil nel 2014. Per il 2017 a fronte della revisione al rialzo dall'1,1 all'1,8% del deficit/pil, inoltre, il Def, diversamente da quanto fatto nel 2015, non invoca esplicitamente alcuna deroga via nuove clausole. Il governo di fronte alla disanima dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio //www.upbilancio.it/wp-content/uploads/2016/04/Audizione-19_4-sul-DEF-20161.pdf tace. Vi è stato un confronto preliminare, previsto dalla legge, che ha costretto l'esecutivo a rivedere il quadro tendenziale del Def per inserire stime macroeconomiche più prudenti, condizione per ottenere la validazione dell'Upb. Anche dopo questo passaggio, le strade rimangono divergenti. L'Upb applica allo scenario di finanza pubblica italiana le regole vigenti, il governo Renzi le regole meno stringenti che vorrebbe fossero introdotte. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia