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Edoardo Fleischner: "Il metaverso di Zuckerberg non farà la fine di Second Life"

Getty /elaborazione Huffpost (Photo: Getty /elaborazione Huffpost)
Getty /elaborazione Huffpost (Photo: Getty /elaborazione Huffpost)

Nel primo video che pubblicizza Meta, quattro studenti sono in un museo. Davanti a loro c’è il quadro “Bufalo assalito da una tigre” di Rousseau il Doganiere. A un certo punto la tigre solleva il capo dalla preda e l’opera prende vita: l’animale spiega, tucani, fenicotteri e gufi ballano, e i ragazzi sono in un ambiente immersivo e assistono a una lezione animata. Le immagini diffuse da Menlo Park, e che in questi giorni hanno fatto il giro del mondo, invece ci mostrano un mondo in cui due avatar possono incontrarsi e fare una partita a carte, andare a un concerto, fare una riunione di lavoro in riva al mare. “Voglio reinventare Facebook, trasformandolo in un social network ‘incarnato’, dove le persone potranno vivere, come nella realtà”, ha spiegato Mark Zuckerberg qualche settimana fa. “Vogliamo essere ricordati non come un social network, ma come la società che ha costruito il metaverso”. E il colosso di Menlo Park sta facendo sul serio, sviluppando tutti gli strumenti necessari a entrare e vivere nel metaverso come gli occhiali a realtà aumentata Oculus VR, braccialetti hi-tech e Horizon Workrooms, uno strumento lanciato in scia della pandemia che permette di lavorare in un ambiente virtuale condiviso, in cui si interagisce con il movimento delle mani.

Anche quando nel 2003 fu lanciato Second Life c’erano gli avatar, c’erano i bar, una vita parallela, e c’era anche un modello di business: le aziende potevano vendere prodotti ai cittadini di questa città virtuale. Ha funzionato? “Ni”, ci risponde Edoardo Fleischner, esperto di innovazioni e tecnologo, che insegna all’università comunicazione crossmediale, e si definisce un cross-media designer e innovation visionary.

Professor Edoardo Fleischner, perché dopo anni che si parla di realtà virtuale e di metaverso, soltanto ora sembra che stiamo facendo sul serio.

“C’è la tempesta perfetta. La tecnologia è molto più avanti. Inoltre le persone durante la pandemia hanno acquisito competenza tecnologica e alfabetizzazione mentale: non solo sanno usare Zoom ma hanno anche accettato mentalmente la possibilità di lavorare da casa ed essere ovunque. Infine una azienda leader come Facebook ha deciso di cambiare nome alla holding chiamandola Meta e fare del metaverso la propria bandiera. Non solo per ragioni di mercato. Zuckerberg infatti non se la sta passando bene dopo le rivelazioni dei Facebook papers. Per questo Meta può essere considerato un brand washing: c’è un nuovo business e c’è una nuova immagine dell’azienda per far dimenticare i momenti peggiori. Per questo considero Meta come un’azione di mercato, ma anche politica. È una piccola distrazione di massa. Ma che ha del potenziale”.

Meta (Photo: Meta)
Meta (Photo: Meta)

Il metaverso non è un concetto nuovo.

“Il concetto di metaverso - o Matrix - non è nuovo: c’era all’interno di un romanzo di William Gibson del 1984, “Neuromancer”, mentre il termine metaverso è stato usato per la prima volta da Neal Stephenson nel romanzo “Snow Crash”, un classico del genere cyberpunk pubblicato nel 1992. È considerato la nuova frontiera di internet, un nuovo grande mondo virtuale dove gli utenti, per mezzo dei loro avatar, vivono esperienze interattive multimediali. Il metaverso promette di portarci in luoghi in cui non siamo mai stati grazie a un avatar. Può consentire una percezione più piena dello spazio, e una interazione migliore tra le persone. Ma non mi piace parlare di virtuale. Piuttosto penso al metaverso come a un ambiente immersivo che può essere reale, come una visita alla Galleria degli Uffizi, o irreale, come una partita in un videogioco. È un mondo parallelo”.

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Perché Second Life (che ancora esiste) non sfonda e dovrebbe farcela il metaverso di Zuckerberg?

“La situazione è diversa. Non siamo negli anni in cui non è decollata Second Life. C’è una convergenza tecnologica differente. I computer sono più potenti, consentono di elaborare l’ambiente virtuale in cui ci troviamo senza scatti, abbiamo smartphone perfettamente in grado di elaborare le informazioni necessarie a proiettarci nel metaverso. Inoltre con il Covid c’è stata una alfabetizzazione informatica delle persone. Basti pensare alla categoria professionale degli insegnanti. La Dad li ha messi di fronte alla necessità di aggiornarsi e acquisire nuove skill”.

Lei dice che le condizioni sono mature. Ma il mercato va in questa direzione? Quanto questo fenomeno è davvero realizzabile per tutti?

“Facebook è leader di mercato: ha due miliardi 800 milioni di account. Ha i seguaci per promuovere il metaverso. Il mercato potrebbe esserci perché il meccanismo pubblicitario di Facebook è forte. Non credo sia difficile per loro creare un modello di business favorevole. Vedrà che le opinioni degli scettici ci saranno. Diranno che è un fuoco di paglia, che è una cosa destinata a spegnersi. Succede con ogni innovazione. Zuckerberg ha iniziato dal mondo business, dicendo facciamo riunioni più cool, che sfruttino la forza di zoom in un ambiente in tre dimensioni. Io credo invece che il metaverso possa avere un futuro nell’educational”.

Ci spieghi meglio.

“Credo che il metaverso potrà avere un grande ruolo nell’educational e nella Dad. Immaginate di raccontare la storia dei dinosauri ai bambini facendoglieli vedere o di insegnare la storia romana a un ragazzo portandolo in battaglia. La scuola non potrà fare a meno di tutto questo. Sarà come avere superlibri. L’unico ostacolo potrebbero essere i genitori o gli insegnanti che non sono “inter-tool”, ovvero che non usano gli strumenti in maniera integrata. C’è ancora troppa pigrizia mentale per comprendere che si può insegnare grazie all’aiuto di un videogioco”.

Quindi lei dice, potrebbe essere il momento giusto, ma non per tutti?

“Come ogni innovazione non riguarderà tutti. Ma ci saranno alcuni settori trainanti, come scuola, telemedicina e anche l’industria metalmeccanica, senza considerare il settore dei videogiochi che è già avanti sull’utilizzo della realtà virtuale e aumentata. Immaginiamo per esempio di dover far funzionare una diga, 20 persone che possono incontrarsi e affrontare il problema senza dover prendere aerei. C’è un potenziale enorme. Ma temo che le aziende ci arriveranno lentamente”.

Quanto tempo ci vorrà?

“Dipenderà dalla concorrenza. La storia ci racconta che il tablet lo ha inventato Microsoft, ma l’iPad, nato tempo dopo, è una creazione di Steve Jobs. Anche Google in principio era Altavista. Steve Jobs copia ma lo fa alla grande, ora è Zuck che fa una Jobsata: sfronda tutti i difetti dei metaverso precedenti per tentare il prodotto perfetto”.

Meta (Photo: Meta)
Meta (Photo: Meta)

Ma Jobs ha lasciato Apple per farla crescere, Zuck resiste, anzi rilancia con il metaverso.

“Zuck prima mollerà l’azienda, meglio sarà. Come hanno fatto gli altri grandi innovatori, ovvero Gates con Microsoft, Jobs con Apple, Bezos con Amazon. Erano tutti grandi fondatori che hanno lasciato la guida dell’azienda a manager esperti di business. Lui invece crede molto in se stesso e nella sua creatura. Nelle ultime settimane il gigante dei social ha spiegato di voler investire 50 milioni di dollari per lo sviluppo del metaverso, annunciando un piano per la creazione di 10mila nuovi posti di lavoro in Europa nei prossimi cinque anni”.

L’annuncio di Zuckerberg arriva nel momento in cui la società è alle prese con un periodo nero dopo il pesante blackout dei suoi servizi, le rivelazioni dell’ex dipendente Frances Haugen e le crescenti richieste di regolamentazione, anche in Europa. Il metaverso potrebbe rappresentare una nuova linfa per il colosso dei social network. Ma anche un modo per dire agli analisti: “Dimenticate Facebook, ora parliamo di altro: la holding Meta”.

“Zuckerberg è sempre uno dei politici più importanti del mondo. E anche questa mossa è politica: Meta è come un brand whashing: c’è un nuovo business e c’è una nuova immagine dell’azienda. È un’azione di mercato, ma è anche politica. È una piccola distrazione di massa”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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