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Eni Nigeria, pm: parte tangente anche a manager, acquisto blindati e aerei

MILANO (Reuters) - La procura di Milano, nell'ambito dell'inchiesta che ipotizza il pagamento di tangenti per l'acquisto da parte dell'Eni della licenza per l'esplorazione di un campo petrolifero in Nigeria e che vede indagati fra gli altri l'AD Claudio Descalzi e il suo predecessore Paolo Scaroni, sostiene che parte della mazzetta fosse destinata anche a manager del gruppo italiano. Lo hanno scritto oggi alcuni quotidiani e lo si evince dalla rogatoria internazionale, di cui Reuters ha letto alcune pagine, inviata dai pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro alla Southwark Crown Court di Londra, che due giorni fa ha sequestrato oltre 83 milioni di dollari su un conto riferibile alla società Malabu (che deteneva i diritti della concessione petrolifera), mentre nei mesi scorsi sono stati sequestrati dalla Svizzera altri 110 milioni riconducibili all'ex ministro dell'Energia nigeriano Dan Etete (ritenuto il titolare effettivo della Malabu) e al mediatore nigeriano Emeke Obi. Nelle pagine della rogatoria lette da Reuters, la procura di Milano traccia quelli che ritiene essere stati i pagamenti illeciti ai mediatori, nigeriani e non, del contratto da un miliardo e 90 milioni di dollari pagati dall'Eni per il campo offshore Opl-245 di Abuja. "PAGAMENTI A PLETORA SOCIETA' E INDIVIDUI" In particolare, si legge che oltre 500 milioni dollari si ritengono andati ad ambienti legati all'ex ministro dell'Energia, 10 milioni all'ex "Attorney General" nigeriano Bayo Ojo San. Infine, si legge, "un gran numero di pagamenti sono stati fatti a una 'pletora' di società e individui in molti paesi. Le somme sono state usate per acquistare materiali come veicoli blindati e aerei". Nelle carte londinesi, i giudici citano poi le dichiarazioni del pm di Milano, che aggiunge come parte della presunta tangente, oltre alla remunerazione di pubblici ufficiali nigeriani e mediatori, fosse destinata "al pagamento di tangenti [kikcbacks, in inglese] a manager dell'Eni". MANAGER ENI, IL PARERE DISCORDANTE DI UN GIUDICE INGLESE Su questo punto in realtà, un giudice civile inglese nel 2013 aveva emesso una sentenza nella disputa legale fra Obi ed Etete (con il primo che lamentava di non aver ricevuto i pagamenti pattuiti dal secondo) aveva espresso una valutazione diversa sull'eventualità che parte del denaro fosse stata destinata a manger dell'Eni. Al punto 86 della sentenza il giudice Justice Elizabeth Gloster scrisse di ritenere che "le prove" di Etete circa questa "supposta frode" (con riferimento al fatto che la società riferita all'ex ministro in sostanza aveva sostenuto, fra le altre cose, di non aver potuto pagare quanto pattuito a Obi a causa di un surplus da destinare a manager del gruppo italiano) "asserendo il coinvolgimento di dirigenti dell'Eni, è inventato. Le accuse sono intrinsecamente implausibili". IL GRASSO, IL PELATO, LA LADY E IL BAMBINO Negli atti della rogatoria inviata da Milano a Londra, emerge infine anche un particolare "di colore", e cioè i soprannomi che utilizzavano fra loro, o usavano per riferirsi ad altri, le persone che sono state intercettate al telefono dagli inquirenti italiani. Per esempio, il manager Eni Roberto Casula era "il numero 3", il presidente nigeriano Jonathan Goodluck era "Fortunato", il ministro nigeriano del petrolio "The Lady", Dan Etete "Fatty" ("grassoccio" in italiano), Descalzi "Baldy" ("pelato"), Obi "The Child" ("il bambino"), la Shell "the Oranges" ("le arance"), la Total "The French" ("i francesi"). ENI: ESTRANEI A QUALSIASI CONDOTTA ILLECITA Eni (che nel luglio scorso aveva ricevuto un avviso di garanzia come persona giuridica in base alla legge 231 sulla responsabilità delle aziende per gli illeciti commessi dal management e una richiesta di esibizione di una serie di atti relativi al "resolution agreement" del 27 aprile 2011 fra Eni e il governo nigeriano) in una nota diffusa ieri ha ribadito "la sua estraneità a qualsiasi condotta illecita", sottolineando di aver stipulato gli accordi per l'acquisizione del blocco "unicamente dal governo nigeriano e dalla società Shell". "L'intero pagamento per il rilascio a Eni e Shell della relativa licenza è stato eseguito unicamente al governo nigeriano", concludeva la nota che confermava l'indagine a carico di Descalzi e Casula. Non è stato possibile raggiungere per un commento nessuna delle persone fisiche indagate. Oggi il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha difeso in un tweet la scelta di Descalzi come amministratore delegato di Eni. "Sono felice di aver scelto Claudio Descalzi ceo di Eni. Potessi lo rifarei domattina. Io rispetto le indagini e aspetto le sentenze", ha scritto Renzi. Infine va ricordato che Southwark Crown Court di Londra, che ha emesso il sequestro degli 83 milioni di dollari, lunedì avvierà un procedimento di convalida, che si articolerà in diverse udienze, anche con la futura partecipazione della procura di Milano, a cui potranno intervenire coloro che ritengono di avere titolo sul denaro sequestrato. (Emilio Parodi) Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia