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Eni punta ad allentare legami con Saipem, ma pesa incertezza su rinnovo vertici

di Stephen Jewkes e Sophie Sassard MILANO (Reuters) - Eni ha analizzato l'ipotesi dello spin off e della vendita degli asset della perforazione di Saipem, valutati da alcuni analisti 4,5 miliardi di euro, ma i piani sono in stand-by a seguito dell'incertezza legata all'attuale management in vista del rinnovo dei vertici il prossimo mese. Lo dicono tre fonti a conscenza della vicenda. Saipem è controllata al 43% da Eni che ne consolida il debito. La società ha iniziato a essere un problema per Eni lo scorso anno dopo che due profit warning hanno fatto dimezzare la capitalizzazione di mercato della società e l'inchiesta per presunta corruzione su alcuni contratti in Algeria stanno coinvolgendo lo stesso numero uno di Eni, Paolo Scaroni. Scaroni e Saipem hanno sempre negato qualunque coinvolgimento. Saipem ha un indebitamento netto di 4,7 miliardi di euro e si finanzia attraverso Eni. Le fonti sostengono che Eni punta a sganciare Saipem dal suo perimetro per renderla autonoma dal punto di vista del finanziamento del debito. La cessione di Saipem farebbe concentrare la società su risorse più profittevoli del suo business e taglierebbe il debito. "Un piano per la vendita degli asset nella perforazione era stata ipotizzato a gennaio, ma poi è stato bloccato in attesa di capire che ne sarà del futuro di Scaroni", dice una delle tre fonti. Il mandato del manager vicentino scade a maggio prossimo e una eventuale rinconferma per un quarto mandato farebbe di Scaroni il più longevo AD nella storia dell'azienda petrolifera. Una fonte ministeriale sostiene che il nuovo governo guidato da Matteo Renzi sarebbe favorevole a un ricambio. Le attività onshore e offshore nella perforazione contribuiscono solo per il 15% dei ricavi. Banca Akros ha di recente stimato che l'equity value della divisione è pari a circa 4,5 miliardi di euro. Indiscrezioni di stampa a gennaio hanno indicato la norvegese Seadrill interessata a rilevare le attività perforazione offshore, mentre Subsea7 a una quota della società. Una secondo fonte rileva che Eni ha sondato varie opzioni, inclusa quella della vendita, la scorsa estate con l'aiuto di Goldman Sachs. "Ma poi tutti si è calmato perché non sono riusciti a trovare la giusta struttura", dice la fonte. Una terza fonte bancaria vicina alla vicenda dice che lo scorso anno è stata sondata anche l'ipotesi di un aumento di capitale, ma poi è stata bloccata dopo l'annuncio del secondo allarme profitti. "Il secondo allarme profitti ha innescato timori che ci fossero altri scheletri nell'armadio", sottolinea la fonte. Ha collaborato Claudia Cristoferi. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia