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Il fuoco che cova sotto la cenere

Estate bizzarra o in fase di accumulazione? Per rispondere a questa domanda, iniziamo l'analisi partendo dal nostro mercato. Come al solito, ad agosto, i volumi si riducono moltissimo, ma, malgrado questo, il Ftse Mib è salito con dignitosa calma sino a ferragosto, per poi correggere decisamente nella settimana successiva. Il movimento ha visto l'indice testare per la terza volta, tra luglio e agosto, la resistenza dei 17.000 punti. Sul lato opposto, dopo la caduta di fine giugno, che ha spinto il nostro indice sul supporto di lungo periodo posto a 15.000 punti, si sono verificate ben quattro ondate con minimi crescenti da 15.000 a 15.500 punti in un primo "step", e da 15.900 a 16.250 in un secondo "step". Pertanto, se la linea ascendente dei minimi viene confermata, riteniamo che vi siano tutti i presupposti per affermare che questa sia una fase di accumulazione di medio periodo con obbiettivo rialzista verso i 18.000 punti.

Può essere lecito pensare inoltre che, per il modo in cui si è formata, e cioè in presenza di pochi operatori e, per di più, di impronta manipolatrice, tale forma di triangolo rappresenti una decisa fase di accumulazione.

Tutte le volte che il nostro indice è sceso, lo ha fatto in presenza di forti vendite mirate sui titoli bancari, come Intesa San Paolo, Unicredit (EUREX: DE000A163206.EX - notizie) , UBI (Taiwan OTC: 6562.TWO - notizie) , Monte Paschi, ecc. Ricordiamo, però, che, tranne MPS (BSE: MPSLTD.BO - notizie) , sono tutti titoli di istituti bancari che hanno superato gli "stress test" europei e che stanno creando utili. La fantapolitica e la fantafinanza non rientrano nelle nostre abitudini, ma pensiamo si evidente che vi siano mani più o meno forti e interessate a comprimere il mercato europeo, colpendo le banche italiane. Che senso avrebbe, altrimenti, vendere titoli sani, come Intesa San Paolo e Unicredit, che valgono già un terzo del loro massimo? Molti commentatori e analisti hanno scritto che i titoli bancari sono a rischio insolvenza, ma forse dimenticano gli "stress test" superati. Altri dichiarano che il pericolo è concentrato soprattutto sulle banche italiane, detentrici di larga parte del debito pubblico.

Le previsioni di una forte svalutazione della base dei titoli metterebbe le banche in una situazione di ulteriore decapitalizzazione. Se questa fosse la vera causa della recente caduta delle quotazioni, non ci dovremmo preoccupare tanto delle banche, quanto dei nostri risparmi investiti in titoli a reddito fisso. Solo nel caso del crollo delle basi dei titoli si può avere una caduta di patrimonizzazione che colpirebbe sia le quotazioni dei titoli delle banche che di tutto il sistema assicurativo.

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Questo scenario, oseremmo dire di stampo apocalittico, rappresenterebbe una vera è propria catastrofe, paragonabile ad un' esplosione atomica del mercato. Riteniamo, però, che ciò rientri nella sfera della fantaeconomia.

A livello globale si è riscontrata una sistematica rivalutazione dei Paesi emergenti. In particolare sono saliti i Paesi legati al petrolio, come il Brasile e la Russia. In ripresa anche gli indici del sud-est asiatico e di tutte le aree condizionate dalle materie prime. Il dollaro, dopo i vari rinvii della Fed sulla politica monetaria, si è leggermente indebolito dando così spazio alle valute locali e a quei Paesi fortemente indebitati in dollari. Negli Stati Uniti prosegue la campagna elettorale con scontri verbali anche violenti. L'attenzione degli operatori si concentra sempre più sulle scelte della Fed, indecisa e divisa sulle tempistiche per attuare un ulteriore "step" di restrizione alla politica monetaria.

Tutti attendono le dichiarazioni di Janet Jellen a seguito delle varie "sparate" fatte dai governanti locali William C. Dudley (Federal reserve bank di New York) e Dennis Lackhart (Federal reserve bank di Atlanta (BSE: 532759.BO - notizie) ), sui pro e i contro di un rapido intervento a settembre.

Venerdì 11 agosto i tre indici Dow Jones, S&P500 e Nasdaq (Francoforte: 813516 - notizie) hanno toccato contemporaneamente il massimo storico, dando così un segnale di forza relativa molto importante. Per poter riscontrare un evento simile bisogna andare indietro fino al 1999.

Tali convergenze ci portano a rilevare che, malgrado molti titoli sembrino ormai cari e quindi rischiosi, non inficino gli indici che, nel loro complesso, risultano sostenuti da validi e forti supporti di medio termine. Nei giorni scorsi il famoso speculatore George Soros ha dichiarato di avere chiuso le posizioni speculative aperte sull'oro con ampi guadagni. Ha inoltre aggiunto che il mercato americano è a rischio e che il mondo è vicino a una catastrofe finanziaria. Se però così fosse, perché vendere l'oro?

Queste personalissime e autorevoli dichiarazione fatte tramite i mezzi di comunicazione, avranno per caso, come secondo scopo, la manipolazione dei mercati?

Il Vix sull' S&P500 è ai minimi storici, sintomo di un'alta confidenza sui mercati azionari, oppure di mancanza di alternative sui mercati obbligazionari.

Noi restiamo possibilisti e convinti che la Fed non intervenga sui tassi prima della fine dell'anno e che comunque, quanto ciò avverrà, sarà graduale e del tutto scontato.

Questa estate è stata anche molto curiosa per l'enfasi con cui le varie testate giornalistiche si sono interessate al referendum italiano. Il voto sul "si" o sul "no" alla riforma costituzionale è stato presentato come un probabile detonatore dei mercati ed è stato paragonato al voto sulla Brexit. Gli autori dei vari articoli si erano tutti schierati come propensi a sponsorizzare il "si" come elemento di cambiamento e rafforzamento della politica, non solo italiana, ma addirittura europea, la quale sarebbe a rischio implosione.

Sulla Brexit, dai giornalisti ai sondaggisti, tutti hanno toppato, pertanto riteniamo che anche questa volta, sul "si" o sul "no" al referendum, nessuno possa prevedere cosa voterà il popolo che, in genere, si dimostra più saggio e per niente condizionato dalle esasperate dichiarazioni dei politici.

Visto l'evolversi del quadro geopolitico restiamo preoccupati per il costante rischio di impreviste catastrofi non prevedibili, però speranzosi che, malgrado tutto, il mondo migliori.

Terminato il nervosismo provocato dalla Brexit, nel Regno Unito si può dire che la sindrome "Tina", acronimo di "There is no alternative" (non ci sono alternative), ritorni a spingere i risparmiatori verso il rischio. La forte massa di liquidità continuerà ad alimentare i mercati azionari, che a luglio hanno visto crescere l'MSCI World del 4% circa.

Dal punto di vista delle obbligazioni si incrementerà il flusso in uscita dei titoli a reddito negativo o basso dei paesi industrializzati verso i Paesi emergenti che hanno cedole più ricche e sono in possesso di un ulteriore potenziale di guadagno, grazie alle valute locali in ripresa sul dollaro.

Le sorprese, inoltre, potranno arrivare in autunno sia dai dati aziendali migliori delle pessimistiche previsioni post Brexit degli operatori, che dai dati macroeconomici dell'Europa, rivisti più volte a ribasso.

Dopo la Brexit, l'Europa è, infatti, corsa ai ripari serrando le fila della politica internazionale e sull'incrociatore "Garibaldi" i "leader" di Francia, Germania e Italia stanno tracciando le linee per la questione dei migranti, per la creazione di un esercito comune a difesa dell'Europa e per l'interscambio delle informazioni al fine di creare un' unica "intelligence" europea. Aumenta altresì la spinta alla mobilità studentesca tramite il progetto "Erasmus". Che sia questo l' inizio di quella costruzione lenta dell'Europa dei popoli dopo quella della finanza?

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