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L'Italia virtuosa della green economy

Al tempo della crisi, il rilancio passa dall'innovazione ecosostenibile - Intervista a Ermete Realacci, autore di 'Green Italy'

Un paese più desiderabile e competitivo che al nero, spesso luttuoso della crisi, oppone il verde delle speranze e delle scelte che valorizzano territorio e ambiente: è l’Italia descritta da Ermete Realacci in Green Italy, il libro edito da Chiarelettere (pp.220, 15 euro, 2012) che racconta 25 storie di green economy all’italiana. Realacci, deputato Pd e presidente onorario di Legambiente, presiede anche Symbola, la Fondazione per le qualità italiane. Perché il messaggio del libro è proprio quello: ripartire dalle eccellenze, guardare il paese con occhi diversi da quelli delle agenzie di rating, con il giusto stimolo a cogliere i nostri talenti innati.

La riflessione di Realacci giunge opportuna anche in un momento in cui, con il decreto ministeriale per le rinnovabili, la situazione appare tutt’altro che positiva per il settore: gli incentivi al fotovoltaico dall'anno prossimo aumenteranno di soli tre miliardi di euro rispetto ai sei previsti dalla normativa attuale. Sulle rinnovabili extra-fotovoltaico, dal primo gennaio 2013, la spesa per gli incentivi crescerà dai 3,5 miliardi attuali fino a 5,5 miliardi l'anno per poi essere stabilizzata entro il 2020. Per controllare la potenza annua installata, gli impianti oltre i 5 Mw (soglia che sale a 20 per l'idroelettrico e il geotermico) accederanno agli incentivi tramite aste al ribasso, nei limiti di quantitativi predeterminati di potenza annua. Soluzioni che molti non apprezzano, parlando di decreto “fatto in solitaria”. Insomma, gli argomenti non mancano e Yahoo! Finanza ne ha chiesto conto al cantore stesso della Green Italy, l'onorevole Ermete Realacci

Cosa rappresenta la green economy nella congiuntura attuale?
"Un’idea di futuro, nel momento in cui dobbiamo combattere la crisi, il debito pubblico e i mali antichi del nostro paese: la burocrazia spesso soffocante, l’illegalità, l’evasione fiscale, la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Ma è difficile fare ciò se non si ha anche un’idea dell’avvenire. Da questo punto di vista è  facile capire cosa deve fare l’Italia: investire in innovazione, ricerca, conoscenza e collegare questo ai suoi talenti storici. Come diceva l’economista Carlo Mario Cipolla, 'la missione dell’Italia è produrre all’ombra dei campanili cose che piacciono al mondo'. Questo incrocio è Green Italy, una green economy in salsa italiana, già presente nel nostro paese. Citerei una frase di Joseph Conrad: 'non riuscirò mai a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando'. Noi dobbiamo fare altrettanto: guardare fuori dalla finestra alle imprese, ai territori, alle comunità per capire quali son le cose da mettere in rete per qualificarci al meglio".

I numeri danno ragione a questa prospettiva?
"Ci sono dei lavori molto seri fatti da Unioncamere e da Symbola che hanno censito le imprese che negli ultimi hanno investito sulla green economy e sono numeri imponenti. Quasi un quarto delle aziende hanno compiuto scelte che vanno in questa direzione e spesso sono le più vitali, quelle che esportano di più e creano più occupazione. L’anno scorso il 38%  dei nuovi posti di lavoro, 220 mila su 600 mila erano legati in qualche maniera alla green economy. C’è un mondo economico e singole realtà trasversali, che vanno dalla meccatronica, all’agricoltura di qualità, dall’hi tech alle ceramiche, che ci riscattano. Pensiamo al vino italiano: l’anno scorso abbiamo raggiunto il picco nell’export con 4 miliardi e 400 milioni di euro. Non molti ricordano che il vino italiano era morto negli anni ‘80, avendo scelto la grande quantità e il basso prezzo. Sembrava spazzato via, ma oggi battiamo la concorrenza internazionale. Quando l’Italia fa l’Italia è un grande paese".

Quali storie incarnano meglio quest’approccio?
"Conosco di questo paese, girando molto e sostenendo la battaglia ambientale, sia gli aspetti negativi, l’ecomafia, l’abusivismo, che quelli positivi come le storie che racconto nel libro. Ad esempio quella di Ecoplan, un’impresa calabrese di Polistena che dallo scarto di lavorazione delle olive ricava materiali per edilizia di grande qualità. Ma una storia simile è quella di Edilana, in Sardegna dove un gruppo di ricercatrici ha imparato a produrre, dai residui della lana e dei latticini, materiale, anche questo per l’edilizia, di grandissima efficacia.  Non mancano nemmeno le nuove tecnologie, come Mandarin, l’azienda che in Sicilia che ha diffuso l’uso dell’informatica anche nei piccoli comuni o Win, nata dalla Scuola Superiore del Sant’Anna, che applica l’informatica alla medicina, riduce i costi e accompagna meglio i malati nella degenza. Oppure i saperi legati all’artigianato: la storia di un grande sarto di Ginosa, di Puglia, Angelo Inglese, che vende i suoi abiti in mezzo mondo e che creato la camicia al principe William per le nozze con Kate Middleton. C’è un’Italia che scommettendo su se stessa sta in piedi".

Perché la politica non supporta questi sforzi, anche in termini di ritorno elettorale?
"La politica italiana si guarda addosso, ha perso la capacità di guardare al paese futuro, di mobilitare le energie, nonostante siamo di fronte chiaramente a una prospettiva molto forte per la nostra economia. In un settore tradizionale come l’edilizia, tanta occupazione e tanta modifica nel senso della qualità è stata prodotta da quella misura del credito di imposta del 55%, usata da 1 milione e 400 mila famiglie, che ha prodotto 17 miliardi di euro di fatturato, 50mila posti di lavoro all’anno. Purtroppo la politica ha la testa voltata indietro, dobbiamo fare i conti con un mondo che cambia, dove si affacciano grandi paesi che hanno miliardi o centinaia di milioni di abitanti. Noi non competeremo mai con questi paesi con misure che puntano al ribasso, magari pagando meno e inquinando".

Come valuta il decreto sulle rinnovabili?

"Credo che vada seriamente cambiato, sebbene ci siano alcune cose condivisibili e altre meno. Non si coglie che questo settore, che pure va normato in maniera seria, vada accompagnato presso un pieno ingresso nel mercato in settori importantissimi della nostra economia. Forse, sotto pressione di interessi del passato, si è teso più a limitare le potenzialità delle rinnovabili che non ad accompagnarle. Ora è giusto ridurre gli incentivi che alla fine gli italiani li pagano in bolletta. Ma ci sono tante norme  prive di senso".

Tipo?

"E' stata eliminata una norma molto importante che prevedeva un contributo automatico aggiuntivo per chi nel mettere pannelli fotovoltaici eliminava l’amianto, che è un problema serissimo. Va ripristinato. Oppure si introducono norme burocraticamente soffocanti sui registri degli impianti come il vincolo sulle installazioni dei pannelli, legate alla certificazione energetica degli edifici. Se un edificio è costruito male che senso ha non metterci neanche il pannello fotovoltaico? La verità è che molte norme sono volte a limitare lo sviluppo del fotovoltaico. Bisogna cambiare molte cose e spero che la conferenza Stato-Regioni faccia la sua parte per non fermare un settore che è fondamentale nel futuro. C’è un sistema che va accompagnato, monitorato, da pochi attori nella produzione di energia siamo passati a  350mila soggetti. Questo è scenario di grande interesse, che richiede grande attenzione sul piano finanziario, sull’economia del futuro".

Chi inciderà di più su una simile prospettiva? Le lobby verdi, un nuovo partito ambientalista?
"Penso che questa sensibilità dovrebbe essere condivisa da un intero paese. Poi, certo, c’è lo scontro politico e io stesso appartengo a una forza che potrebbe e dovrebbe fare di più ma che non è una forza che promuoverebbe, ad esempio, una sanatoria sull’abusivismo edilizio. Anche nel caso del nucleare, come abbiamo visto lo scorso anno, ci sono idee diverse. Il vero scarto è avere un’idea ambiziosa e realistica. Oggi chi propone vecchi modelli economici, per uscire dalla crisi, senza elementi innovativi, senza cambiare niente, se il solo tema è 'adda passà a nuttata', sbaglia".