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I mercati, impavidi, snobbano anche Yellen

I mercati azionari americani hanno proseguito anche ieri, tutto d’un fiato, la loro cavalcata rialzista, che ha collezionato un nuovo record assoluto per tutti e tre i principali indici USA (SP500, Dow Jones e Nasdaq100). La promessa di sgravi fiscali “fenomenali”, giocata da Trump per accattivarsi un po’ di simpatie, dopo le perplessità suscitate dalle misure protezionistiche varate all’inizio del suo mandato, ha mandato in visibilio i mercati azionari.

Ieri neppure la testimonianza della Presidente FED Yellen al Senato è riuscita a frenare l’avanzata dei listini, nonostante abbia indicato come possibile l’aumento dei tassi in ognuna delle prossime riunioni del FOMC. Il suo tono è sembrato meno prudente che in altre circostanze, quando ha affermato che “aspettare troppo potrebbe essere poco saggio” e che preferisce aumenti graduali e tempestivi piuttosto che bruschi e repentini. Ha anche sottolineato l’incertezza sulle politiche economiche future, temendo che si possano creare effetti positivi su crescita e produttività, ma negativi sul debito, che ha assunto una traiettoria non sostenibile.

Non è mancata una stoccata a Trump sull’immigrazione, con l’affermazione perentoria che fermare l’immigrazione avrebbe l’effetto di rallentare anche la crescita.

Insomma: un messaggio questa volta non propriamente accomodante e poco favorevole all’investimento senza problemi. Eppure i mercati non si sono fatti minimamente impressionare.

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Chi ha seguito i mercati negli ultimi anni non può aver fatto a meno di confrontare la reazione di ieri con quelle del passato, quando la minima sfumatura linguistica che facesse pensare alla possibilità di un rialzo suscitava l’arretramento immediato degli investitori e scosse telluriche sulle borse emergenti.

Ieri invece le parole di Yellen hanno soltanto rianimato leggermente il dollaro, che ha recuperato un po’ di forza rispetto a tutte le altre valute, ma non sono riuscite a fermare la corsa dell’azionario, con tutti gli indici che hanno proseguito regolarmente il rialzo e chiuso sui massimi di seduta. Il VIX è sceso sotto quota 11, mostrando la notevole tranquillità degli investitori, mentre gli indicatori di forza hanno esteso il loro andamento su livelli di forte eccesso rialzista (ipercomprato). RSI(14), l’indicatore più usato per misurare gli eccessi, presenta i seguenti valori: 75,3 per SP500, 74,7 per il Dow Jones e addirittura 79,6 per il Nasdaq100. Ricordo che la situazione di ipercomprato si verifica al superamento di quota 70.

L’ipercomprato non è necessariamente seguito da uno storno immediato. In casi di euforia conclamata un mercato può rimanere in ipercomprato anche per più giorni. Tuttavia la manifestazione di questo segnale di eccesso evidenzia la perdita di senso della misura da parte degli investitori. Poi spesso l’euforia viene alimentata da rumor e notizie di acquisizioni o scalate ostili, e si sa che i mercati si eccitano alla vista del sangue, come tutti i predatori. Ieri ad animare le borse europee è stata la notizia dell’apertura di un nuovo risiko, in campo automobilistico, con la francese Peugeot (Other OTC: PUGOF - notizie) che tratta con General Motors (NYSE: GM - notizie) per acquisire Opel. La notizia ha scatenato gli acquisti a tappeto su tutti i titoli del settore auto e, sul listino italiano, riportato Fiat (Hannover: FIA1.HA - notizie) ai massimi dell’anno.

Perciò, se è forse presto per scappare dal trend rialzista, appare sensato avvertire che questi eccessi hanno il più delle volte vita breve e vengono seguiti da un periodo di correzione. Pertanto i segnali di inversione, quando dovessero manifestarsi, non andrebbero sottovalutati. E’ sempre il mercato che decide e pertanto va rispettato. Sempre.

Certo, se questa volta la correzione dovesse tardare a manifestarsi, significherebbe che il tocco di Trump non è solo riuscito a cambiare l’umore dei mercati, ma anche il loro modo di confrontarsi con il buon senso.

Autore: Pierluigi Gerbino Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online