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Ici non pagata, Josefa Idem "non sapeva"

Il ministro ed ex olimpionica è nella bufera per non aver pagato la tassa e prova a discolparsi su Repubblica

Ici non pagata, Josefa Idem "non sapeva"

Josefa Idem, atleta dal passato glorioso, e titolare di dicastero delle pari Opportunità nel governo Letta, è finita nella bufera per il mancamento pagamento dell’Ici. Ripercorrendo brevemente la vicenda, Idem è “accusata” di non aver pagato l’Ici per quattro anni, visto che la palestra dove si allenava era intestata come abitazione principale, separatamente quindi dalla casa in cui abita con marito e figli e di cui il coniuge risulta intestatario.

Non manca nemmeno, secondo quanto riportato negli scorsi giorni, un accertamento per abuso edilizio. Insomma, la situazione non è bella e un ministro, più di qualunque altro cittadino, è esposto all’opinione pubblica quando sbaglia sul tema di fisco e proprietà. E cosa fa la plurimedagliata olimpica per difendersi? Rilascia un’intervista a Repubblica dove afferma che non sapeva dell’Ici non pagata, e che intende pagare con gli interessi ma non dimettersi.

Non si capisce bene se la Idem sapesse o meno che esiste l’Ici/Imu e che va pagata sempre, ma tra i motivi che adduce a sua discolpa c’è anche di fondo un disinteresse per la materia. Afferma infatti sulla testata capitolina: “Nella mia vita ho passato tre settimane al mese in canoa, dodici mesi l’anno. Non mi sono mai occupata personalmente della gestione di queste cose, non le saprei nemmeno dire di che cifre stiamo parlando», “ho fatto otto olimpiadi e due figli”.

L’attività sportiva agonistica insomma mal si concilierebbe con i problemi della vita quotidiana, gli stessi che affliggono milioni di italiani, costretti a inseguire le scadenze. “ Non occuparsene insomma” equivale a “che mai potevo saperne”, eppure la casa-palestra era a lei intestata. Scendendo però nel merito delle contestazioni Idem afferma che la pietra dello scandalo “ non è una palestra. Mi sono sempre allenata a casa, in famiglia. Abitavamo, fino al 2007, in una casa di mia proprietà su due piani, al terreno un open space di circa 100 metri quadri attrezzato a palestra”.

Successivamente la famiglia compra una casa più grande in cui si trasferisce, ma l’atleta continua a usare la vecchia casa come palestra, reputando però che non sia diversa da prima, ovvero che sia “casa” e non palestra e basta. La palestra poi è stata successivamente data in gestione ad un’associazione sportiva dilettantesca. La vicenda insomma è spinosa e la ministra si deve rifugiare nel buonsenso, dicendo che “se ci sono state irregolarità farò come qualunque cittadino, pagherò con gli interessi”, e delegando la gestione del caso all’avvocato scelto, Luca Di Raimondo.

La delega, quella stessa cosa che, a voler concedere il beneficio del dubbio sulla buona fede, ha inguaiato Idem, visto che afferma: “ho sempre delegato ai tecnici chiedendo loro naturalmente di fare le cose a regola d’arte”. Cosa che fanno milioni di italiani, tutto sommato. Su una simile vicenda, ognuno si può fare l’opinione che desidera, tuttavia non mancano spunti interessanti di riflessione.

Non è certo il primo caso in cui un politico dichiara di non conoscere a menadito obblighi e doveri inerenti a fisco e pagamenti, ma è pur vero che un politico è un cittadino, tanto più Idem che è diventato ministro di fatto alla prima volta da eletta. E’ davvero così chiaro il meccanismo e il campo di applicazione di molte delle tasse italiane, visto che Idem non è la sola a rivolgersi al commercialista, delegando o, alla maniera pilatesca, lavandosene le mani?

La cattiva fede è la causa di simili errori, o forse una qual certa semplificazione aiuterebbe, visto che le tasse aumentano al passare dei governi e non di rado sovrapponendosi? Nel caso di Idem, infine, come lei stessa dichiara un po' polemica “la denuncia di irregolarità è emersa solo dopo esser diventata ministro”. Un meccanismo che fa parte del gioco per le persone che hanno ruoli pubblici, ma che pure non è il massimo dell’equità.