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Il caro bollette non smuove la Ue: nessun accordo tra Stati

KRASNODAR TERRITORY, RUSSIA - OCTOBER 22, 2021: A gas-measuring unit at the Russkaya Compressor Station of the TurkStream gas pipeline in Anapa District of Krasnodar Territory in southern Russia. The initial point of gas shipment through the TurkStream, the Russkaya Compressor Station is one of the most powerful in the world. The stations power capacity allows to create enough gas pressure to transport gas for over 900 km without any additional technical facilities. The station is equipped with seven 32-MWatt gas pumping units; the projected power capacity of 244 MWatt allows to create the output gas pressure of 28.45 MPa. Dmitry Feoktistov/TASS (Photo by Dmitry Feoktistov\TASS via Getty Images) (Photo: Dmitry Feoktistov via Getty Images)

“Non c’è alcuna indicazione che i prezzi dell’energia scendano dai record attuali, questo è un fenomeno globale e tutto il mondo ne è colpito”, dice la Commissaria europea all’energia Kadri Simson a margine del Consiglio dei ministri europei dell’Energia a Lussemburgo. Eppure, contro il ‘caro bollette’ l’Unione non tocca palla: tocca alla stessa Simson annunciare che “non c’è accordo tra gli Stati per nuove misure”, come lo stoccaggio e contratti comuni sul gas.

L’idea finisce azzoppata dalla mossa congiunta di Germania, Austria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Lettonia, Olanda, Belgio e Svezia. Madrid, capofila della proposta bocciata, è furiosa. Il ministro italiano Roberto Cingolani sottolinea che si potrebbe andare avanti con “stoccaggi su base volontaria”, con i paesi che vogliono, come prevede la proposta della stessa Commissione. Ma il blocco tedesco e di tutto il nord pesa.

Leader e ministri europei discutono del ‘caro bollette’ da più di venti giorni, a partire dalle riunioni di Eurogruppo ed Ecofin a inizio ottobre, poi il vertice dei leader in Slovenia il 6 ottobre, il Consiglio europeo della settimana scorsa a Bruxelles e oggi il Consiglio straordinario dei ministri dell’energia a Lussemburgo. Eppure non c’è ancora una decisione a portata di mano. A Simson non resta che mettere in evidenza l’unica contromossa andata in porto: a livello nazionale, non europeo. “Diciannove Stati hanno deciso o hanno annunciate misure nazionali per far fronte al caro energia”, dice la Commissaria europea. Troppo poco per un’Unione a 27.

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Il blocco nordico era nell’aria. Olanda e Finlandia, sostenute da Berlino, hanno sempre espresso la loro contrarietà ad un intervento comune sul mercato. Posizione che Angela Merkel ha dissimulato al vertice con Mario Draghi e gli altri leader venerdì scorso a Bruxelles, limitandosi a invitare alla “cautela” prima di agire con una mossa comune.

Ma nelle cancellerie la posizione di Berlino e delle altre capitali del nord era nota. La conosce bene da tempo anche Ursula von der Leyen che, a differenza della sua mentore politica Merkel, avrebbe voluto poter azionare le leve di un altro intervento comune europeo, ora sull’energia come ieri sui vaccini. Sarebbe un successo, un altro per l’Unione e anche per la presidente della Commissione Europea, alla ricerca di nuovi ‘goal’ per rafforzare la sua immagine ora che Merkel sta lasciando il potere in Germania.

E invece non se ne fa niente. Nelle scorse settimane, il blocco tedesco non solo ha fatto slittare la proposta della Commissione sul ‘caro energia’, presentata alla fine il 13 ottobre scorso. Ma in più, visto che con Berlino c’è mezza Europa, Palazzo Berlaymont ha dovuto partorire un topolino, rivedendo molte delle prospettive iniziali. Il testo apre alla possibilità di inaugurare stoccaggi comuni volontari con chi ci sta. Ma oltre questo l’Unione non va.

Spagna e Italia insistono. “Accogliamo con favore l’intenzione della Commissione di esplorare i possibili benefici di un possibile approvvigionamento volontario congiunto di scorte di gas”, dice il ministro Cingolani mettendo in evidenza che l’Italia sostiene la proposta spagnola, insieme alla Francia. “Questo meccanismo dovrà essere disegnato in modo da favorire la concorrenza fra produttori, riducendo al minimo le distorsioni del mercato - aggiunge - Potrebbe quindi riferirsi a quantitativi addizionali” di gas “che potrebbero essere allocati secondo i criteri di concorrenza. L’Italia si attende nella prossima revisione della legislazione sul mercato del gas che vengano prese misure per affrontare il cosiddetto ‘pancaking’ (una stratificazione dei costi che gli operatori pagano lungo la rotta di importazione del gas, ndr) in modo da non penalizzare con oneri eccessivi i consumatori finali, in particolare quelli dei mercati periferici. E siamo fortemente favorevoli a ricerca, sviluppo e innovazione. Siamo convinti che si debba investire su tutte le tecnologie emergenti per il futuro”.

La Spagna presenta un suo documento al vertice di Lussemburgo. Separare i prezzi dell’elettricità dai prezzi del gas, mettere un tetto massimo ai prezzi del gas naturale, mettere in campo una piattaforma di acquisti centralizzati europei da attivarsi in situazione di “rischio” come quella attuale: sono le principali proposte. L’Ue, insiste il governo di Madrid, dovrebbe “evitare asimmetrie” e “assicurare che i Paesi membri lavorino nella stessa direzione evitando che differenti misure possano causare distorsioni aggiuntive”. Inoltre, “in situazioni eccezionali”, dovrebbe essere “permesso ai Paesi membri di adattare la formazione dei prezzi dell’elettricità” nei mercati nazionali “alle loro specifiche situazioni”. La Spagna poi propone anche che siano messe in campo “misure per evitare speculazioni finanziarie nel mercato degli Ets”, il sistema di tracciamento delle emissioni nocive che obbliga chi inquina a pagare una sorta di ‘licenza’.

Invece la Francia punta a incassare il risultato di quella che è sempre stata la sua principale battaglia: l’ammissione del nucleare tra le fonti di energia pulita da includere nel documento sulla tassonomia che la Commissione preparerà per dicembre. E qualche segnale sembra andare in direzione di Parigi. “Ogni Stato può scegliere il proprio mix e definire il proprio percorso verso la decarbonizzazione. Il nucleare è riconosciuto come fonte a basso impatto di emissioni ma ci sono opinioni divergenti per quanto riguarda le scorie”, dice Simson. “La Commissione sta esaminando i risultati del Centro comune di ricerca. Non posso anticipare al proposta alla commissione sta lavorando, ma il mix energetico ha bisogno di piu’ rinnovabili ed energia pulita e parallamente avremo bisogno di una fonte stabile in questa fase transitoria, come il nucleare e il gas naturale”.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.