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Il fallimento Covax assicura lunga vita al Covid

A health worker speaks with a patient at the Covid-19 specialized ward at the Honorio Delgado Hospital in Arequipa, Peru (Photo: DIEGO RAMOS via Getty Images)
A health worker speaks with a patient at the Covid-19 specialized ward at the Honorio Delgado Hospital in Arequipa, Peru (Photo: DIEGO RAMOS via Getty Images)

Dagli Stati Uniti all’Europa, i governi stanno facendo di tutto per convincere gli indecisi a farsi iniettare quel vaccino salva-vite che in altre parti del mondo resta un miraggio. Perché tale è ancora il vaccino anti-Covid nella stragrande maggioranza dei paesi poveri, dall’Africa al Medio Oriente. Finora solo 20 milioni di africani - circa l′1,5% della popolazione del continente - sono stati interamente vaccinati contro Covid-19 e solo l′1,7% dei 3,7 miliardi di dosi somministrate a livello globale è stato destinato all’Africa. In altre parti del mondo - dall’America Latina al Medio Oriente al sud-est asiatico - non va molto meglio: il vaccino continua a essere un bene prezioso, l’oggetto di appelli alla solidarietà come quello lanciato qualche giorno fa dall’ex presidente brasiliano Lula a Mario Draghi.

Ora che la variante delta, con la sua potente carica virale, minaccia di scombinare i piani dei paesi che già si vedevano fuori dal tunnel, l’egocentrismo vaccinale dell’occidente rischia di allungare la vita al Covid. “L’Occidente continua a pensare di poter superare questa situazione investendo solo sulla vaccinazione dei propri cittadini, ignorando parti del mondo in cui mutazioni più cattive potrebbero essere già avvenute”.

A Tunisian COVID-19 patient receives first aid at the Charles Nicole hospital's emergency room in the capital Tunis, on July 16, 2021. - Overwhelmed by the explosion of COVID-19 cases Tunisia now relies on international aid to deal with the health crisis, a critical situation for the country which had successfully anticipated the first wave of the pandemic. (Photo by FETHI BELAID / AFP) (Photo by FETHI BELAID/AFP via Getty Images) (Photo: FETHI BELAID via Getty Images)

Le immagini delle piazze no-Vax in Italia, in Francia, in Australia stridono con la richiesta di vaccini che arriva dai paesi poveri, dove la mancanza di dosi certifica il fallimento di Covax, il programma lanciato nell’aprile del 2020 da Gavi Alliance, Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (CEPI) per “garantire un accesso equo ai vaccini”. L’obiettivo originario era di distribuire due miliardi di dosi entro la fine del 2021; l’idea era di accettare donazioni finanziarie e vaccini dai paesi e distribuirli equamente tra le nazioni più povere in base alla popolazione.

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Finora, però, il programma non ha raggiunto i suoi obiettivi. Solo il 3,8% dei 3,6 miliardi di dosi somministrate in tutto il mondo fino ad oggi arriva da Covax, soprattutto perché i paesi ricchi hanno acquistato la maggior parte dei nuovi vaccini prima ancora che fossero approvati dagli enti regolatori per l’uso di emergenza.

Un’altra grave battuta d’arresto è arrivata in primavera, quando l’India - colpita dalla devastante ondata che ha portato alla ribalta la variante delta, oggi dominante in Europa – ha sospeso l’esportazione dei vaccini prodotti nei propri stabilimenti. Covax si era affidato al Serum Institute of India per fornire più della metà delle sue dosi e la conseguente carenza ha reso l’organizzazione incapace di mantenere i suoi impegni in molti paesi.

Quanto alle donazioni annunciate al G7 di giugno in Cornovaglia – 870 milioni di dosi, di cui la metà entro il 2021 – sono i numeri della vaccinazione a livello globale a dimostrare come il “piano per vaccinare il mondo” - così lo chiamò Joe Biden alla vigilia del vertice – stenta a decollare.

Secondo diversi osservatori, Covax è partito già zoppo: ha iniziato ad acquistare le dosi troppo tardi, quando i paesi più ricchi si erano già aggiudicati la maggior parte delle dosi ancora da realizzare. Per non limitarsi ad aspettare Covax, molti paesi a basso e medio reddito hanno stretto accordi diretti con aziende e altre nazioni. Ma la stagione della “diplomazia vaccinale”, con Cina e Russia in prima fila a vendere o “regalare” i propri vaccini in cambio di influenza politica, si è affievolita nel corso dei mesi, pagando il proprio conto alla realtà: sviluppare, produrre e distribuire vaccini sicuri ed efficaci è un compito titanico anche per il più determinato degli autocrati.

“Covax aveva lo scopo di fornire vaccini Covid-19 per tutti sulla base della solidarietà e dell’equità. Invece, si basa sulla volontà dei paesi ricchi di condividere le loro dosi”, scrive Ann Danaiya Usher in un articolo su Lancet dedicato, appunto, al fallimento di Covax. “Era una bella idea, nata dalla solidarietà”, commenta Gavin Yamey della Duke University, che ha fatto parte di un team di esperti convocato da Gavi all’inizio del 2020 per discutere il disegno di Covax. “Sfortunatamente, non è successo. I paesi ricchi si sono comportati come nel peggiore degli incubi”.

Genesi di un fallimento

Covax era stato disegnato per reggersi su due gambe: una per i paesi ad alto reddito, che avrebbero pagato per i propri vaccini, e una per i 92 paesi a basso reddito, le cui dosi sarebbero state acquistate con l’aiuto di donatori. Nella cosiddetta gamba di autofinanziamento di Covax, ai paesi ricchi è stato chiesto di pagare in anticipo (entro metà settembre 2020) per prenotare dosi per le loro popolazioni. Nell’altra gamba, quella destinata ai paesi poveri, l’acquisto dei vaccini sarebbe dovuto avvenire tramite donazioni raccolte dall’Advance Market Commitment, a cui però i soldi sono arrivati in ritardo. L’idea originaria era che, dando a Covax questi due flussi di finanziamento, la struttura avrebbe avuto i mezzi per investire nella ricerca e nello sviluppo di diversi candidati vaccini. Non solo: in quanto meccanismo di approvvigionamento collettivo, la facility avrebbe avuto i “muscoli” per abbassare i prezzi per tutti i partecipanti.

Le cose, come tutti sappiamo, sono andate in modo molto diverso. Ad agosto 2020 gli Stati Uniti avevano già stipulato sette accordi bilaterali con sei aziende da più di 800 milioni di dosi, sufficienti per vaccinare il 140% della sua popolazione. Il Regno Unito aveva siglato cinque accordi bilaterali per 270 milioni di dosi, pari al 225% della popolazione. L’Ue, presa in contropiede dalla rapidità degli alleati, seguiva nella corsa siglando i propri (pasticciati) accordi bilaterali. Con questi primi investimenti, i paesi ricchi si sono garantiti un posto in prima fila, mentre Covax, che non aveva i mezzi per competere, è stato spinto indietro.

SPAIN - 2021/07/13: In this photo illustration a medical syringe seen displayed in front of the Covax Facility vaccine logo. (Photo Illustration by Thiago Prudencio/SOPA Images/LightRocket via Getty Images) (Photo: SOPA Images via Getty Images)
SPAIN - 2021/07/13: In this photo illustration a medical syringe seen displayed in front of the Covax Facility vaccine logo. (Photo Illustration by Thiago Prudencio/SOPA Images/LightRocket via Getty Images) (Photo: SOPA Images via Getty Images)

Come la variante delta ha scombinato i piani

Mentre il dibattito sulla deroga temporanea dei brevetti è fermo al palo (l’Organizzazione mondiale del commercio ufficialmente ne discute ancora, ma dopo il raffreddamento americano in pochi ci credono ancora), i governi occidentali e le case farmaceutiche provano a sopperire annunciando donazioni e partnership come quella promossa da BioNTech e Pfizer con l’istituto sudafricano Biovac.

Si tratta però di lumicini lungo un sentiero che si annuncia difficile e incerto per tutti, anche per quei paesi che forse per eccesso di spavalderia pensavano di avercela quasi fatta. Lo dimostrano le parole di Anthony Fauci, direttore dell’Istituto statunitense di malattie infettive: “gli Stati Uniti stanno andando nella direzione sbagliata”, ha dichiarato in un’intervista alla Cnn, commentando l’aumento dei casi di Covid in particolare della variante delta. I vertici sanitari dell’amministrazione Biden sono orientati a raccomandare una terza dose per gli over 65 e le persone fragili; la ministra della Salute spagnola dà per certa la necessità di una terza dose, mentre in autunno si presenterà il problema della scadenza del Green Pass per i primi vaccinati.

Se fino a qualche tempo fa l’Oms stimava che il mondo avesse bisogno di almeno 11 miliardi di dosi per debellare la pandemia, quel numero è verosimilmente destinato a lievitare. Come rischiano di lievitare i tempi della vaccinazione nei paesi a basso reddito. Secondo un report diffuso a giugno dalla People’s Vaccine Alliance, i paesi a basso reddito potrebbero impiegare decenni per vaccinare completamente le loro popolazioni, mentre i paesi del G7 potrebbero raggiungere quel traguardo nel giro di qualche mese.

La roulette russa sulle varianti e l’egocentrismo dei paesi ricchi

Ora il rischio è che l’accelerazione imposta dalla variante delta spinga i paesi ricchi a proseguire nel proprio egocentrismo, anziché affrontare la pandemia come una sfida globale. “I governi occidentali sembrano incapaci di comprendere come questa sia una pandemia, o meglio una sindemia, che si estende oltre la malattia infettiva coinvolgendo tutti gli aspetti della vita”, commenta Aldo Morrone, direttore scientifico dell’Istituto San Gallicano di Roma. “L’Occidente continua a pensare di poter superare questa situazione investendo solo sulla vaccinazione dei propri cittadini, ripetendo così il peccato originario commesso con Covax: doveva essere un investimento, è diventata un’elemosina. L’egoismo dei più ricchi ha impedito a Covax di trattare in modo competitivo sui prezzi dei vaccini per i paesi in via di sviluppo, riducendo il suo ruolo alla beneficenza”.

DHAKA, BANGLADESH - JULY 25: 5 month pregnant Surovi, who has COVID-19, is admitted to a hospital on July 25, 2021 in Dhaka, Bangladesh. Bangladesh is in the worst month of the COVID-19 pandemic so far, with the surge in cases fueled by the Delta variant, first detected in India. (Photo by Allison Joyce/Getty Images) (Photo: Allison Joyce via Getty Images)

Per Morrone, l’Occidente sta già pagando il suo egocentrismo. “La variante delta dovrebbe averci insegnato qualcosa: risponde ancora ai vaccini, anche se in maniera ridotta rispetto alle versioni precedenti, ma siamo già lì a temere per la variante delta plus, in cui c’è una mutazione della variante sudafricana su quella indiana. Sulle varianti stiamo giocando alla roulette russa. Finora la nostra fortuna è che non sono emerse varianti ‘escape variant’, in grado di sfuggire ai vaccini, ma cosa ci dice che in Algeria o in Siria o in Iraq non si stiano diffondendo varianti ancora più aggressive? Più tempo il virus trascorre all’interno di organismi umani debilitati in contesti a basso tasso di vaccinazione, più aumenta il rischio di varianti pericolose. Purtroppo le autorità sanitarie occidentali non sembrano averlo capito, e anche l’Oms ci è arrivato in ritardo”.

Da medico e da uomo – conclude Morrone - fa uno strano effetto vedere le piazze no-Vax in cui si invoca la “libertà” e paesi senza vaccino dove gli ospedali non riescono più a curare malattie ordinarie. “Da una parte mi verrebbe da dire: ok, chi non vuole vaccinarsi faccia un atto in cui certifica che il suo vaccino lo vuole dare a un altro, che invece lo vorrebbe e non lo avrà mai. Dall’altra parte mi rendo conto che è un fallimento anche nostro, della comunità scientifica: abbiamo perso autorevolezza, abbiamo spesso utilizzato la scienza per una logica di profitto, abbiamo lasciato giocare la politica su un tema esclusivamente di salute globale. È uno strano paese quello in cui, per convincere le persone sull’importanza della vaccinazione nella sfida globale della pandemia, bisogna vietare loro di andare al ristorante, in palestra, al cinema”. Purtroppo, finora la storia della pandemia è anche una storia di parziali fallimenti, da Covax all’adesione spontanea alla campagna vaccinale.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.