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Il Tesoro cerca soldi per tagliare le bollette. Ma l'Iva non si tocca

BOllette (Photo: ANSA)
BOllette (Photo: ANSA)

Quando alle nove del mattino Mario Draghi convoca a palazzo Chigi il ministro dell’Economia Daniele Franco e il titolare della Transizione ecologica Roberto Cingolani è chiaro a tutti i partecipanti che serve ancora tempo per mettere a punto il decreto chiamato a mitigare i costi delle bollette di luce e gas. Eppure la sera prima, la possibilità di portare il provvedimento sul tavolo del Consiglio dei ministri dell’indomani era data per “molto probabile” in diversi ambienti di governo. D’altronde il tempo per intervenire è e resta poco dato che l’Autorità per l’energia aggiornerà le bollette di luglio al massimo entro tredici giorni. Ma tra la volontà di intervenire subito con una misura tampone e la fattibilità del tentativo ci sono di mezzo i soldi. Non ci sono, vanno cercati. E la caccia non è facile. Solo con una quantificazione esatta delle risorse a disposizione si possono imbastire le soluzioni e per questo il premier invita i due ministri ad attivare i rispettivi tecnici per arrivare a confezionare il decreto entro il 24 settembre.

Una settimana al massimo, quindi, per capire come evitare che i cittadini e le imprese paghino un salasso quantificato in aumento del 40% per le bollette elettriche e del 30% per quelle del gas. Il vertice a palazzo Chigi parte dall’esame delle misure adottate dagli altri Paesi europei investiti dal caro bollette, a iniziare dalla Spagna, ma la possibilità di tramutare interventi come la riduzione dell’imposta sull’elettricità viene subito scartata. Il ventaglio delle soluzioni è ampia, ma esclude con certezza un intervento per tagliare l’Iva che grava sulle bollette delle utenze domestiche per il 10% e su quelle non domestiche per il 22 per cento. Su questo punto Draghi e Franco sono compatti nonostante Matteo Salvini e i 5 stelle spingono da giorni per intervenire sull’imposta. Un’ampia parte della riunione che dura circa un’ora è dedicata proprio all’impossibilità di intraprendere questa strada. Il taglio del ragionamento del ministro dell’Economia è netto: toccare l’Iva significa far diminuire il gettito e questo significa che bisognerà recuperarlo altrove. Il recupero, però, comporta due soluzioni: aumentare le tasse o tagliare le spese. Sono entrambe azioni che hanno un contraccolpo enorme, il primo sul fronte del consenso, il secondo rischia di accendere una miccia nella maggioranza su cosa bisogna tagliare, il reddito di cittadinanza invece che un’altra misura cara ai partiti.

Draghi concorda con la linea di Franco e si passa così a esaminare altre misure. Il primo punto che viene fissato è un’azione in due tempi: un decreto d’urgenza, come si diceva entro il 25 settembre, e un intervento strutturale con la legge di bilancio. I veicoli che dovranno tradurre il piano in norme operative e in ultima istanza in un taglio delle bollette sono ancora diversi. La scelta sarà calibrata in base ai soldi che il Tesoro sta cercando tra i vari capitoli di spesa che non hanno asciugato tutte le risorse a disposizione, ma una traccia c’è già. Il decreto di fine settembre dovrebbe replicare l’intervento adottato a luglio, quando con uno stanziamento di 1,2 miliardi fu possibile dimezzare l’aumento delle bollette.

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Le cifre sono ancora ballerine. Di sicuro non si potrà azzerare l’aumento perché farlo significherebbe mettere sul piatto 9 miliardi e solo per l’intervento di mitigazione, lasciando fuori quindi la misura strutturale che punta a intervenire sui cosiddetti oneri di sistema, le voci della bolletta che non hanno a che fare con consumi, tasse e trasporti, ma che servono a finanziare, tra le altre spese, le rinnovabili, la messa in sicurezza del nucleare e le tariffe speciali per le ferrovie. Secondo alcune simulazioni, convogliare nel decreto 3 miliardi potrebbe tradursi in una mitigazione del 30% dell’aumento. Allo studio c’è anche un pacchetto aggiuntivo o alternativo, quello del potenziamento del bonus sociale che già oggi garantisce bollette meno alte per le famiglie con redditi bassi. L’altra gamba dell’intervento, che troverà spazio nella manovra d’autunno, è un intervento sugli oneri di sistema a livello strutturale. Quest’anno sono quantificati in 14 miliardi, da recuperare in bolletta: l’idea è di trasferire almeno una parte di questi oneri sulla fiscalità generale. Togliere tutto o parte del peso da chi paga le bollette però si tradurrebbe così in aumento dei costi a carico delle casse dello Stato: l’impatto sarebbe meno diretto, ma a pagare in ultima istanza sarebbero sempre i cittadini. L’equilibrio tra soldi e norme ancora non c’è, ma andrà trovato in pochi giorni. Perché nel Governo nessuno, tantomeno Draghi, vuole venire meno alla promessa di sostenere cittadini e imprese nel passaggio delicato della transizione ecologica che genera un prezzo da pagare.

Questo articolo è originariamente apparso su L'HuffPost ed è stato aggiornato.

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