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Italia, per rapporto bassa crescita è legata a gap istruzione, non al mercato del lavoro

MILANO (Reuters) - L'assenza di crescita e la bassa produttività dell'economia italiana riflette un ritardo dell'innovazione e dei processi educativi, più che il basso livello di concorrenza nel mercato del lavoro e dei prodotti. Sono le conclusioni di uno studio del think tank Bruegel, pubblicato stamane sul sito dell'istituto, dal titolo "Perché l'Italia non cresce", in cui si sottolinea come al momento la prospettiva di crescita per l'economia italiana per il 2014 "è molto vicina allo zero". Le speranze di ripresa si concentrano sulle riforme strutturali, e quelle operate dalla Germania sul mercato del lavoro vengono spesso indicate come modello da seguire. Ma ci si dimentica, sottolinea la ricerca, che la crescita economica tedesca dopo le riforma del mercato del lavoro è essenzialmente dovuta alla rimodellamento nel decennio precedente delle imprese tedesche, che hanno sfruttato le reti di outsourcing nell'Europa orientale. Questi investimenti hanno permesso di aumentare l'expertise della manifattura tedesca, in un periodo florido per le relazioni commerciali. Secondo lo studio, il livello di concorrenza nel mercato delle merci e in quello del lavoro italiano non è inferiore a quello tedesco. L'Italia però per decenni ha vissuto un invecchiamento fisico e tecnologico, che non le ha permesso di restare competitiva in un mondo globale, e che per quanto riguarda la tecnologia riflette una discesa nella classifica degli standard educativa. "La bassa crescita e i bassi investimenti in tecnologia si sono rinforzati a vicenda. L'invecchiamento della popolazione ha reso l'inversione di questo trend un compito formidabile". Nell'analisi, a cura degli economisti Ashoka Mody ed Emily Riley, che mette l'Italia a confronto con Svezia e Francia, emerge come Roma sia rimasta indietro sul numero dei brevetti innovativi, nell'educazione per il terziario avanzato e nella spesa per l'istruzione. Si tratta di un trend che si auto-alimenta, perchè le persone non vedono ripagati i loro sforzi educativi e investono meno in istruzione. Non è un caso che gli italiani con educazione incentrata sul settore terziario siano abbiano più probabilità di emigrare rispetto a francesi e svedesi. "Perchè l'Italia torni a crescere, ha bisogno di investimenti audaci in istruzione e infrastrutture di nuova generazione", conclude lo studio. Sul sito www.reuters.it altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia