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Ivanka Trump perde la Casa Bianca? Elezioni Usa in pericolo

Melania Trump ha recentemente detto di NO al suo trasferimento alla Casa Bianca: l'ultimogenito della numerosa stirpe Trump deve finire la (prestigiosa) scuola newyorkese e non può permettersi il lusso dello stress di un trasloco a metà anno scolastico.

La sfida tra Ivanka e Melania Trump

La prima ad esultare è stata, ovviamente, Ivanka Trump, figlia prediletta del magnate la quale si è trovata la strada libera per il ruolo da First Lady.Il No di Melania ha scandalizzato l'ambiente diplomatico più tradizionalista dal momento che solo due volte la moglie di un presidente ha deciso di non seguirlo: Martha Washington (ma soloperché la Casa Bianca ancora non c'era) e Anna Harrison (perchè il marito morì prima di insediarsi). Purtroppo, però, l'ambizione della bionda rappresentante presidenziale potrebbe subire un colpo duro quanto inaspettato.

Cosa è successo?

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In Wisconsin, Michigan e Pennsylvania, stati risultati cruciali per Trump, sarebbero state registrate delle irregolarità nelle procedure di voto. A chiedere una revisione dei numeri, però, non è la diretta interessata Hillary Clinton, avversaria nella corsa alla Casa Bianca, bensì un outsider e cioè Jill Stein del partito dei Verdi. L'idea è nata per alcune segnalazioni da parte di alcuni esperti di informatica i quali hanno evidenziato problemi proprio nella fascia di voti riconducibili alla cosiddetta Rustbelt» ovvero la cintura industriale degli stati centrali degli Usa, Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, per l'appunto. Nello specifico in Wisconsin, roccaforte dei democratici, Trump è riuscito a vincere con un vantaggio di nemmeno 27mila voti. Tradotto in percentuali si parla del 47,9% contro il 46,9% mentre la Stein ha avuto l’1,1% dei consensi. In altre parole un ago della bilancia particolarmente importante.

A differenza del 2000, dove fu un solo stato, la Florida ad essere decisivo per la vittoria, il solo Wisconsin in quest'occasione non farebbe la differenza ma, insieme agli altri due potrebbe cambiare le sorti della storia. Sempre che le stesse irregolarità e gli stessi numeri siano riconosciuti anche negli altri due stati. E i numeri potrebbero favorire una situazione del genere: infatti per Trump ha vinto sulla Clinton per 9mila voti in Michigan, 22mila in Wisconsin e 70mila in Pennsylvania, i tre stati decisivi che, alla fine, hanno permesso l'elezione di Trump grazie a centomila voti, in tutto.

I numeri del voto popolare

Una richiesta che trova appoggio anche nell'opinione pubblica visto che il voto popolare,a conti fatti, proprio per il paradosso citato all'inizio, è stato favorevole alla Clinton con oltre 2 milioni di voti in più rispetto a Trump

Da parte sua, però, nemmeno Trump se la passa tanto bene visto che, altro paradosso, una volta vestiti i panni del Presidente in pectore, sta ammorbidendo (deo gratias) alcune delle sue posizioni più estreme, tanto da far nascere più di un malumore tra i suoi più accesi sostenitori. Intanto il tycoon ha già provveduto a fare le sue prime nomine politically correct includendo le prime due donne nel suo entourage, per la precisione la governatrice del Sud Carolina Nikki Haley come ambasciatrice Usa all'Onu e Betsy Devos come ministro dell'Istruzione, mentre Ben Carson, afroamericano, è stato messo a capo del dipartimento per l'Edilizia.

Il sistema elettorale statunitense è sempre stato particolarmente complesso soprattutto a causa del fattore “grandi elettori”. Finora però, nonostante il suo farraginoso meccanismo, nessuno si era mai azzardato a metterlo in discussione nonostante 4 voltesi sia verificato il plateale paradosso per cui chi riceveva più voti non era lo stesso che, automaticamente, andava alla Casa Bianca. Questa volta, però, il distacco supera i 2 milioni di voti, numero che potrebbe anche aumentare visto che a oltre tre settimane dalla chiusura dei seggi ancora si stanno contando i voti arrivati per posta.

Il precedente illustre

A suo tempo, in occasioni delle presidenziali del 2000, Al Gore, lo sfidante democratico di quello che sarebbe poi diventato il presidente e cioè il repubblicano George W Bush, riuscì a vincere aggiudicandosi la Florida, con i suoi relativi Grandi Elettori, per poco più di 500 voti, espressi, peraltro, con un sistema particolarmente complesso. Nonostante la delusione dei democratici che fino all'ultimo non riconobbero la vittoria anche in vista di un voto popolare che dava a Gore più di 500mila voti rispetto al suo avversari, nulla fu fatto per cambiare il meccanismo. Con l'elezione di Donald Trump, si sta verificando lo stesso paradosso, con la sola differenza che questa volta in molti sono scesi in piazza per protestare contro il candidato democraticamente eletto.

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